Dicembre 2022

I dieci migliori momenti del 2022 per la nostra casa editrice

Anche il 2022 è finito, chiudendo de facto il secondo anno per la nostra casa editrice. La strada da fare per fidelizzare i lettori è ancora lunga, ma nel frattempo vogliamo celebrare i piccoli traguardi che abbiamo raggiunto insieme ai nostri autori e lettori. Perché nessuno di questi momenti tornerà più, ma noi conserveremo sempre nel nostro cuore un pezzetto di quell’emozione, l’emozione delle “prime volte”. Ecco allora 10 momenti irripetibili del 2022 1) Il nostro Salone del libro di Torino. Si è trattata di un’esperienza illuminante, magica, piena di emozione. In quell’occasione abbiamo potuto presentare alcuni libri in anteprima, e per la prima volta abbiamo fatto ben due sold out ai preorder: stiamo parlando di Sui tuoi fianchi (Arianna Ciancaleoni) e Come il sole ad est (Miriana Vitulli). Come dimenticare, poi, la straordinaria partecipazione del mitico Paolo Archetti Maestri alla presentazione di Anamnesis, il saggio fotografico di Alessandro Capurso 2   Il primo libro Land ad aver raggiunto le 100 valutazioni. A molti questo traguardo sembrerà ininfluente, ma non per una casa editrice nata da così poco tempo né per un’autrice emergente. Quando abbiamo visto che Troppo vicino al sole, il romance di Verdiana Rigoglioso, aveva raggiunto le 100 valutazioni su Amazon.it, la nostra gioia è stata impagabile! 3 La prima apparizione in un giornale nazionale. Stiamo parlando di “Il dio della Bibbia”, saggio Land University Press che è stato di recente recensito su Libero, giornale a tiratura nazionale. Molte case editrici non raggiungono questo traguardo se non dopo decenni di attività, ma noi siamo qui a testimoniare che anche i giovani editori possono farcela! 4 La prima collaborazione con il COLLETTIVO SCRITTORI UNITI. Quando il CSU e Claudio Secci hanno invitato Land presso la sede di Torino per presentare la casa editrice, abbiamo subito capito che sarebbe stata una serata magnifica, piena di divertimento e di emozioni. 5 Il sold out al primo evento organizzato da Land Editore. Nessuno di noi se lo aspettava, e invece più di trenta persone sono giunte da tutta Italia per partecipare all’evento dell’Hotel Plaza. È stata un’emozione incredibile, e anche la maggior parte dei libri esposti sono andati sold-out. 6 L’acquisizione dei diritti di autrici straniere molto amate all’estero. Quando abbiamo firmato i contratti per la traduzione di due libri dall’inglese, non ci sembrava vero di aver raggiunto un traguardo così importante, che porterà la casa editrice su un livello completamente nuovo nel panorama editoriale italiano. 7 L’annuncio di partecipazione al FRI – FESTIVAL DEL ROMANCE ITALIANO. Quando lo abbiamo detto alle nostre autrici e ai lettori Land, la loro gioia era palpabile e non abbiamo potuto che esserne contagiati. 8 Manuela A.De Quarto ammessa al Premio Campiello e seconda classificata al premio Letterario Nadia Toffa. Abbiamo bisogno di altre parole per esprimere la nostra smisurata felicità? 9 La presentazione di “Il doppio segreto” alla Feltrinelli di Genova. Per tutti noi sapere di venire ospitati nella libreria più frequentata e prestigiosa di Genova è stata una grande fonte di gioia. 10 Il videogame di Lathar. Siamo fieri della creatività dei nostri autori, e avere un videogame ufficiale Land Editore ci ha resi molto orgogliosi del nostro Lorenzo Foschi.

