Quando i nativi erano rinchiusi in “scuole speciali” della morte

Scuole residenziali per bambini indigeni esistevano in Canada dal 17esimo secolo, ma la macabra tradizione di concentrarli in base alla loro etnia tenne duro fino alla fine del 1990.

Di Maurizio Fierro
Solo nel 1982 la Corte suprema del Canada ha garantito per legge la libertà di culto ai nativi.
Fino ad allora, i figli dei nativi erano sottratti alle loro famiglie e mandati forzatamente nelle scuole residenziali cattoliche (circa 130, attive dal 1874 al 1996) affinché si assimilassero. Ricevevano nomi nuovi e gli era proibito parlare la lingua nativa. Spesso maltrattati e abusati sessualmente, molti di loro non fecero più ritorno a casa. Sarebbero più di 3000 i bambini morti, mentre non si contano quelli abusati fra i 150mila che hanno frequentato le scuole in oltre cento anni. Il mea culpa di papa Francesco e il risarcimento di 50 milioni di dollari ai sopravvissuti – dopo il ritrovamento dei resti di quasi 1000 bambini scoperti nei pressi di due ex istituti nelle province della British Columbia e del Saskatchewan – non potranno mai cancellare gli orrori di quello che la Commissione per la Verità e la Riconciliazione ha definito a ragione un vero e proprio genocidio culturale, a lungo occultato dall’autorità vaticana.

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