Giappone360: Easy to live in, Hard to breathe in

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I LIBRI DI LORENZO FOSCHI

Giappone360: Easy to live in, Hard to breathe in

Il Giappone è un paese che sorprende chiunque ci metta piede. All’apparenza, sembra uno dei luoghi più comodi in cui vivere: sicuro, ordinato, efficiente fino all’estremo. Ma basta restarci un po’ più a lungo per accorgersi che, dietro a questa superficie impeccabile, si nasconde una pressione costante che rende il vivere semplice… ma il respirare difficile.

Easy to live in

Una delle prime cose che colpisce è l’incredibile efficienza dei servizi. I treni arrivano in orario al minuto, i combini sono sempre aperti, i distributori automatici offrono qualsiasi cosa in qualsiasi momento. In una giornata tipo, quasi non esistono intoppi: muoversi, comprare, organizzare la vita quotidiana è lineare e privo di complicazioni.

C’è poi la pulizia e l’ordine degli spazi pubblici. Strade curate, bagni accessibili e immacolati, rifiuti inesistenti, rispetto per le regole implicite. Il risultato è una sensazione di armonia che pochi paesi occidentali possono vantare.

E naturalmente, la sicurezza. Camminare di notte in una grande città come Tokyo non fa mai paura; dimenticare un oggetto in metro non significa necessariamente perderlo; persino i bambini vanno da soli a scuola in tutta tranquillità. Questo senso di stabilità crea un ambiente che, per chi viene da fuori, può sembrare quasi utopico.

Hard to breathe in

Eppure, dietro a tanta comodità, il respiro può farsi corto. Il Giappone è anche un paese di pressione sociale costante. Esiste una netta divisione tra tatemae (ciò che mostri agli altri) e honne (ciò che pensi davvero), e questa distanza pesa. Non sempre è possibile esprimere liberamente opinioni o sentimenti: l’armonia del gruppo viene prima di tutto.

Il mondo del lavoro è forse l’esempio più estremo. Ore infinite, dedizione assoluta, poca flessibilità. Il concetto di “karōshi”,  la morte per troppo lavoro, non è un’esagerazione giornalistica, ma una realtà. È un sistema che funziona perché tutti si sacrificano, ma il prezzo è alto.

A questo si aggiungono ruoli sociali rigidi: dal genere all’età, fino alla posizione gerarchica, ognuno ha un posto preciso e uscire dagli schemi è difficile. La libertà personale cede spesso il passo al conformismo.

E infine, la solitudine. Nonostante l’efficienza del sistema, il Giappone è anche il paese degli hikikomori, dei giovani che scelgono l’isolamento, e ha uno dei tassi di suicidio più alti tra i paesi sviluppati. È il paradosso di una società che funziona fuori, ma che dentro può diventare soffocante.

Il paradosso giapponese

Il Giappone, insomma, è un luogo in cui vivere è facile, ma respirare è difficile. Tutto scorre con ordine e comodità, ma al tempo stesso questo stesso ordine può trasformarsi in gabbia. È un paese che offre stabilità e allo stesso tempo richiede adattamento continuo, dove la semplicità della vita quotidiana convive con il peso invisibile delle aspettative sociali.

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