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La via senza nome – i racconti a tema di Land Magazine

A CURA DI LA VIA SENZA NOME Narra la leggenda che, in un luogo lontano, esista una via di cui nessuno o quasi è a conoscenza.  O meglio, in pochi sembrano averla intravista. Secondo alcuni si trova incastrata tra due vie, nel mezzo, quasi a voler separare ciò che è reale da ciò che forse non lo è.  Dunque, esiste davvero? La “via senza nome” è anche senza identità. Cela al suo interno misteri e segreti, scie di sangue e terrore.  Teste mozzate e corpi seviziati sono, o forse erano, gli unici nonché ultimi testimoni di ciò che quella dannata via nasconde.  Grida soffocate, pianti interrotti, presenze.  Una via del non ritorno.  Narra, inoltre, la leggenda che chiunque osi anche solo avvicinarvisi, si ritrovi risucchiato in un vortice di paura. Quella nascosta, quella mai espressa che, però, ti logora dentro.  Quel dolore bruciante, pungente, silenzioso.  Lo stesso del mostro sotto al letto, dell’ombra del coltello, del killer insospettabile.  Una via senza nome è l’inconscio proibito, la perdizione, la sensazione di soffocamento provata a fasi alterne della vita.  È la paura di perdere tutto e niente. È il buio di tutti i giorni.  È la via d’uscita sbagliata, ma che deve essere percorsa. Narra la leggenda che la sera di Halloween chiunque si avvicini a una certa “via senza nome” non faccia più ritorno a casa.  Inghiottito. Perduto. Forse morto. Angoscia. Ansia. Calma apparente. Sangue impazzito, immaginario.  Limbo.  La costante sensazione di essere nel posto sbagliato gioca con la mente, creando scenari. Non esiste la “via senza nome” se quella stessa via siamo noi con le nostre paranoie.  Non esiste “via d’uscita” se moriamo un po’ ogni giorno. Scopri Land Magazine Elisabetta Settembre 7, 2024 Bere come un vero scrittore italiano per ragazzi – Stefano Bordiglioni Vi siete mai chiesti cosa bevono i veri scrittori e se hanno dei riti di scrittura? ilSaggiatore lo ha fatto con i grandi scrittori della storia del passato, noi lo facciamo Read More admin Settembre 6, 2024 Discriminazione di genere nei piccoli paesi del Libano: le donne private della libertà di acquisto Il Libano, un paese noto per la sua diversità culturale e religiosa, nasconde al suo interno un lato oscuro che spesso passa inosservato: la discriminazione delle donne nei piccoli paesi Read More admin Settembre 6, 2024 Il Fascino dei Personaggi Spezzati nei Libri: Perché Amare i Protagonisti Imperfetti Ah, i personaggi spezzati nei libri. Quei protagonisti che sembrano avere più problemi di un puzzle da 1000 pezzi. Chi non li ama? Certo, potresti pensare: “Ma perché dovrei affezionarmi Read More admin Settembre 2, 2024 L’importanza di abbracciare le differenze nei bambini: Un viaggio di crescita e amore Nel mondo di oggi, dove la diversità è all’ordine del giorno, è più importante che mai insegnare ai nostri bambini a celebrare le differenze. Ma diciamocelo, non è sempre facile. Read More admin Settembre 1, 2024 Londra, 1 settembre: la stazione di King’s Cross senza Hogwarts Express – Qualcuno ha rubato la magia? Londra – Questa mattina, la stazione di King’s Cross era avvolta da un silenzio sorprendente. Alle ore 11.00, l’annuncio tanto atteso dell’Hogwarts Express non è arrivato, lasciando migliaia di fan Read More admin Agosto 31, 2024 Esercizio gratis di scrittura creativa: le descrizioni Le descrizioni ambientali sono cruciali per creare l’atmosfera e immergere i lettori nel mondo della tua storia. Un’ambientazione ben descritta può trasportare il lettore in un altro luogo e tempo. Read More Elisabetta Agosto 30, 2024 Drabble mania: consigli di scrittura per