I dieci migliori momenti del 2022 per la nostra casa editrice Leggi tutto »

Le migliori citazioni natalizie tratte dai libri

Il Natale, si sa è uno dei pochi periodi dell’anno in cui abbiamo tempo per rileggere i nostri libri preferiti, meglio ancora se incentrati su questa meravigliosa festa. Ma quale classico scegliere? In questo articolo, ti aiuteremo nella selezione attraverso  sei citazioni natalizie tratte dai libri. 1. L.M.Alcott, Piccole donne 2. Harry Potter e la Pietra Filosofale 3. The polar express, Chris Van Allsburg 4. Il circolo Pickwick, Charles Dickens 5. Il leone, la strega e l’armadio C.S. Lewis 6.Canto di Natale Charles Dickens

Le migliori citazioni natalizie tratte dai libri Leggi tutto »

Madre buona, madre cattiva: la figura della madre in letteratura

Lei, mia madre   La madre perfetta non esiste. Alle soglie del XXI secolo, questa consapevolezza dovrebbe sembrarci scontata, un’affermazione a tratti banale, eppure non è insolito trovare all’interno dell’immaginario collettivo esempi sempreverdi di madri esemplari e impeccabili, che riescono ad assolvere al duplice compito di educatrici e badanti con un’efficienza quasi robotica. Di contro, la letteratura è piena di esempi di pessime madri, ideate da autori illustri, che hanno permeato l’immaginario culturale occidentale. Madre buona, madre cattiva La letteratura e l’arte sembrano impegnati in una costante lotta che pone queste due figure in una situazione di scontro perpetuo; da un lato la cattiva madre, che antepone i suoi bisogni e le sue aspirazioni a quelle di chiunque altro, figli in primis. Un esempio estremo che riconduce i lettori a questa figura matrigna, maligna e maledetta (le tre M, una triade tossica e pregna di moralismo) è ovviamente Medea, figura pre-mitologica ormai passata agli annali, alla quale milioni di scrittori si sono rifatti nelle loro opere. Strega e assassina, Medea compie l’Atto più grave che un essere umano possa commettere: la barbara uccisione della propria progenie. Per quanto la critica letteraria moderna si stia sforzando di riempire Medea di complessità e sfaccettature sempre nuove, in un maldestro tentativo di riabilitare le sue azioni, questo personaggio continua a rappresentare tutto ciò che non deve essere una madre, e le maledizioni che cadranno sul suo capo ne sono la prova lampante. All’estremo opposto c’è il modello al quale la letteratura sette-ottocentesca ci ha abituati ad aspirare, quello della madre esemplare, che arriva a sacrificare la sua vita per il benessere e la salvezza dei figli. Un modello altrettanto moralistico, se non di più, che vede nella madre il triplice ruolo di santa, martire e angelo del focolare, e il suo esempio forse più significativo è la Fantine del romanzo I miserabili (Victor Hugo, 1862).  