Di Francesca Redolfi

Per lungo tempo ho pensato a un romanzo come all’ultimo libro felice. Era un fantasy senza pretese, che probabilmente se avessi letto in un altro momento avrei dimenticato presto. Invece fu l’ultimo libro che lessi prima di un periodo negativo. Ricordo dove mi trovavo e con chi quando lo leggevo. Ricordo perfino l’angolazione della luce. Mi rimase, quel libro, come un dolce ricordo del “prima”, come spesso succede quando ammantiamo qualcosa di un’aura particolare solo perché è avvenuta lì, prima del precipizio, prima della caduta.
L’effetto nostalgia
Li chiamo i libri-nostalgia. O trigger, per usare un linguaggio attuale. Sono quelli che ci ricordano un momento felice o significativo della nostra vita. E che amiamo proprio per questo, a prescindere dalla loro qualità letteraria, dal nostro gusto personale. Quando pensiamo a quel romanzo, il pensiero corre al momento in cui l’abbiamo letto. In cui eravamo quella persona. In cui era appena accaduta una cosa, o non era ancora accaduta.
Sono romanzi che amiamo nel ricordo, perché li abbiamo letti proprio lì, in quel frangente. Anche se non sono i libri migliori che abbiamo letto, li custodiamo nella memoria con affetto per ciò che rappresentano. Un legame con la nostra identità, con il nostro percorso. Magari sono libri letti durante la scuola o l’università. Nelle ore vuote di un viaggio. O in un momento di gioia. O forse sono stati inconsapevoli àncore in un momento di dolore.
Così, se dovessimo tornare a leggere quel romanzo, non lo faremmo con lo stesso spirito di allora. La trama magari non ci sembrerebbe più così avvincente, troveremmo forse lo stile più piatto, perché il valore che ne traiamo è legato più ai ricordi che evoca che al contenuto letterario stesso. È il potere della nostalgia. Quella cosa che ci fa dire: non lo dimenticherò.
Libri che amiamo, libri che ti cambiano
E poi ci sono gli altri. Sono i libri che abbiamo letto e amato, e che avremmo amato in qualsiasi momento li avessimo letti. Restano le nostre pietre miliari. È come se, quando sfogliavamo quelle pagine per la prima volta, ci avessero detto: mi ricorderai. Anche tra decenni, ti ricorderai di me. Così, Viaggio al termine della notte mi fece compagnia nei miei vent’anni, in brevi notti d’Africa. Il Kurtz di Cuore di tenebra mentre mi appassionavo di cinema e guardavo avidamente Apocalypse Now. Ero a Lisbona e bevevo limonata con Pereira quando mi innamoravo dei giornali stampati e di una rivoluzione. Tiravo notte fonda con Lisa Kleypas, e passai giornate incatenate a un cavaliere in una Russia assediata dalle truppe nemiche.
Ne ho tanti altri. Una lista che talvolta con mia grande felicità si aggiorna, aggiungendo romanzi che entrano nella cerchia degli eletti. Sono i libri che amo, e li associo a certi momenti della vita non perché in quel momento mi sia accaduto qualcosa di particolare. Ma perché sono stati loro a creare un impatto in me. Un cambiamento. Spesso ne siamo quasi gelosi. Quasi fossero parte di noi.
Quando lessi I ragazzi dello zoo di Berlino avevo tredici anni e non ero assolutamente pronta per ciò che avrei trovato in quelle pagine. Mi diede l’effetto di un pugno allo stomaco. Quello non era certo il libro adatto, ma non lo sapevo. Eppure fu anche l’età in cui lessi Mel. In cui mi innamorai delle storie di Christopher Pike e di Bianca Pitzorno. A quei libri penso con affetto, perché furono quelli che mi fecero innamorare della lettura. Furono loro a determinare un cambiamento.
Il libro giusto al momento giusto
Certi libri poi ci piacciono solo perché siamo predisposti, perché siamo pronti a leggerli in quel momento preciso della nostra vita. Perché quel libro era proprio quello che ci voleva in quel periodo.
A volte vogliamo qualcosa di leggero, altre cerchiamo apposta un tema che si incontri con il nostro stato d’animo. Che ci dica le stesse cose che sentiamo noi.
Cosa si prova, ultimo libro di Sophie Kinsella, parla di un tema così vero, così difficile, che penso non ci sia un periodo adatto per leggerlo. L’ho vissuto con sofferenza dalla prima all’ultima pagina. Non era il momento giusto, ma forse non lo sarebbe mai stato.