aspiranti scrittori (puntata 21) Elisabetta Venturi Scrittrice e insegnante Drabble mania Scrivere drabble insegna a colpire, emozionare, stupire, sconvolgere il lettore con poche parole. Inoltre puoi giocare con le parole: scrivere una storia intorno Read More admin Agosto 29, 2024 Sangue e cenere di Jennifer L. Armentrout: la recensione di Land Magazine Se pensate che i vampiri sexy e gli amori impossibili siano passati di moda, preparatevi a essere piacevolmente sorpresi da “Sangue e Cenere” di Jennifer L. Armentrout, che con questa Read More Lorenzo Foschi Agosto 26, 2024 Narrativa videoludica: la tua storia A CURA DI I LIBRI DI LORENZO FOSCHI Fai clic qui Prima di procedere con l’articolo, ti invito ad arrivare alla fine per una pazza proposta interattiva!Nel secondo episodio abbiamo Read More admin Agosto 24, 2024 Esercizio gratis di scrittura creativa: i dialoghi Il dialogo è una componente essenziale di qualsiasi racconto. Un dialogo ben scritto può rivelare molto sui personaggi e avanzare la trama. In questo articolo, ti proponiamo un esercizio di Read More

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La casa delle zucche – i racconti a tema di Land Magazine

A CURA DI LA CASA DELLE ZUCCHE Fin da quando era bambino, Freddy era stato una spina nel fianco per i suoi genitori. La madre, ostetrica nel vicino ospedale, e il padre, primario di fama mondiale, avevano pensato a tutte le soluzioni possibili per farlo crescere in maniera dignitosa, ma la loro mancanza di empatia nei suoi confronti era stata la causa di disagio maggiore. Li uccise così, a soli sedici anni, appiccando un incendio nella casa che l’aveva visto nascere.  Non si preoccupò mai di ritornarci fino a quando non fu messa all’asta e decise di ricomprarla. Era un intagliatore e avrebbe fatto della sua antica dimora il suo laboratorio. Ricordava con piacere la cantina, dove si rifugiava nei giorni difficili. Non aveva paura del buio, al contrario, le tenebre facevano parte del suo DNA: dormiva di giorno, lavorava e usciva di notte.  Bladed House, dopo gli avvenimenti passati, aveva fama di essere posseduta da demoni e fantasmi che ancora avevano dei conti in sospeso con questa vita, impossibile stabilire quanto fosse vero, perché subito dopo l’incendio e la scomparsa di Freddy, nessuno ebbe il coraggio di varcare la porta di quella casa. Il giorno in cui Freddy si presentò all’agente immobiliare, lo fece con il nome di Jason Leatherface, che di mestiere faceva il  libero professionista nel campo delle vendite. Il suo conto in banca era una prova sufficiente per l’acquisto della proprietà. Come se li fosse procurati non era dato saperlo. Ci vollero mesi per sistemarla, dopo l’incendio più della metà era andata distrutta e le condizioni climatiche del periodo non permettevano una continuità. L’unica costante rimaneva il lavoro di Freddy. Ogni notte la luce delle candele illuminava la piccola cantina, dove lui intagliava senza sosta. Nessuno nel vicinato sapeva realmente che faccia avesse e lui ben si guardava dall’uscire alla luce del sole. La gente aveva saputo della sua esistenza solo dal cartello di vendita non più piantato nel terreno e dalla presenza di un paio di uomini che si occupavano della ristrutturazione ai quali, però, nessuno osò mai fare domande. A loro era stato dato l’ordine tassativo di lavorare, in fondo venivano pagati per quello, senza mai chiedere nulla e, se anche ci fosse stato il benché minimo sospetto che la faccenda fosse losca, non sarebbero stati i due operai ad avvisare le autorità competenti.  