La legge Merlin: la fine delle case di tolleranza in Italia

Non so voi, ma ogni volta che sento parlare della Legge Merlin mi viene da pensare a un’Italia che non esiste più, a un paese fatto di vicoli bui, di porte chiuse e di storie sussurrate. Era il 20 febbraio 1958 quando questa legge fece crollare un mondo intero, quello delle case di tolleranza, i famosi bordelli che fino ad allora erano considerati quasi normali, accettati, persino regolamentati dallo Stato.

Chi era Lina Merlin e perché ha cambiato la storia

Questa storia inizia con una donna coraggiosa: Lina Merlin. Mi piace immaginarla come una di quelle donne che non si arrendono mai, una combattente in un’Italia ancora tutta al maschile. Era una senatrice socialista, e per lei le case chiuse non erano solo un luogo di piacere per gli uomini, ma il simbolo di un sistema che umiliava e sfruttava le donne.
Lina voleva che quelle donne fossero libere, che non fossero considerate “cose” di proprietà dello Stato o di qualche sfruttatore senza scrupoli. Così, ha combattuto per abolire la regolamentazione statale della prostituzione. E ci è riuscita, non senza difficoltà e critiche feroci.


Cosa dice la legge Merlin?

La Legge Merlin ha fatto tre cose principali:

  • Ha chiuso tutte le case di tolleranza: Da un giorno all’altro, circa 560 bordelli sparirono dalle strade italiane.
  • Ha reso illegale lo sfruttamento della prostituzione: addio a chi guadagnava sulla pelle di quelle donne, dai proprietari delle case chiuse ai “protettori”.
  • Non ha vietato la prostituzione in sé: e qui viene la parte controversa. La legge non ha proibito l’attività in sé, purché fosse esercitata in modo indipendente e privato, senza sfruttamento da parte di terze persone. 

Come ha cambiato la vita delle donne?

Immaginatevi quelle donne. Fino al giorno prima vivevano in quei bordelli, con le loro regole e la protezione, seppur ipocrita, dello Stato. Poi, dall’oggi al domani, tutto cambia.

  • Si chiudono le porte e loro si trovano senza un posto dove lavorare. Alcune riescono a rifarsi una vita, altre finiscono per strada, senza protezioni né tutele.
  • La prostituzione non scompare: cambia solo faccia. Da quel momento, inizia a dilagare per le strade o in appartamenti segreti, lontano dagli occhi delle autorità.

Le polemiche e i dibattiti che ancora dividono

La Legge Merlin ha sempre diviso l’opinione pubblica:

  • Chi la difende dice che ha liberato le donne da un sistema disumano, che le trattava come merci.
  • Chi la critica, invece, sostiene che abbia solo spostato il problema, peggiorando le condizioni di sicurezza per chi continuava a esercitare la prostituzione, ora senza protezione e in un mondo sommerso.
  • E poi ci sono i nostalgici: quelli che ancora oggi parlano delle “case chiuse” come un’epoca dorata, in cui tutto era più controllato e “pulito”.

Cosa ne pensiamo oggi?

Oggi, a più di 67 anni da quel giorno, la Legge Merlin è ancora lì, immutata. E con essa restano i problemi legati alla prostituzione: lo sfruttamento, la tratta di esseri umani, la sicurezza delle persone coinvolte.

  • C’è chi propone di riaprirle, ma con nuove regole, per garantire sicurezza e dignità.
  • Altri invece pensano che regolamentare la prostituzione significherebbe legittimare lo sfruttamento.

Io credo che non ci sia una risposta semplice. La società è cambiata, e con essa il modo di vivere e percepire la sessualità. Ma quello che rimane è il bisogno di tutelare i diritti umani, di proteggere chi è più vulnerabile, senza ipocrisie. E forse, il primo passo è proprio quello di parlarne senza tabù, con la stessa determinazione di Lina Merlin.

Il mondo prima della legge Merlin: un sistema “ordinato” ma ipocrita

Se guardiamo al periodo prima della Legge Merlin, possiamo dire che c’era un ordine apparente:

  • Le case di tolleranza erano controllate dallo Stato, con visite mediche obbligatorie e regolamentazioni precise.
  • Erano luoghi separati dal resto della società, quasi nascosti ma tollerati, dove tutto avveniva “dietro porte chiuse”.

Ma non dobbiamo farci ingannare dall’idea di un passato “più semplice” o “più pulito”:

  • Le donne erano considerate alla stregua di oggetti, senza diritti, etichettate come “prostitute di Stato”.
  • Lo stigma sociale era pesantissimo: una volta entrate nelle case di tolleranza, quelle donne perdevano ogni speranza di reinserirsi nella società “rispettabile”.
  • Inutile girarci intorno: la maggior parte delle donne non entrava in quelle case di propria scelta

Era un sistema che proteggeva gli uomini dall’ipocrisia morale del tempo, ma che umiliava e sfruttava le donne.

Il mondo dopo la legge Merlin: più libertà ma più rischi

Oggi, con la Legge Merlin ancora in vigore, la situazione è molto diversa:

  • La prostituzione non è illegale ma deve essere esercitata in modo autonomo e privato, senza qualcuno che gestisca le donne coinvolte,, quindi c’è maggiore libertà personale.
  • Nessuno Stato che sfrutta il corpo delle donne: non ci sono più registri ufficiali o controlli sanitari coercitivi.

Ma ci sono anche nuovi problemi:

  • Mancanza di protezione: l’assenza di regolamentazione lascia le donne (e gli uomini) che esercitano la prostituzione più esposte a rischi di violenza e sfruttamento.
  • Crescita della prostituzione di strada che ha portato a nuove problematiche sociali e di sicurezza, oltre che al degrado di alcune aree urbane.
  • Le organizzazioni criminali sfruttano la mancanza di regole chiare per alimentare un traffico disumano e spietato.

Una questione ancora aperta

Forse la verità sta nel mezzo: né il modello del passato né quello attuale funzionano davvero bene. In altri Paesi, come la Germania o i Paesi Bassi, si è scelto di regolamentare la prostituzione per garantire diritti e sicurezza alle persone coinvolte.
Forse anche in Italia sarebbe utile aprire un dibattito senza pregiudizi, cercando soluzioni nuove, moderne, rispettose della dignità umana e capaci di offrire protezione e sicurezza a chi sceglie, per qualsiasi motivo, di intraprendere questo percorso.

La domanda resta aperta, e forse è giusto che sia così, perché le risposte semplici non bastano mai per questioni così complesse.

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