Ah, il calendario dell’Avvento. Quell’oggetto sacro-profano che oggi ci ricorda due cose fondamentali:
che manca poco a Natale,
che siamo disposti a spendere cifre imbarazzanti pur di aprire ogni giorno una finestrella con dentro un cioccolatino minuscolo, un campioncino di crema o – per i più fortunati – un oggettino che non useremo mai.
Ma com’è iniziata questa storia? Spoiler: non con il marketing delle grandi aziende, anche se oggi se ne dichiarano tutte le madrine.
Dove tutto ebbe inizio (spoiler: in Germania, ovvio)
Le prime tracce del calendario dell’Avvento risalgono al XIX secolo, quando le famiglie tedesche – in un’epoca senza Netflix, smartphone e Black Friday – cercavano un modo per tenere a bada l’impazienza dei bambini nell’attesa del Natale.
La soluzione? Ogni giorno si aggiungeva qualcosa: un gessetto per tracciare una linea, una candela accesa, una porta disegnata… insomma, attività creative che oggi definiremmo “zero budget ma Instagrammabili”.
Poi arrivarono i primi veri calendari stampati. Nel 1908, Gerhard Lang ebbe l’illuminazione: aggiungere finestrelle apribili. Un gesto semplice, geniale e soprattutto destinato a diventare il business natalizio del secolo.
Il significato originale: la preparazione, non l’abbuffata
L’Avvento è, tradizionalmente, un periodo di attesa, raccoglimento, preparazione spirituale.
Il calendario aiutava a scandire questi giorni con piccoli gesti simbolici, invitando alla riflessione, alla calma, al “respira e pensa che il Natale arriva solo una volta l’anno”.
Poi siamo passati a:
“Respira… perché questo calendario beauty costa 289 euro.”
Come siamo arrivati all’era dei calendari dell’Avvento “lusso sfrenato”?
Semplice: il marketing ha annusato l’odore del denaro come un segugio a caccia di tartufi.
Dai calendari fatti in casa siamo passati a:
calendari col cioccolato
calendari beauty
calendari col tè
calendari con pezzi LEGO
calendari con snack per cani (non giudico, anzi: idea eccellente)
calendari che costano più del cenone della Vigilia
Il significato spirituale? Sfidato a duello e sconfitto da un packaging scintillante e da un profondo bisogno di acquistare cose in miniatura.
Ma allora… ha ancora un senso?
Assolutamente sì.
Perché, al di là del consumismo esasperato, il calendario dell’Avvento conserva una magia irresistibile: quella dell’attesa.
Aprire una finestrella al giorno ci ricorda che non tutto arriva subito, che la sorpresa quotidiana dà ritmo alle giornate di dicembre, e che siamo tutti un po’ bambini quando troviamo un regalo, anche microscopico.
E poi diciamolo: se qualcuno vuole farmi arrivare al 24 con un sacchetto al giorno di cioccolato fondente… io non ho niente in contrario.
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