Masterclass Vita d’Altri: episodio cinque
In collaborazione con Cappelli a punta Racconto di Anastasia Morale Questo racconto è stato ideato e scritto da uno degli allievi della scuola di Scrittura e Storytelling Viagrande Studios, in occasione della masterclass Vita d’altri. Editing a cura di: Manuela A.De Quarto <<No, no. Aspetta, devi piegarlo così…>> Nonno Nino prese la pagina della cronaca nera e fece una magia, come quando sparivano le carte siciliane. Era anche detto Ninuzzo, ma a noi bambini era vietato chiamarlo così. <<Come mi sta?>> <<Grande,>> rispose <<Ma è meglio così, altrimenti la carta si strapperebbe.>> <<edi che alla mamma piacerà?>> <<Dovresti chiederlo a lei. Quand’è che ti vengono a prendere?>> <<Non lo so, Papà ha detto che in ospedale si perde sempre tempo.>> <<Mmmm…>> mugugnò, concentrato a fabbricare un altro cappellino. <<Quello è per Davide?>> <<No. Gli ho già detto che se ne vuole uno deve farselo da solo.>> Guardai la sedia su cui avrebbe dovuto sedersi Davide, poi verso la porta della cucina, da cui proveniva il brusio della televisione. Ero convinta che fuori in balcone si stesse meglio. Di sicuro lo preferivo al microclima tropicale che doveva esserci nell’altra stanza. Noi occupavamo l’unico spazietto lasciato libero dalle piante della nonna. Erano tutte verdi, con foglie molto grandi. Non c’erano fiori, in estate non ce n’erano mai. Posai entrambe le mani sul tavolino di plastica, mentre Internacional diventava nacional. <<Ma io non l’ho fatto da sola.>> <<Sì invece. Guarda la punta.>> Mi tolsi il cappello e lo misi sul tavolo, come una barca in secca. Se fatte con la carta, cappelli e barchette si somigliavano molto. <<È un po’ schiacciata,>> borbottai, come se dirlo a bassa voce potesse cancellare il mio errore. <<Perché era il primo. Tocca qua.>> <<Punge! È perché ne hai fatti tanti?>> <<Non alla tua età, ma con la pensione ho molto tempo libero. Sai che significa?>> <<Che non vai più a lavorare.>> <<Brava.>> <<Per questo non vuoi farne uno per Davide?>> <<Cosa?>> <<Il cappello. Se lo facessi tu pungerebbe, mentre se lo facesse lui la punta sarebbe un po’ schiacciata.>> Nonno Nino si grattò il naso; sembrava il becco di un gufo, lungo e un po’ ricurvo. Anche i capelli grigiastri e folti me ne ricordavano uno, di quelli smemorati e spennacchiati che si vedevano nei cartoni. Papà diceva che era colpa del cappello da detective che metteva per fare la sua passeggiata mattutina; non permetteva ai capelli di respirare. Aveva senso. <<Sì, perché si è arreso prima. O forse perché si annoiava.>> <<Ma non gli verrà mai una punta che punge, se non fa quelle schiacciate.>> <<Infatti.>> <<E se Davide si mettesse a piangere?>> <<Gli servirebbe da lezione; non puoi far rinsecchire la pianta e pretendere di prenderne i frutti.>> Aggrottai la fronte e mi rimisi il cappello. Il nonno aveva detto una cosa vera, ma non vedevo il legame tra le piante e i cappellini. In ogni caso, l’idea di Davide che si metteva a piangere non mi turbava affatto. Capitava spesso, anche se lui era più grande di me, e i grandi non piangevano mai davanti ai più piccoli. <<Io piango quando non mi vengono gli esercizi di matematica.>> <<Ti stai impegnando, almeno?>> <<Ci provo, ma la maestra mi fa sempre togliere il libro. Dice che sono troppo lenta.>> <<Mmmm… vorrei tanto parlarci io con questa…>> <<Antonio, ricorda l’undicesimo comandamento.>> Nonna Lina apparve come un fantasma, nonostante le infradito di gomma. Indossava una delle sue vesti svolazzanti a fiori, lunga fino al ginocchio. Era l’unica a chiamare il nonno così – una cosa da coppia, forse? – ed era anche l’unica a usare quel modo di dire così bizzarro. A quanto diceva Papà, significava non sono affari tuoi. All’incirca. <<Gioia, non ti avevo sentita. Sai dov’è Davide?>> <<Di là a guardare la TV,>> rispose seccamente. <<La picciridda mi stava giusto dicendo che…>> <<Ho sentito, non pensarci neanche.>> <<Ma… Se Vanessa non può… Insomma…>> mormorò il nonno, lanciandomi un’occhiata neanche tanto furtiva. <<Allora ci penserà Lorenzo, quando potrà. Mi sembra che anche lui abbia una testa e due mani, no?>> Lui fece una faccia strana e si mise a borbottare tra sé e sé, come l’acqua prima di calare la pasta. La nonna strinse gli occhi dietro le lenti tonde e spesse degli occhiali. <<Cos’è che hai detto?>> <<Va bene, come vuoi tu, Gioia.>> <<Mmmm… Mi era sembrato.>> A quel punto un forte scricchiolio proveniente dal corridoio rimbombò per tutta casa, subito seguito da un clangore metallico e una serie di passi pesanti e strascicati. <<È permesso?>> <<Enzo, di qua!>> Quando spuntò, mio padre mi sembrò più vecchio dei nonni. La visiera consumata del berretto della Marina Militare proiettava un’ombra sugli occhi scavati. Al dito della fede portava anche l’anello delle chiavi di casa nostra, impugnandole come se stesse per aprire la porta. Baciò la nonna sulla guancia, poi si avvicinò e mi diede una carezza sulla testa, ammaccando il cappellino. Non dissi niente, per via del suo sorriso disegnato male. <<E Vanessa?>> chiese la nonna. Nonno Nino si era ammutolito di colpo, ma aveva preso a tamburellare rumorosamente le dita sul tavolino. Con la coda dell’occhio vidi il suo piede fare su e giù, spingendo un pedale immaginario. <<Perde tempo,>> rispose Papà frettolosamente. Poi aggiunse: <<Sta aspettando i risultati.>> Infine mi guardò e mi diede un’altra carezza. <<Dai, la mamma ci aspetta.>> Più tardi, nell’ingresso, lasciai che Papà mi aiutasse a rimettere lo zainetto in spalla, anche se non ne avevo bisogno. Il nonno si grattò di nuovo il naso da gufo, poi mi diede un buffetto sul mento. <<Ricordati cosa ci siamo detti.>> <<Certo,>> risposi <<La prossima volta, facciamo altri cappelli di carta?>> <<Se vuoi. Oppure, potrei insegnarti a giocare a Scopa, che dici?>> Ci pensai un attimo. <<Dipende: barerai come hai fatto a Capodanno?>> La nonna non gli diede il tempo di rispondere. <<Undicesimo comandamento.>> Clicca sull’immagine per ingrandire IL MAGAZINE storia 06.01.23 Nacque a Torino la prima collana di libri economici d’Italia Spesso, i lettori si lamentano del prezzo troppo alto
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