La storia di Fantine si inserisce in quella tendenza tutta ottocentesca che vede autori uomini intellettualmente impegnati ad auto-compiacersi, per non dire masturbarsi, sull’immagine di donne completamente vittime del destino, degli uomini e della sfortuna. Ma soprattutto degli uomini. Uno sguardo morboso sulle sfortune di personaggi femminili e sulle loro sofferenze, che avevano il duplice scopo di educare le donne a immolarsi alle avversità ma anche a portarle alla catarsi dei sentimenti, attraverso il dolore vissuto da loro simili per interposta persona. Fantine è giovanissima quando viene sedotta e messa incinta da un suo (si presume) coetaneo, che non si farà scrupoli ad abbandonarla al suo triste destino. Nell’800, una ragazza madre aveva sostanzialmente due alternative: la prostituzione o il suicidio. Nessuno avrebbe offerto un lavoro onesto a una donna perduta; per questo motivo Fantine affida la piccola Cosette, frutto del suo amore al di fuori del matrimonio, a dei locandieri e va in città per lavorare, stando bene attenta a non rivelare a nessuno la sua figlia segreta. Segreto che viene ben presto scoperto, portando Fantine al licenziamento in tronco da parte di Jean Valjean. Disoccupata e sola al mondo, Fantine deve comunque trovare il modo per mandare i soldi a sua figlia, soldi senza i quali la piccola sarebbe abbandonata a un destino peggiore dell’essere lasciata insieme ai disonesti gestori di una locanda di dubbia reputazione. L’unica scelta di Fantine è diventare una prostituta, fatto che la condurrà velocemente alla morte. Questo modello di madre, che si sacrifica in tutto e per tutto per i figli, rappresenta il polo opposto a quello in cui viene posizionata Medea, ed ecco allora che dal male supremo rappresentato dalla madre assassina si passa all’idea di madre-angelo, disposta a tutto pur di garantire alla progenie un futuro, anche alla morte e all’annullamento di sé. E nel mezzo cosa c’è? Sono pochi gli esempi di madri con personalità sfaccettate, almeno in letteratura, soprattutto nella narrativa del passato. Questo perché, come sempre, la donna è la destinataria di due grandi ingiustizie: la prima risiede nel fatto che per millenni è stata partorita dalla fantasia e dall’immaginazione morbosa e moralista degli uomini, la seconda è che la società ha sempre sentito il bisogno di incasellare la figura femminile in uno stereotipo, non importa se negativo o positivo. Solo nell’800 le prime scrittrici hanno timidamente cominciato a esprimere se stesse attraverso la narrativa, creando figure di madri sfaccettate e ambivalenti, né buone né cattive, semplicemente umane. Basti pensare a Jane Austen e al suo Pride and Prejudice, dove la figura di Mrs. Bennett appare sì sciocca e vanesia, ma anche sinceramente preoccupata per le proprie figlie e di certo più partecipe alla vita familiare del suo schivo consorte, così impegnato a schernire il resto del mondo (famiglia compresa) da curarsi poco o nulla del destino precario delle sue cinque figlie. Tra tutti questi personaggi e scrittori, una cosa è certa: dipingere l’universo femminile in maniera autentica è sempre risultato più ostico rispetto al creare personaggi maschili efficaci e ben costruiti, e lo è sia nel mondo del romance contemporaneo che della narrativa generale. Verrà mai il giorno in cui le madri saranno finalmente tratteggiate in maniera verosimile?  