Dopo alcuni mesi di assoluto silenzio o quasi, i rumori provenienti dalla casa divennero molesti. Chi abitava nelle vicinanze non seppe spiegare da cosa derivassero certi suoni o cigolii che, prima d’ora, nonostante la fama di casa infestata, non si erano mai presentati in maniera così potente. Il fenomeno apparì alquanto strano, soprattutto in virtù del fatto che iniziò a manifestarsi a poca distanza di tempo dalle sparizioni di alcuni adolescenti.  Era ottobre. Tempo di miti e leggende, di streghe, fantasmi e zucche illuminate.  Le stesse che Freddy intagliava con tanta passione e accanimento. Nulla accadde, fino a quel giorno.  27 ottobre, ore 23.00. Urla. Piano di sopra. Candele. Zucca intagliata alla finestra. A sinistra. 28 ottobre, ore 23.00. Urla. Piano di sopra. Candele. Zucca intagliata alla finestra. A destra. 29 ottobre, ore 23.00. Urla. Piano di sotto. Candele. Zucca intagliata alla finestra. A destra. 30 ottobre, ore 23.00. Urla. Piano di sotto. Candele. Zucca intagliata alla finestra. A sinistra. 31 ottobre. Silenzio. Le zucche tutte ancora al loro posto. 1° novembre, ore 5.00. Bladed House deserta. A parte per quegli occhi, che dalle teste arancioni intagliate e scoperchiate, osservavano. Scrutavano. Lo sguardo fisso di Michael, Judith, Annie, Bob, i loro capelli a coprire la faccia. Quattro ragazzi scomparsi. Quattro grida diverse. Quattro morti. Quattro zucche, guardiane di una casa maledetta. Fu così che Freddy scomparve, come molti anni prima, nella notte considerata infestata, sotto gli occhi sbarrati e capelli lucidati. Da formalina conservati. 

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Masterclass (S)conosciuti di Viagrande Studios: il secondo racconto vincitore

Benvenuti nel vibrante mondo della creatività letteraria di Viagrande Studios – Scuola di scrittura e storytelling, dove l’immaginazione prende forma attraverso le parole. In questa eccitante collaborazione con noi di Land Editore, siamo lieti di presentarvi il secondo dei due racconti selezionati come i migliori dalla caporedattrice Elisa Serra, che in occasione della masterclass (S)conosciuti ha avuto modo di premiare con la pubblicazione su Land Magazine Online le due penne che l’hanno colpita di più. Ecco quindi il primo racconto, dal titolo Lady Lilith di Alessandra Pandolfini Ho sempre amato le ruote, perché si rovesciano.  Volevo rovesciare tutto, i concetti, i piani, le domande con le risposte. Ero stanca di essere considerata frutto di un errore. Anzi, credo fossi stanca che l’errore fosse considerato qualcosa da scansare, da cui stare lontani.    Il dolore, l’oscuro, sono per voi ghiande scivolose, massi di creta in mezzo alle gengive, tra le fessure dei denti, da rimuovere con stuzzicadenti. Bacchettoni, giudici per eccellenza.  La vita, dico, pensate che foste prevista?  Stavamo tutti in pace con quel bel buio, anche quello è stato un gesto folle, ribelle. Quindi, l’errore di per sé è innovativo.   La conoscenza poi, altro argomento che vi crea confusione. Ritratta da tutti come la dea dell’ordine, delle regole, quando essa si muove soltanto grazie alle onde, all’inferno, all’ubriachezza. Mi è stata fatta pesare, volevo solo evitare che Adamo continuasse a vivere ad occhi chiusi. Io preferii l’inconsapevolezza di Cerbero e Caronte alla sua.  Io ero innocentemente sapiente.  Lui, invece, preferì la furba innocenza di Eva.    Comunque queste cose dovreste saperle già. Se avete, come si suol dire, una cultura base.    Chi sono? Io sono il dionisiaco, lo pseudo male, il piacere. Sono anche il ritmo, il sangue, le percussioni.  Lilith, con una L presuntuosa e un th che va dritto al punto.  La mia reputazione stessa è un errore. Quindi, ho pensato che scendere in mezzo a voi umani fosse la soluzione a tutta la mia ontologia.  