Il senso di colpa è una delle emozioni più pervasive e sottili nella vita delle donne. Cresciute in una società che da secoli assegna loro il ruolo di custodi, madri, figlie, compagne perfette, molte donne si ritrovano intrappolate in un meccanismo invisibile ma potente: la colpa di non essere “abbastanza”.
Abbastanza buone, abbastanza forti, abbastanza dolci, abbastanza conformi a un modello imposto.
Le radici culturali del senso di colpa femminile
Questo sentimento non nasce dal nulla: è il prodotto di secoli di educazione, religione e cultura patriarcale. Le donne sono state abituate a chiedere scusa per la propria forza, la propria ambizione, persino per la propria rabbia.
Il senso di colpa è diventato una voce interiore costante, una presenza che giudica e punisce anche quando non ce n’è motivo. È quella sensazione che si insinua dopo ogni “no”, ogni scelta personale, ogni momento di libertà.
La Chiesa e la nascita del senso di colpa femminile
Per comprendere la profondità del senso di colpa femminile bisogna guardare alla storia e, inevitabilmente, al ruolo della Chiesa.
Per secoli la dottrina cristiana ha costruito un’immagine della donna associata alla colpa originaria, quella di Eva: colei che ha tentato, disobbedito e trascinato l’uomo nel peccato.
Da quel momento simbolico, la figura femminile è stata letta attraverso la lente della tentazione e della redenzione. Alla donna veniva chiesto di essere pura come la Vergine Maria, devota, silenziosa, sottomessa – e di espiare la colpa di Eva con la modestia, la maternità e la rinuncia.
Il risultato? Una cultura che ha interiorizzato la colpa come parte integrante dell’identità femminile. La spiritualità è diventata un terreno dove la donna si è sentita costantemente in debito: con Dio, con la società, con se stessa.
La Chiesa e la nascita del senso di colpa femminile
Per comprendere la profondità del senso di colpa femminile bisogna guardare alla storia e, inevitabilmente, al ruolo della Chiesa.
Per secoli la dottrina cristiana ha costruito un’immagine della donna associata alla colpa originaria, quella di Eva: colei che ha tentato, disobbedito e trascinato l’uomo nel peccato.
Da quel momento simbolico, la figura femminile è stata letta attraverso la lente della tentazione e della redenzione. Alla donna veniva chiesto di essere pura come la Vergine Maria, devota, silenziosa, sottomessa – e di espiare la colpa di Eva con la modestia, la maternità e la rinuncia.
Il risultato? Una cultura che ha interiorizzato la colpa come parte integrante dell’identità femminile. La spiritualità è diventata un terreno dove la donna si è sentita costantemente in debito: con Dio, con la società, con se stessa.

Lois e il dubbio di essere una strega
Nel romanzo La strega Lois, questo tema emerge con forza simbolica. Lois, la protagonista, incarna la donna che si interroga sulla propria identità e sul proprio potere. Alla fine del libro il suo dubbio più grande non è tanto se sia realmente una strega, ma se abbia il diritto di essere diversa.
È un dubbio che va oltre la narrazione: rappresenta la paura di ogni donna di essere giudicata, esclusa, colpevole semplicemente per aver osato essere sé stessa.
La strega come simbolo di potere e libertà
La figura della strega, nella letteratura e nella storia, è da sempre legata al potere femminile. Una donna che conosce, che decide, che non chiede permesso. Ed è proprio questo a far paura. Lois, nel suo turbamento finale, ci mostra il conflitto interiore di molte donne contemporanee: voler essere libere ma sentirsi in colpa per esserlo.
Essere “strega”, nel senso più profondo significa riconoscere e accettare il proprio potere. Ma per farlo bisogna prima attraversare il senso di colpa, guardarlo in faccia e comprenderne l’origine.
Liberarsi dalla colpa: un atto di ribellione
Liberarsi dal senso di colpa significa non liberarsi delle proprie responsabilità, ma smettere di chiedere perdono per esistere. È un atto di ribellione silenzioso ma potentissimo.
Il vero coraggio oggi sta nel dire ‘non voglio più scusarmi per la mia voce, per la mia forza e per la mia verità.’
Quando le donne smetteranno di domandarsi se “possono” essere libere, inizieranno davvero a esserlo.
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