Un libro ci parla in un modo che va oltre la lettura. Non è solo la trama che ci coinvolge, ma è il modo in cui quella storia, quei personaggi, quelle parole si intrecciano con la nostra esperienza, il nostro modo di vedere la vita, le nostre convinzioni e valori.
E mentre alcuni libri entrano nel nostro cuore solo per un breve periodo, altri, lo sappiamo, sono destinati a restare con noi per tutta la vita.
Domanda: quali sono i vostri libri-nostalgia? E quali i libri che amerete per sempre? Quali libri cercate in questo periodo della vostra vita?
Crescere dei bambini in fabbrica, in uteri artificiali, e quando è il momento di farli nascere premere semplicemente un pulsante e ritirare il “prodotto”. Un’idea a dir poco inquietante, che fa pensare a realtà distopiche rappresentate in film come Matrix e in opere di letteratura sci-fi.
Eppure sembra molto realistico il filmato diffuso lo scorso anno e rimbalzato su ogni testata mondiale che parla di Ectolife, la «prima struttura al mondo per uteri artificiali».
Chiariamo subito che si tratta di un fake, almeno per ora. Quel progetto non esiste ancora, se non come concetto nella fantasia di Hashem Al-Ghaili, divulgatore scientifico e biologo yemenita.
Nel filmato viene mostrata una grande fabbrica con laboratori altamente attrezzati: ognuno di essi può ospitare fino a quattrocento capsule di crescita o uteri artificiali. Ogni capsula è progettata per replicare le condizioni esatte che esistono all’interno dell’utero materno, e un singolo edificio può incubare fino a trentamila bambini all’anno.
«Ectolife consente al bambino di svilupparsi in un ambiente privo di infezioni» spiega il video, che usa un tono da slogan pubblicitario e si rivolge a un “tu” generico, presumibilmente una donna interessata a diventare madre.
I «baccelli» infatti sono realizzati con materiali che impediscono ai germi di attaccarsi alle loro superfici, e ogni capsula è dotata di sensori in grado di monitorare i segni vitali del bambino, tra cui battito cardiaco, temperatura, pressione sanguigna, frequenza respiratoria e saturazione di ossigeno. Un sistema basato sull’intelligenza artificiale monitora «le caratteristiche fisiche del tuo bambino e segnala eventuali anomalie genetiche».
Tramite un’app sarebbe poi possibile avere una versione live ad alta risoluzione dello sviluppo del bambino, guardare in timelapse la crescita «e condividerla direttamente con i tuoi cari».
Ogni aspetto è preso in considerazione: «I baccelli di crescita Ectolife sono dotati di altoparlanti interni che riproducono un’ampia gamma di parole e musica per il tuo bambino. Tramite l’app puoi scegliere la playlist che il tuo bambino ascolta. Puoi anche cantare direttamente al tuo bambino e farlo familiarizzare con la tua voce prima della nascita. Il nostro obiettivo» prosegue il video, «è fornirti una prole intelligente».
Usando una tuta tattile wireless collegata alla capsula di crescita del bambino si potranno percepire i suoi calci nell’utero, e ovviamente «condividere questa esperienza con i tuoi amici e familiari».
I bambini della fabbrica Ectolife arrivano da una fecondazione in vitro «usata per creare e selezionare l’embrione più vitale e geneticamente superiore dando al tuo bambino la possibilità di svilupparsi senza ostacoli biologici».
E da questa premessa arriviamo anche ad altri aspetti se possibile perfino più inquietanti, il cosiddetto Pacchetto Élite: «Se vuoi che il tuo bambino si distingua e abbia un futuro migliore, il nostro Pacchetto Élite ti offre la possibilità di ingegnerizzare geneticamente l’embrione prima di impiantarlo nell’utero artificiale. Grazie allo strumento di editing genetico puoi modificare qualsiasi tratto del tuo bambino attraverso una vasta gamma di trecento geni. Il Pacchetto Élite ti consente di personalizzare il colore degli occhi, il colore dei capelli, della carnagione, la forza fisica, l’altezza e perfino il livello di intelligenza del tuo bambino. Ti consente inoltre di correggere malattie genetiche ereditarie».
Riguardo al parto, meglio definito «processo di consegna», è «fluido, conveniente e può essere eseguito solo premendo un pulsante. Dopo aver scaricato il liquido amniotico dalla capsula sarai in grado di rimuovere facilmente il tuo bambino dal baccello».
Dunque un figlio creato su misura.
Un progetto di certo distopico, fortunatamente solo una prospettiva di ricerca senza alcun riscontro con la realtà. Almeno per il momento.
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