
LA CASA DELLE ZUCCHE
Fin da quando era bambino, Freddy era stato una spina nel fianco per i suoi genitori. La madre, ostetrica nel vicino ospedale, e il padre, primario di fama mondiale, avevano pensato a tutte le soluzioni possibili per farlo crescere in maniera dignitosa, ma la loro mancanza di empatia nei suoi confronti era stata la causa di disagio maggiore.
Li uccise così, a soli sedici anni, appiccando un incendio nella casa che l’aveva visto nascere.
Non si preoccupò mai di ritornarci fino a quando non fu messa all’asta e decise di ricomprarla. Era un intagliatore e avrebbe fatto della sua antica dimora il suo laboratorio.
Ricordava con piacere la cantina, dove si rifugiava nei giorni difficili. Non aveva paura del buio, al contrario, le tenebre facevano parte del suo DNA: dormiva di giorno, lavorava e usciva di notte.
Bladed House, dopo gli avvenimenti passati, aveva fama di essere posseduta da demoni e fantasmi che ancora avevano dei conti in sospeso con questa vita, impossibile stabilire quanto fosse vero, perché subito dopo l’incendio e la scomparsa di Freddy, nessuno ebbe il coraggio di varcare la porta di quella casa.
Il giorno in cui Freddy si presentò all’agente immobiliare, lo fece con il nome di Jason Leatherface, che di mestiere faceva il libero professionista nel campo delle vendite. Il suo conto in banca era una prova sufficiente per l’acquisto della proprietà. Come se li fosse procurati non era dato saperlo.
Ci vollero mesi per sistemarla, dopo l’incendio più della metà era andata distrutta e le condizioni climatiche del periodo non permettevano una continuità.
L’unica costante rimaneva il lavoro di Freddy. Ogni notte la luce delle candele illuminava la piccola cantina, dove lui intagliava senza sosta. Nessuno nel vicinato sapeva realmente che faccia avesse e lui ben si guardava dall’uscire alla luce del sole. La gente aveva saputo della sua esistenza solo dal cartello di vendita non più piantato nel terreno e dalla presenza di un paio di uomini che si occupavano della ristrutturazione ai quali, però, nessuno osò mai fare domande.
A loro era stato dato l’ordine tassativo di lavorare, in fondo venivano pagati per quello, senza mai chiedere nulla e, se anche ci fosse stato il benché minimo sospetto che la faccenda fosse losca, non sarebbero stati i due operai ad avvisare le autorità competenti.
Dopo alcuni mesi di assoluto silenzio o quasi, i rumori provenienti dalla casa divennero molesti. Chi abitava nelle vicinanze non seppe spiegare da cosa derivassero certi suoni o cigolii che, prima d’ora, nonostante la fama di casa infestata, non si erano mai presentati in maniera così potente.
Il fenomeno apparì alquanto strano, soprattutto in virtù del fatto che iniziò a manifestarsi a poca distanza di tempo dalle sparizioni di alcuni adolescenti.
Era ottobre. Tempo di miti e leggende, di streghe, fantasmi e zucche illuminate.
Le stesse che Freddy intagliava con tanta passione e accanimento.
Nulla accadde, fino a quel giorno.
27 ottobre, ore 23.00. Urla. Piano di sopra. Candele. Zucca intagliata alla finestra. A sinistra.
28 ottobre, ore 23.00. Urla. Piano di sopra. Candele. Zucca intagliata alla finestra. A destra.
29 ottobre, ore 23.00. Urla. Piano di sotto. Candele. Zucca intagliata alla finestra. A destra.
30 ottobre, ore 23.00. Urla. Piano di sotto. Candele. Zucca intagliata alla finestra. A sinistra.
31 ottobre. Silenzio. Le zucche tutte ancora al loro posto.
1° novembre, ore 5.00. Bladed House deserta. A parte per quegli occhi, che dalle teste arancioni intagliate e scoperchiate, osservavano. Scrutavano. Lo sguardo fisso di Michael, Judith, Annie, Bob, i loro capelli a coprire la faccia.
Quattro ragazzi scomparsi. Quattro grida diverse. Quattro morti. Quattro zucche, guardiane di una casa maledetta.
Fu così che Freddy scomparve, come molti anni prima, nella notte considerata infestata, sotto gli occhi sbarrati e capelli lucidati. Da formalina conservati.