Grandi donne nella storia: Artemisia Gentileschi

Di Cristina Ferri

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Un padre opprimente, l’abuso in casa, la derisione, un marito freddo e pieno di debiti, quattro figli meravigliosi, l’amore vivido e sincero verso la pittura

I primi anni

Artemisia nasce a Roma l’8 luglio 1593, primogenita di sei fratelli. Orfana di madre, si avvicina sin da subito alla pittura; suo padre, Orazio Lomi Gentileschi, è infatti un rinomato pittore. È lui a ispirarla, a guidarla e a influenzarla.

Dai pittori del tardo Rinascimento a Caravaggio, Artemisia impara a maneggiare l’arte e la pittura. Studia essenzialmente in casa, dato che la pittura era considerata pratica maschile.

Anni 1608-1609

Artemisia Gentileschi comincia a lavorare sulle tele del padre e nel 1610 produce l’iconica tela Susanna e i vecchioni.

Nel 1612 Gentileschi è ormai un’esperta pittrice. In una missiva alla granduchessa di Toscana del 1612, Orazio loda le competenze della figlia dopo soli tre anni di apprendistato.

Lo stupro

Nel 1611 Orazio decide di mettere sua figlia sotto la guida del pittore Agostino Tassi. Quest’uomo, però, la violenta all’interno della sua abitazione e poi le promette il matrimonio.

Quando Orazio scopre che l’uomo è già sposato, sporge denuncia contro di lui. Il 27 novembre 1612 Agostino Tassi viene condannato a cinque anni di reclusione o, in alternativa, all’esilio da Roma. Ma l’uomo non scontò mai la pena e la reputazione di Artemisia viene compromessa.

Orazio organizza un matrimonio riparatore per garantire la rispettabilità della figlia e, il giorno successivo al processo, Artemisia Gentileschi sposa il pittore Pierantonio Stiattesi e lo segue a Firenze, dove viene introdotta nella corte di Cosimo II Lomi e nel circolo fiorentino da Michelangelo Buonarroti il giovane, che le procura commissioni.

Nel luglio 1616 viene ammessa all’Accademia delle arti del disegno di Firenze. Nonostante i successi lavorativi, però, la sua vita privata è in declino. Suo marito, freddo e distante, ben presto si indebita, ma le regala comunque quattro figli.

Da Roma a Napoli

Artemisia pensa di trasferirsi di nuovo a Roma. Non solo a causa dei problemi economici del marito, ma anche per via dello lo scandalo secondo il quale Artemisia aveva una relazione clandestina con Francesco Maria Maringhi.

Nel 1620 Artemisia torna dunque a Roma. Adesso non è più vista come la bambina inesperta che porta il nome del padre, ma è una pittrice ammirata. Per cercare migliori commesse, si stabilisce per tre anni a Venezia.

Nel 1630 si reca a Napoli. Lì trova una seconda casa e, per la prima volta, si ritrova a dipingere tre tele per una chiesa, la cattedrale di Pozzuoli al Rione Terra: San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli, l’Adorazione dei Magi e i Santi Procolo e Nicea.

Nel 1638 raggiunge Orazio a Londra e lì comincia una sua attività in autonomia che continua anche dopo la morte del padre avvenuta nel 1639.

Gli ultimi anni

Nel 1649 si trova nuovamente a Napoli. Muore probabilmente durante la peste del 1656.

 

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