Ma non avevo capito niente. «Chiedo la cortesia di rivalutare la mia presenza negli Inferi.»  «Mi pare ne avessimo già parlato, con gli angeli hai chiuso!»   «In verità io avevo intenzione di andare, varcare la soglia sotterranea.»  «Se non sei stata accettata qua, dubito che avrai vita facile là.»   La vidi come l’ennesimo giudizio sbagliato nei miei confronti.  Avrei dovuto ascoltarlo.  Mi invitò anche a un seminario sulle regole fondamentali per vivere sulla Terra, ma ovviamente mi sembrò una perdita di tempo. Un workshop intensivo, così lo chiamò.    E a quel punto iniziò la mia preparazione allo stato denso della terza dimensione. Mi diedero gambe toniche e un corpo asciutto. Dovetti rinunciare ai miei capelli, lunghi quanto il mio sapere.   Finii all’interno di un corpo nel bel mezzo di un atto sessuale, un orgasmo puerile. La giovane donna era cardiopatica e morì nel momento più intenso. Mi sembrava una buona entrata in scena.  Uscita di casa faceva freschetto, ma ancora non avevo imparato a camminare da bipede, ero troppo fedele al mio archetipo da serpente. Vidi uomini in divisa diventare paonazzi e arrivarmi addosso, ottimo inizio.   «L’abbiamo trovata nuda per strada, camminava carponi.» «Portatela dentro, sarà una svitata!»   Vidi il grigio di quello stato denso colpirmi il viso, gli occhi, le natiche.  Ero appena giunta ed ero di nuovo un errore.  Quando mi chiesero che stessi facendo avevo ancora difficoltà a parlare. Non avevo dimestichezza col linguaggio umano, abituata com’ero alla telepatia.   Nella stanza dove mi fecero aspettare per ore c’era uno specchio caduto.   IL MAGAZINE admin Marzo 12, 2024 Norwegian Wood di Haruki Murakami, la recensione di Land Magazine “Norwegian Wood” di Haruki Murakami è un romanzo che esplora il complesso labirinto delle emozioni umane attraverso la prosa distintiva di un autore giapponese ormai divenuto leggenda. Ambientato negli anni Read More admin Marzo 11, 2024 Oscar 2024: i momenti più iconici secondo Land Magazine A cura di Il trionfo di Opperheimer era abbastanza annunciato e scontato. Ben 7 statuette su 13 nomination.  Vanno al film di Nolan, tra gli altri, i premi come miglior Read More admin Marzo 11, 2024 Scuole di scrittura creativa: la salvezza dell’esordiente o il male assoluto? 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Masterclass (S)conosciuti di Viagrande Studios: il primo racconto vincitore

Benvenuti nel vibrante mondo della creatività letteraria di Viagrande Studios – Scuola di scrittura e storytelling, dove l’immaginazione prende forma attraverso le parole. In questa eccitante collaborazione con noi di Land Editore, siamo lieti di presentarvi il primo di due racconti selezionati come i migliori dalla caporedattrice Elisa Serra, che in occasione della masterclass (S)conosciuti ha avuto modo di premiare con la pubblicazione su Land Magazine Online le due penne che l’hanno colpita di più. Ecco quindi il primo racconto, dal titolo Il contrappassodi Giovanna Giada Cutronia La stronza lo costringe a stare a letto, a fissare la carta da parati chiazzata dall’umidità e a farsi consumare dai dolori e dai rimorsi. Arturo dovrebbe averci fatto l’abitudine: ormai sono quasi vent’anni che anche un atto liberatorio come pisciare gli ricorda la gabbia di carne maleodorante in cui si ritrova.  Sua moglie lo accudisce come può, come deve. Ah, per inciso: la stronza è la malattia, non Franca.  Francuzza, come la chiamava Arturo prima che anche la lingua cedesse alla seduzione dell’immobilità eterna. Quello era l’unico gesto di tenerezza che le aveva concesso in cinquant’anni di matrimonio, affiancati da altrettanti di tradimenti che non si preoccupava neanche di nascondere.   