Se oggi portiamo a spasso Fido al parco possiamo forse ringraziare una coraggiosa antenata del Paleolitico che, invece di scappare urlando, ha deciso di accarezzare un lupo affamato. E no, non è solo una questione di audacia: l’addomesticazione dei lupi, che ha portato alla nascita del miglior amico dell’uomo (e della donna), potrebbe essere stata fortemente influenzata proprio dalle donne delle prime comunità umane.
Ma come è successo? Immaginiamo la scena: siamo attorno a un fuoco, qualche migliaio di anni fa, e un lupo più mansueto degli altri, e quindi leggermente defilato dal branco, si avvicina attratto dall’odore di carne arrostita. Gli uomini, probabilmente impegnati a inventare il barbecue o a vantarsi dell’ultima caccia, non ci fanno caso. Le donne, invece, con occhio vigile e cuore grande notano un cucciolo magro e un po’ spaesato. La leggenda dice che una di loro gli abbia dato un osso. Et voilà: il primo passo verso l’addomesticazione.
Empatia e ossa: la strategia vincente
A differenza degli uomini preistorici, che forse vedevano i lupi solo come concorrenti nella caccia o potenziali pelli per l’inverno, le donne avevano un approccio diverso. Probabilmente trascorrevano più tempo vicino ai campi base, dove si prendevano cura dei bambini e organizzavano la vita quotidiana. Questa vicinanza con i cuccioli di lupo, che magari si avvicinavano per rubare qualche avanzo, avrebbe creato un rapporto unico.
Non c’erano tutorial su YouTube su come addomesticare un animale selvatico, ma le donne del Paleolitico avevano istinto da vendere. Forse hanno capito che offrire cibo ai lupi meno aggressivi poteva creare una sorta di alleanza. E così, cucciolo dopo cucciolo, siamo arrivati al Labrador che vi fissa con occhi languidi mentre mangiate.
Perché le donne e non gli uomini?
Semplice: multitasking. Le donne preistoriche erano esperte nel risolvere problemi complessi mentre cercavano di sopravvivere. Dove gli uomini vedevano un problema (tipo: “Questo lupo ci mangia la cena”), le donne vedevano un’opportunità (“Questo lupo potrebbe aiutarci a cacciare domani”). Consideriamo anche che il loro ruolo nella cura dei bambini potrebbe averle rese naturalmente più empatiche verso altre specie. Dopotutto un cucciolo di lupo affamato non è così diverso da un neonato in cerca di attenzione.
Dal lupo al cane: un percorso di civiltà
Grazie a queste interazioni quotidiane, i lupi più docili hanno iniziato a frequentare sempre più spesso gli insediamenti umani. Con il tempo si sono evoluti in animali meno selvatici e più collaborativi. Questi primi “protocani” avrebbero aiutato nelle battute di caccia, offerto protezione e, diciamolo, tenuto compagnia durante le lunghe notti preistoriche.
Come dimostra il documentario Netflix “Nella mente di un cane”, questa relazione unica si basa su una connessione profonda che va oltre la semplice utilità. Gli studi mostrano che i cani sono in grado di leggere le emozioni umane, una capacità che forse ha le sue radici proprio in quel lontano passato in cui donne e lupi iniziarono a capirsi e a collaborare.
Ma cosa ci insegna questa storia?
Che le donne non solo hanno contribuito a plasmare la civiltà umana, ma probabilmente anche a cambiare per sempre il corso della storia animale. La prossima volta che il vostro cane vi guarda con quegli occhi pieni d’amore (o di fame), ricordatevi di quella donna del Paleolitico che ha offerto un osso al lupo. E magari ringraziatela con un pensiero.
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