A quattro anni esatti dalla sua morte, non possiamo non pensare a quanto Raffaella Carrà sia stata rivoluzionaria. Non solo nello spettacolo, nella televisione o nella danza, ma anche e soprattutto nel modo in cui ha raccontato la femminilità, il corpo… il desiderio. In un’Italia ancora profondamente conservatrice, Carrà ha portato in scena un’immagine di donna emancipata e sicura, ironica, che finalmente conosce se stessa. E con Pedro (1980) ha compiuto un gesto quasi impensabile per l’epoca: cantare apertamente il desiderio sessuale femminile sganciato dai sentimenti, senza colpa e senza bisogno di giustificazioni romantiche.
Desiderio, corpo, libertà
In Pedro Raffaella racconta la storia di una donna che, in vacanza a Santa Fé, incontra un uomo misterioso e presumibilmente più giovane di lei, dal quale si sente subito attratta. Ma c’è un dettaglio cruciale: la protagonista non parla d’amore in senso tradizionale. Parla soprattutto di attrazione, di fisicità, di una scossa che parte dal corpo prima che dal cuore. Un’avventura estiva vissuta e ricordata in chiave puramente, meravigliosamente fisica è la vera novità di questa canzone.
Questo è il punto chiave: parlare per la prima volta di desiderio sessuale femminile. Meglio ancora, di desiderio sganciato dall’amore romantico. È la donna a scegliere, a raccontare, a vivere il suo desiderio. Nel raccontare quella fuga amorosa non c’è moralismo né colpa: solo consapevolezza, ironia, piacere.
Un cambio di paradigma
In un’epoca in cui le donne venivano ancora dipinte principalmente come oggetto del desiderio maschile (non che le cose adesso siano cambiate poi molto) la Carrà ribalta la prospettiva: la donna desidera, prende l’iniziativa, è soggetto attivo del suo piacere. E soprattutto non ha bisogno dell’amore romantico per legittimare il desiderio fisico. Si tratta di una rottura culturale fortissima. Fino ad allora, anche nelle canzoni pop, il desiderio femminile era spesso filtrato da un contesto sentimentale, “nobilitato” dall’amore, come se il piacere sessuale fine a se stesso fosse prerogativa maschile.
Con Pedro Raffaella rompe il tabù e lo fa con grazia, ritmo e un filo d’irresistibile sfacciataggine. La musica trascina, il testo si incolla alla mente ma è il messaggio a essere davvero unico: una donna può desiderare il piacere senza doverlo spiegare o giustificare.
Anche la costruzione musicale del brano accompagna questo messaggio: la melodia è incalzante, sensuale, esotica. L’ambientazione non è casuale: evoca un’atmosfera carica di passione, sole e libertà. La danza – elemento imprescindibile dell’universo Carrà – diventa espressione fisica del desiderio, quasi una liberazione rituale. Tutto in Pedro parla di corpo e pulsione e istinto.
Un’eredità femminista in chiave finalmente pop
Raffaella Carrà non ha mai sventolato bandiere ideologiche, ma è stata profondamente femminista nei fatti. Ha dato voce a una generazione di donne che iniziava a voler essere padrona della propria sessualità, dei propri spazi, dei propri corpi. E lo ha fatto con leggerezza ma senza mai essere superficiale. Pedro è l’emblema di questo stile: una canzone che sembra solo divertente, ma in realtà contiene un’intera rivoluzione culturale.
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