Ah, il Giorno del Ringraziamento! Quella magica festa americana in cui ci riuniamo con la famiglia per mangiare troppo, discutere di politica (contro ogni buon senso) e ringraziare il tacchino per il suo sacrificio. Ma ti sei mai chiesto da dove provenga questa tradizione? Preparati per una storia fatta di viaggi transatlantici, raccolti deludenti e, naturalmente, cibo a volontà. Spoiler: non c’è stata nessuna zucca speziata alla tavola originale.
Dalle zucche alle stelle: il primo Thanksgiving
Nel lontano 1620 un gruppo di Pellegrini salpò dall’Inghilterra alla ricerca di libertà religiosa e, probabilmente, di una dieta più esotica di pane e porridge. Arrivarono nel Nuovo Mondo su una barchetta chiamata Mayflower, che in realtà era meno comoda di un traghetto per le isole.
Dopo un inverno che definire “duro” è un eufemismo (metà di loro non ce l’ha fatta), i sopravvissuti, con l’aiuto degli indigeni Wampanoag, impararono a coltivare mais, pescare e raccogliere molluschi. Quando l’autunno del 1621 portò finalmente un raccolto decente, i Pilgrim decisero di festeggiare.
Il menu? Tacchino, sì, ma anche cervo, pesce, mais e forse un po’ di sidro per mandar giù tutto. Dimenticate la salsa di mirtilli e le torte di zucca: erano troppo impegnati a sopravvivere per inventare ricette di Pinterest.
Chi ha ordinato questa festa?
Il Giorno del Ringraziamento come lo conosciamo oggi non arrivò subito. Per secoli fu celebrato sporadicamente, ogni volta che i raccolti non andavano così male da portare alla carestia. Poi, nel 1863, Abraham Lincoln decise di ufficializzarlo per unire il paese durante la Guerra Civile. “Gente, smettiamola di litigare e sediamoci a tavola” è stata, probabilmente, la versione breve del suo discorso.
Il tacchino e la sua scalata alla celebrità
Ti sei mai chiesto perché proprio il tacchino è il re indiscusso del Thanksgiving? Pare che fosse abbastanza abbondante, abbastanza grande per sfamare intere famiglie e, soprattutto, abbastanza brutto da non far sentire nessuno troppo in colpa per mangiarlo.
Nel 1947 il presidente Truman iniziò la tradizione di “graziarne” uno, un modo ironico per salvare almeno un volatile dalla pancia degli americani. Oggi i tacchini almeno un po’ graziosi hanno Instagram, mentre quelli meno fortunati… beh, diventano ripieno.
Moderno Thanksgiving: tra football e discussioni animate
Oggi il Giorno del Ringraziamento è sinonimo di tradizioni che sembrano più una maratona che una festa. C’è il pranzo interminabile (il tacchino non è l’unica cosa a cadere in coma), la parata dei grandi magazzini, il Black Friday che ormai inizia a metà pasto e, ovviamente, il football.
A proposito di discussioni: ogni tavola ha il suo “zio esperto” che porta le discussioni sul cibo verso la politica, mentre qualcuno propone di mettere ananas sulla torta di patate dolci. Il dramma è assicurato, ma almeno c’è il purè come conforto.
E alla fine… tutti ringraziano
Il Giorno del Ringraziamento è più di una scusa per mangiare. È un momento per fermarsi e, tra un boccone e l’altro, riflettere su ciò che ci rende grati. Anche se la tua famiglia non è perfetta e il tuo tacchino è secco, puoi sempre ringraziare per la salsa che coprirà tutto.
Le polemiche sul Giorno del Ringraziamento: tra storia e narrazione
Nonostante il Giorno del Ringraziamento venga celebrato come un momento di gratitudine e unione, non è privo di polemiche. Molte comunità indigene considerano questa festa una celebrazione di un capitolo doloroso della loro storia, legato alla colonizzazione e alle sue conseguenze devastanti. La narrazione tradizionale dei “Pilgrim e indigeni amici” viene spesso criticata per essere una versione edulcorata di eventi molto più complessi e tragici. Ogni anno in coincidenza con il Thanksgiving, si tiene il National Day of Mourning a Plymouth, Massachusetts, un momento di riflessione per ricordare le sofferenze dei popoli nativi; una festa che solleva domande su come bilanciare celebrazione e memoria storica, e invita molti a ripensare il significato di “ringraziamento”.
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