A CURA DI

Piacere, sono Lorenzo!
Italianissimo, genovese, e da sempre appassionato del Giappone. Ho incontrato questa cultura per la prima volta attraverso il karate, grazie a una tradizione di famiglia di cui vi parlerò in futuro. Da bambino ho iniziato con anime e manga, e col tempo mi sono innamorato di un mondo che, però, ho capito presto di non dover idealizzare.
Alla fine ho avuto la fortuna di andarci di persona e di stringere amicizie con diversi giapponesi con cui mantengo ancora oggi rapporti regolari. Nel frattempo studio con calma la lingua e sento sempre più il desiderio di raccontarvi, attraverso vari episodi, un Paese affascinante e complesso, pieno di sfaccettature e contraddizioni.
È davvero il Paese perfetto?
O piuttosto un luogo dove è facile vivere, ma difficile respirare?
Forse la verità sta nel mezzo… ma in quale forma?
Scopritelo insieme a me in questo viaggio, in particolare in questo primo episodio!
E, piccola curiosità: il protagonista del mio primo libro fantasy (Lathar) si chiama Hito (una parola giapponese…), mentre la protagonista del secondo (Lathar Zero) porta il nome Nagisa. Chissà cosa significherà?
Giappone360: Quella bici che ho preso ad Osaka
Ogni viaggio in Giappone è fatto non solo di grandi templi e skyline ultramoderni, ma anche di minuscoli episodi quotidiani che raccontano più di mille guide turistiche. Uno di questi momenti può nascere quasi per caso, come una semplice pedalata tra le strade di Osaka, e trasformarsi in una finestra privilegiata sulla cultura del Paese.
Un incontro inizialmente diffidente
Nell’ultima giornata trascorsa a Osaka, ho deciso di separarmi dal gruppo per dedicarmi a un piccolo desiderio personale: affittare una bicicletta e perdermi tra i quartieri della città. Niente di pianificato, solo la voglia di esplorare senza meta. Mi imbatto così in un piccolo chiosco di noleggio bici e mi avvicino.
Fin da subito capisco che la comunicazione non sarà semplice: i proprietari parlano soltanto giapponese e conoscono pochissime parole di inglese. Io, dall’altra parte, sono un giovane occidentale alto e senza barba, l’avevo rasata da poco, vestito con una camicia piuttosto sgargiante. Non proprio l’immagine dell’affidabilità agli occhi di chi mi ha davanti.
Provo ad attaccare conversazione con qualche parola in giapponese, un semplice eigo ga hanasemasu ka? (“Parli inglese?”), ma la risposta è incerta, quasi inesistente. La situazione resta un po’ tesa: ci capiamo a gesti, con qualche sorriso e molte esitazioni.
“Italia” cambia tutto
Poi, accade qualcosa di sorprendente. Mi chiedono il passaporto per fare una fotocopia, come prassi per il noleggio, e appena leggono la parola “Italia” l’atmosfera cambia completamente. I volti si distendono, i sorrisi si fanno sinceri, la curiosità prende il posto della diffidenza.
Mi ringraziano più volte, mi chiedono da quanto tempo sono in Giappone, cosa sto visitando e, dettaglio che mi colpisce davvero, vogliono perfino che mostri loro Genova sulla mappa. In pochi minuti, quel muro invisibile costruito dalla barriera linguistica e dalla diffidenza iniziale si sgretola, lasciando spazio a un’ospitalità genuina.
Gentilezza che diventa cura del dettaglio
Quello che succede dopo è un piccolo esempio del modo giapponese di accogliere. Non si limitano a consegnarmi la bici: mi accompagnano all’esterno e iniziano a spiegarmi tutto nei minimi dettagli. Mi mostrano come regolare l’altezza del sellino, come funzionano le marce e i freni, come usare il cavalletto, e mi fanno fare alcune prove per assicurarsi che sia tutto chiaro.
Ma non si fermano qui. Mi illustrano le principali regole per circolare in città: ricordarmi che in Giappone si guida a sinistra, spiegarmi i cartelli che vietano il parcheggio delle bici, le aree da evitare e i percorsi più comodi per pedalare in sicurezza. Perfino un piccolo giro di prova prima di partire, quasi fosse una mini-lezione personalizzata.
Un’esperienza semplice che racconta molto
Il tutto per un prezzo quasi simbolico: appena 300 yen, circa 1 euro e 70 centesimi, per due ore di noleggio. Ma il vero valore di quell’esperienza va ben oltre la cifra. In quei minuti ho sentito tutta la complessità del Giappone: la riservatezza iniziale, la curiosità sincera, la cura per i dettagli, l’orgoglio nel mostrare le proprie regole e il piacere nel condividere qualcosa con uno straniero.
È stato un episodio minuscolo, forse, ma racchiude l’essenza di ciò che rende il Paese così speciale: quella miscela di formalità e calore, distanza e accoglienza, che si manifesta nei gesti più semplici. Come affittare una bicicletta e partire alla scoperta di Osaka, con il vento in faccia e il sorriso di chi, per un attimo, ha deciso di fidarsi di te.