Se esiste un ordine celeste, è fatto da infernali contrappassi danteschi. Il suo mondo ormai non aveva più una linea di demarcazione temporale, nessun ordine in seno al quale capire che la Madonnina sul suo comodino – Ave Maria, gratia plena – non era messa lì, inondata giorno e notte dal lumino ai suoi piedi, per ricordargli la sua, di Maria.    “Bambinedda, bedda bedda… Oh, oh, oh, dormi figghia e fai la vò”; gli sembrava di sentirlo ancora il cantilenìo di Francuzza, mentre ondeggiava, un piede avanti e uno indietro, avanti e indietro, le braccia al petto che stringevano la nicuzza.  Forse la stava cantando anche adesso, mentre rassettava i vestiti.  Ma lo faceva apposta? Si voleva vendicare, Francuzza?   Arturo aveva iniziato a sospettarlo vedendo la sua espressione compiaciuta mentre gli raccontava storie di paesi lontani – “così non ci pensi ai dolori” – che aveva sentito in TV.  E sì, perché lei quei luoghi non li conosceva davvero.  Lei era rimasta a casa, ad aspettarlo. Sempre. Cinquant’anni di attese, mentre lui lasciava un segno nei cieli di tutto il mondo e nei letti di altrettante donne. E allora, adesso, Arturo meritava di capire che lui, in quei posti, non ci sarebbe andato mai più.   Il Generale Arturo Mandanici aveva conosciuto tutto il mondo. Odiava la fissità. Svegliarsi per più di due settimane nello stesso posto lo mandava in crisi.  Gira gli occhi, Arturo, e la Madonna è sempre lì. Francuzza continua a mettere in atto la sua vendetta. La statuina col volto da bambina sta lì per ricordargli ogni santo giorno che doveva essere lui a crepare, e non la sua bambina, l’unica gioia di una vita che lei osservava da spettatrice passiva.    Gli capitava, a volte, di pensare agli anni in cui si erano conosciuti e forse amati. Avrebbe meritato un uomo migliore, quella ragazza con vestiti castigati e l’aria da bambina troppo cresciuta; avrebbe meritato una donna strafottente, quell’uomo con lo sguardo sornione e la camicia sempre sistemata in modo perfetto dentro ai pantaloni. Franca era troppo ingenua per capire che Arturo non sarebbe mai stato davvero suo, neanche dopo il matrimonio. E ora, dopo cinquant’anni e una vita che le si è polverizzata tra le dita, cerca la sua rivalsa in quei piccoli e sadici tormenti che gli infligge. Spera che lui capisca.    Fuori c’è il sole, ma la pesante tenda damascata non lascia filtrare la luce. Franca ha in mano un tomo di grandi dimensioni. Si siede accanto al letto e legge: “Così s’osserva in me lo contrappasso”. Aumenta la luce sotto la Madonnina con un altro lumino e guarda Arturo. La stronza lo costringe a stare a letto, a fissare la carta da parati chiazzata dall’umidità e a farsi consumare dai dolori e dai rimorsi.  Adesso, la stronza è Franca.  IL MAGAZINE admin Febbraio 20, 2024 “Draculea: figli delle tenebre”. La recensione di Land Magazine In mezzo a centinaia di bestseller può capitare, passeggiando per una Feltrinelli di Torino, di posare lo sguardo sul dorso di un volumetto tutto nero che ci attrae inesorabilmente per Read More Cristina Ferri Febbraio 20, 2024 Recensione “Cuore a Cuore” di Lisa Kleypas Di Cristina Ferri Libri di Cristina Ferri Fai clic qui   Un oscuro passato. Un omicidio. Un terribile delitto da dimenticare. Il romanzo si apre con la giovane Anastasia chiusa Read More admin Febbraio 19, 2024 L’Intramontabile forza delle eroine femminili nelle distopie: ribellione, resilienza e redenzione Le distopie letterarie sono spesso descritte come mondi oscuri, governati da regimi totalitari o dilaniati da catastrofi, in cui l’umanità è oppressa, disperata o al limite della sopravvivenza. Ma dietro Read More admin Febbraio 17, 2024 “Genio assoluto il gatto”, il racconto di Oriana Turus per la