In un contesto culturale come Più Libri Più Liberi, dedicato alla bibliodiversità, al dialogo e alla diffusione delle idee, la presenza di case editrici filonaziste non è una semplice “provocazione” o una scelta neutrale in nome della pluralità. È un errore grave, sia simbolico che pratico.
Ed è un errore che si può comprendere pienamente attraverso il paradosso della tolleranza, formulato dal filosofo Karl Popper nel 1945.
Cos’è il paradosso della tolleranza?
Popper sosteneva che una società aperta può sopravvivere solo se non concede tolleranza illimitata all’intolleranza.
In altre parole:
Se siamo disposti a tollerare anche coloro che vogliono distruggere la tolleranza stessa, allora la tolleranza finirà inevitabilmente per essere annientata.
L’intollerante non accetta il dialogo, non riconosce l’uguaglianza delle persone, non crede nel pluralismo: usa gli spazi democratici per minarli dall’interno.
Per questo, permettere la diffusione di ideologie violente e antidemocratiche non è un atto di apertura, ma un atto di autolesionismo sociale.
Perché è un problema specificamente italiano
L’Italia ha già fatto i conti con una dittatura che ha limitato le libertà fondamentali, perseguitato minoranze e censurato il dissenso.
Consentire a editori che richiamano apertamente un totalitarismo come il nazismo di partecipare a un evento culturale pubblico:
normalizza ideologie violente
legittima chi nega la storia
offende chi ha subito discriminazioni e violenze
espone i giovani alla propaganda travestita da cultura
Non si tratta quindi di impedire a qualcuno di esprimere opinioni scomode: si tratta di impedire la diffusione organizzata di idee nate per sopprimere diritti, libertà e vite umane.
La falsa equivalenza della “libertà di espressione”
Chi difende la presenza di case editrici estremiste spesso invoca la libertà di espressione.
Ma la libertà di espressione:
non è un lasciapassare per la propaganda odio-based,
non tutela chi vuole abolire le libertà altrui,
comporta responsabilità, specialmente quando si parla a un pubblico ampio e giovane.
Uno spazio culturale non è un’arena neutra: ciò che ospita, eleva.
Se un festival dà un palco a un editore filonazista, sta implicitamente dicendo che quella visione del mondo è un’opzione culturale come le altre.
E questo è inaccettabile.
Un’Italia consapevole protegge la cultura, non chi la minaccia
Essere seriamente democratici significa proteggere attivamente la società da chi vuole distruggerla.
Il paradosso della tolleranza non è una censura, ma una forma di autodifesa della libertà.
Un festival del libro che aspira a rappresentare la ricchezza intellettuale del Paese deve sapere distinguere tra idee che arricchiscono il dibattito e ideologie che vogliono soffocarlo.
Difendere la democrazia significa anche dire dei no.
E questo è uno di quei casi in cui il no non è solo legittimo: è necessario.
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