Come treni alla stazione, recensione di Letizia Bilella

Siamo nel

 1978, marzo, una calda primavera siciliana. Titì, una piccola bambina, viene  scelta per interpretare la Vergine Maria durante la processione per la festa del paese in onore di San Giuseppe. Casteddu è un luogo facilmente accessibile da raggiungere – in tutti i sensi – ma non altrettanto facile da lasciare: tanti segreti circondano un posto pieno di fantasmi, mezze verità, personaggi misteriosi.
La processione e il non semplice ruolo affidato a Titì sono l’occasione affinchè alcuni segreti vengono alla luce; un viaggio alla scoperta di scomode verità troppo a lungo taciute. I personaggi che gravitano attorno a Titì la accompagneranno durante il suo viaggio, rivelando una Sicilia a volte crudele ma sempre ricca di bellezza.
È una bambina molto intelligente Titì, una sognatrice curiosa che mai si arrende e con la sua caparbietà riuscirà a cambiare la mentalità che avvolge il paese. Riuscirà a spezzare quel filo fatto di bugie e morte che rinchiude gli abitanti fra le mura del paese.
Co-protagonista, una Sicilia arsa, colorata dal giallo del grano e dei limoni.
Titì è tutte le donne che non si sono mai arrese, che hanno sempre speso la loro vita per la verità.
Leggere di lei, attraversare in punta di piedi la sua vita, le sue emozioni, è fare un viaggio introspettivo dentro noi stessi.
Letizia Bilella

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