Giornata Nazionale del gatto A CURA DI Genio assoluto, il gatto  C’era una volta, non molto tempo fa, un gatto super antipatico e presuntuoso.Faceva sempre il prepotente con tutti quanti ed era convinto di Read More admin Febbraio 17, 2024 Giornata nazionale del gatto, il drabble di Elisabetta Venturi Special Edition Di Elisabetta Venturi Benvenuti a Drabble Mania, la rubrica letteraria che vi condurrà attraverso mondi infiniti in soli 100 parole! Sono Elisabetta Venturi, la vostra guida in questa avventura concisa Read More admin Febbraio 17, 2024 Le guerre nell’immaginario: lo scrittore Alessandro Ricci spiega il ruolo dei conflitti nei libri fantasy A cura di FANTASY E GENITORI : DUE MONDI INCOMPATIBILI?Il sole sta tramontando, fuori fa freddo. Una tazza di tè e un telefono, eccomi pronta per una chiacchierata con Alessandro Read More Cristina Ferri Febbraio 17, 2024 Romanzo storico: il lutto vittoriano Di Cristina Ferri Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut elit tellus, luctus nec ullamcorper mattis, pulvinar dapibus leo. Libri di Cristina Ferri Fai clic qui Se stai Read More Silvia

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Masterclass Vita d’Altri: episodio otto

In collaborazione con Eredità Racconto di Roberto Zito Questo racconto è stato ideato e scritto da uno degli allievi della scuola di Scrittura e Storytelling Viagrande Studios, in occasione della masterclass Vita d’altri. Editing a cura di: Manuela A.De Quarto L’ultimo scherzo me lo avevano fatto prima di morire. L’arbre magique che aveva l’odore dello spogliatoio maschile di una palestra. Mio padre lo aveva appeso sul cruscotto il giorno stesso in cui aveva comprato quell’auto e non l’aveva più tolto.  Aveva smesso da tempo di emanare il suo odore di palle sudate e detersivo, eppure quell’aroma mi si era infilato nel naso e non se n’era più andato. Era sopravvissuto solo quello. Il resto si era schiantato giù per una vallata ricoperta di nevischio. Della Fiat Uno dei miei genitori non era rimasto nulla, solo un ammasso di lamiere accartocciate. E quello stupido arbre magique. Ero rimasto orfano, e l’unica eredità che mi avevano lasciato era un deodorante per auto. A Harry Potter avevano lasciato un caveau pieno di soldi. A me, questo. Sarebbe più semplice se dicessi che in fondo con i miei non avevo un legame così stretto. Che erano due genitori insensibili, distanti, incapaci di qualsiasi slancio affettivo. E invece quei due erano un vero spasso. Mio padre poi, quello era un idiota patentato, pronto allo sfottò verso chiunque in ogni occasione, capace di dire sempre la cosa sbagliata al momento sbagliato, campione olimpionico di regali brutti, dai profumi al sapore di merluzzo ai maglioni color senape andata a male. Sapeva sdrammatizzare quando sentiva che l’aria si faceva pesante, sapeva stemperare i conflitti e intromettersi in ogni discussione per buttarla in caciara. Magari, se la stava ridendo fino all’ultimo secondo di vita, prima di piombare su quel fottuto strapiombo in mezzo ai boschi dei Nebrodi. Stava rientrando da una cena con mamma, era il loro decimo anniversario di matrimonio. Io me lo ricordo il loro matrimonio, ero già in seconda elementare e saltai una noiosissima mattinata di dettati e addizioni per andare in una spiaggia e vedere i miei che si sposavano, vestiti come due hippie, a bordo di un vecchio pulmino Wolkswagen. Erano così, fuori dal mondo, fuori dal tempo. Forse, era tutta una ribellione verso i loro stessi genitori. Che pareva non vedessero l’ora di indossare l’abito più lugubre possibile per il funerale dei loro figli. Una volta sepolti, mi strinsero in un abbraccio arrugginito, gelido come una tenaglia, e mi