Madre buona, madre cattiva: la figura della madre in letteratura Leggi tutto »

Il libraio che chiude per andare alla recita dei figli

Questi giorni non torneranno e noi non possiamo perderli Recita così il cartello esposto nella libreria Ubik di Vico Equense, nella provincia metropolitana di Napoli, che venerdì 16 Dicembre ha esposto sulla vetrina del negozio il suo originale messaggio.  Quante volte noi genitori ci siamo sentiti impossibilitati ad andare alle recite dei nostri bambini a causa della miriade di impegni lavorativi, che sotto Natale diventano ancora più intensi?  Ma i librai del piccolo negozio a conduzione familiare non ci stanno e decidono di prendersi una pausa dal lavoro, spiegando le loro motivazioni sui social con un commovente pensiero.  L’augurio è che molte più persone, durante le feste, prendano esempio da loro e dedichino più tempo alla famiglia, agli amici e agli affetti. In fondo è proprio questo il miracolo di Natale che noi tutti vorremmo ricevere. 

Il libraio che chiude per andare alla recita dei figli Leggi tutto »

3 cose assurde di Candy Candy

di Arianna Ciancaleoni Per i nati negli anni Settanta e Ottanta, il ricordo dei cartoni animati dell’infanzia è un misto tra nostalgia e terrore: alzi la mano chi può smentirmi! Questo, perché tutte le storie che la TV ci propinava quando eravamo bambini avevano denominatori comuni: uno o più traumi devastanti che funestavano le vite dei protagonisti. Chi era orfano di madre, chi di entrambi i genitori, chi aveva a che fare con la morte delle persone amate, chi soffriva per amore, chi subiva maltrattamenti o viveva in povertà. E poi c’era chi, come Candy Candy, tutte queste cose le subiva insieme, dalla prima all’ultima puntata. Per fare un parallelismo con i generi moderni, potremmo dire che Candy era proprio la regina dell’angst! A noi, crescere con le assurdità della sua vita, non ha fatto proprio benissimo: ecco quindi 3 cose assurde di Candy Candy su cui vale la pena riflettere.  Prima assurdità: tutti i traumi di Candy Candy Orfana di entrambi i genitori, Candy vive nella casa di Pony, e sembra serena.  Ma guai, non è davvero possibile! Quindi, intanto carichiamola di un primo amore spezzato per il bellissimo Principe della Collina, che muore cadendo da cavallo (Via col vento insegna), e il tradimento della migliore amica Annie, colpevole di lasciarla in orfanotrofio da sola, preferendo essere adottata. Possiamo davvero fargliene una colpa? Candy sì.  Quando finalmente anche Candy ottiene l’adozione da parte della famiglia Legan, che in teoria dovrebbe caricarla d’amore, tutti, a partire dai fratellastri Iriza e Neal, la trattano come una schiava, bullizzandola, spalleggiati dalla tremenda zia Elroy.  A un certo punto, sembra aver trovato degli amici sinceri in Albert, un vagabondo, e i fratelli Archie e Stear, ma quest’ultimo muore durante la Prima Guerra Mondiale, dove Candy si arruola come crocerossina.  Nel frattempo, finalmente, incontra Terence. Ma lasciamolo un attimo da parte, lo riprenderemo dopo. Perché i drammi non finiscono mica con l’incontro dell’anima gemella, no. Abbiamo Albert che perde la memoria durante un’esplosione, Terence che s’innamora di una collega attrice, Neal che si accende improvvisamente e inspiegabilmente d’amore per Candy e comincia a ricattarla.  E infine, proprio nelle ultime puntate, Candy scoprirà che il mai dimenticato Principe della Collina, altri non era che proprio Albert, che in verità è ormai suo tutore legale e che alla fine della storia sposerà. Quindi, dopo l’amore platonico, quello per il bad boy e la persecuzione da parte del fratellastro adottivo, sposa il padre adottivo.  Se vi siete persi (e siete anche un po’ scioccati), niente paura, perché potrebbe anche non essere andata davvero così…  Seconda assurdità: il finale italiano Terence è stato, per molte di noi, il primo vero incontro con un bad boy. Quello che prende in giro Candy chiamandola “Signorina Tutte Lentiggini”, quello figlio di un nobile ma ribelle in tutto e per tutto, che fuma e che vuole fare l’artista intorno al mondo. Candy se ne innamora perdutamente ma, crocerossina di professione e di fatto, lo vuole cambiare. E lui non glielo lascia fare. Infatti la molla per Susanna, personaggio ancor più drammatico e totalizzante, che minaccia di uccidersi se lui la lascerà.  Con queste premesse, può finire bene? Secondo i creatori giapponesi, no. Ma le italiane, si sa, preferiscono il bad boy. E quindi, per accontentarle, i doppiatori italiani si inventarono di sana pianta un nuovo finale, tagliando e modificando ad arte l’incontro di Candy e Terence alla stazione. Quindi, per noi italiane, Candy ottiene almeno una gioia, dopo aver seminato panico e distruzione ovunque che neanche Jessica Fletcher. Non che le sarebbe andata male, neanche con Albert: entrambi ricchissimi, bellissimi e innamorati di lei!  Terza assurdità: i capelli di Candy Questo percorso catartico che da tutti i traumi del mondo porta, finalmente, alla felicità – qualunque essa sia – accomuna più o meno tutti i cartoni di quegli anni, soprattutto di origine giapponese. C’è solo una cosa che, durante tutti i 115 episodi, non cambia mai: i capelli di Candy. Folti, sempre biondissimi e acconciati in due codini laterali tenuti da un fiocco. A ogni età e in ogni condizione, li porta sempre allo stesso modo, alla faccia dell’umidità e dei tagli sbagliati che tutte noi, negli anni, abbiamo sperimentato. Le puntate in cui qualcuno, raramente, glieli pettina o glieli scioglie, erano sempre una grande soddisfazione, nessuno sa bene perché. Anche questa, tutto sommato, è un’altra cosa assurda. 

3 cose assurde di Candy Candy Leggi tutto »

Consenso ai cookie con Real Cookie Banner