Il disastro del Vajont.
Era la sera del 9 ottobre 1963; nel bacino artificiale del torrente Vajont, situato nella valle che porta il suo nome (al confine tra le province di Belluno e Pordenone) precipita un pezzo del soprastante Monte Toc.
Si sapeva che sarebbe potuto succedere. Lo sapevano. Lo spiega benissimo Paolini nel suo spettacolo televisivo Vajont (che vi consiglio caldamente di vedere).
Un pezzo di montagna che cade nelle acque del bacino alpino realizzato con l’omonima diga.
La conseguente tracimazione dell’acqua contenuta nell’invaso, con effetto di dilavamento delle sponde del lago, che passa prima da Erto e Casso, paesi vicini alla riva del lago dopo la costruzione della diga, mentre il superamento della diga da parte dell’onda generata provocò inondazione e distruzione degli abitati della valle, tra cui Longarone, e la morte di 1917 persone, tra cui 487 bambini e adolescenti.
Una strange di innocenti ancora vivida nella memoria di chi queste valli le abita, un monito a non lasciare che la legge dei soldi passi sopra le vite umane. Un monito, purtroppo, ancora spesso inascoltato.