scortarono fino alla mia nuova vita come un condannato del miglio verde. Orfano morto che cammina. La mia destinazione era la casa della mamma di mio padre, che pareva la magione della signora Rottenmeier. È incredibile come a volte le mura di un’abitazione prendano la conformazione dei suoi stessi abitanti. Quella casa aveva soffitti che si allungavano come il collo di mia nonna quando mi squadrava dalla testa ai piedi. La carta da parati si increspava come il suo labbro arricciato, mentre osservava i miei abiti spiegazzati, le sneakers con i lacci slacciati, la catena che penzolava tra le tasche bucate del mio unico paio di Denim. I mobili erano solcati da venature che pulsavano come le sue arterie, quando mi sentiva ciondolare con i piedi umidi sul pavimento in marmo caramellato. Nell’aria poi c’era lo stesso odore del suo fiato, un miscuglio di broccoli bolliti, incenso e patchouli. L’unico suono che era ammesso nella casa era il rumore della sua vecchia Singer, la macchina da cucire a pedali con cui si era pagata quella magione polverosa, mentre mio nonno gestiva i terreni di famiglia, prima che li cedesse per farci costruire una decina di Eurospin. Pareva ossessionata dall’idea di cucire qualsiasi cosa, dalle vecchie lenzuola alle tende del bagno, fino a cucirmi i jeans nella notte, mentre dormivo, incapace di accettare qualsiasi strappo nella sua esistenza rammendata. A me non restava che passare le giornate stringendo l’arbre magique che ormai si era impregnato dell’odore di quelle mura, bagnandolo col rimorso di non essere salito in macchina con loro. Per distrarmi, presi a leggere qualsiasi cosa trovassi in quella casa. E l’unica cosa che stava tra gli scaffali era l’enciclopedia del Fascismo. Erano dei tomi con la copertina color bordeaux e il font che pareva lo stesso dei cinegiornali Luce. Cominciai dalla A di Almirante e non mi fermai più, divorando ogni parola senza alcun interesse se non quello di fuggire da lì. Diamine, persino il regime fascista pareva un paradiso, in confronto a quella dittatura di merletti. Inizialmente lei non ci faceva caso, finché me ne stavo in silenzio a leggere dell’assassinio di Matteotti. Ma si incazzò di brutto quando notò che facevo le pieghette sulle pagine, per non perdere il filo. Non avevo nulla da usare come segnalibro, e nonostante i suoi rimproveri continuai a stropicciare quei fogli, che evidentemente erano l’unico lascito di mio nonno. Quando non ne poté più, mi intimò di smetterla. Io continuai a leggere, spiegazzare le pagine e inumidirle con le dita, come se fosse l’ultimo atto della nostra guerra. A quel punto lei pestò i piedi, sembrava pronta all’assalto. Invece si voltò verso il tavolo del salotto, afferrò un centrino, lo portò verso la macchina da cucire, cominciò a pestare i pedali con forza. Infine, mi diede in mano un segnalibro. Era fatto della stessa stoffa del centrino, ne conservava ancora i ricami con sopra i mandali circolari. Lo tenni in mano per un po’, incredulo. Era davvero capace di farci qualsiasi cosa, con quell’aggeggio. Non seppi fare altro che mormorare un timido «Grazie» e tornare al volume quinto dell’Enciclopedia, dalla P di “Patti Lateranensi” alla S di “Salò”. Quando terminai l’enciclopedia, passai a leggere le riviste che venivano spedite per posta alla nonna, rimasugli degli abbonamenti lasciati dal nonno e che lei non sapeva come disdire. Panorama, L’Espresso, Sorrisi e Canzoni, settimanali che sarebbero rimasti incellofanati se non li avessi presi e letti con voracità, imparando a memoria i testi delle prossime canzoni di Sanremo. Infine, passai ai testi sacri nascosti nei cassetti della

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