Dicembre 2022

Come si festeggiava il Natale nel medioevo?

Il Natale è uno dei periodi più belli e gioiosi dell’anno proprio perché, oltre alla felicità di scambiarsi i regali, si rispolverano antiche e nuove tradizioni da condividere con le persone amate. Fare l’albero, mangiare un buon panettone insieme ai parenti, scartare tanti pacchetti… sono solo alcune delle gioie del Natale, ma questa festa si è sempre svolta nella maniera in cui siamo abituati? Nel Medioevo, per esempio, Il Natale non era importante come al giorno d’oggi, essendoci festività ben più significative, due delle quali erano la Santa Pasqua e la Santa Annunciazione, che veniva celebrata ogni 25 Marzo per ricordare la data che, secondo i cattolici, rappresentava il giorno del concepimento di Gesù nel ventre di Maria. Ebbene sì, non sempre il Natale ha avuto un significato universale come lo ha oggi. Gli storici sostengono che durante il Medioevo una grande parte della popolazione europea non festeggiava affatto il Natale e, per quanto riguarda chi lo festeggiava, era solito far precedere questo periodo da un lungo digiuno che cominciava intorno al dieci o all’undici novembre, e che perdurava fino al 25 Dicembre. Questo periodo era conosciuto come Avvento, decisamente diverso dalle tradizioni odierne, dove a questo termine di solito associamo un calendario che regala a grandi e piccini dei doni quotidiani… siano essi cioccolatini o piccoli oggetti. Per la popolazione medievale l’Avvento era un periodo di grande privazione e sofferenza, atto a purificarsi per festeggiare degnamente il giorno della nascita di Gesù. C’è da dire, però, che durante il periodo dell’Avvento moltissimi teatranti giravano di città in città donando divertimento e spettacoli al pubblico attraverso piccole recite per bambini, ma anche canti e liturgie. All’epoca fare l’albero di Natale non era una tradizione così diffusa, in quanto l’albero avrebbe preso piede nelle case degli europei solo nel Diciannovesimo secolo. Erano perlopiù i comuni e le città medio grandi a imbastire degli alberi di abete, collocandoli nelle piazze, così che tutti potessero goderne, ma questa pianta non aveva di certo il valore simbolico che ha oggi, né era altrettanto diffusa. A livello di singole famiglie, chi festeggiava il Natale decorava quindi la propria casa con frutti e piccoli manufatti colorati realizzati a mano. Non c’erano nemmeno i regali di Natale, in quanto era tradizione scambiarsi piccoli doni il primo giorno del nuovo anno. Per alcuni sarà questa la parte più sconvolgente del Natale durante il medioevo, perché per noi pensare a questa festa senza nemmeno un piccolo dono è qualcosa di veramente surreale. Ma c’è di più perché, per ciò che riguarda il cibo, era abbastanza comune riservare al 25 dicembre l’utilizzo di formaggi, di carne – soprattutto di cavallo e di manzo – e bevande alcoliche come birra e vino, tuttavia non erano molte le famiglie in grado di permettersi tali lussi. Per fortuna Il Natale medievale era pervaso da un grande spirito caritatevole, molto più accentuato rispetto a oggi, cosicché i nobili e le famiglie borghesi si sentivano spesso spinti a donare ai più poveri parte dei loro sontuosi banchetti. Molti nobili medievali avevano persino l’abitudine di installare nelle loro case una scena della Natività inserita nel contesto di una caverna: non un vero e proprio presepio, ma una scena che ricordasse alle persone la santità di quel giorno di quasi un millennio e mezzo prima, in cui Dio si sentì finalmente pronto a reincarnarsi in un essere umano.

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Lo tsunami del 26 Dicembre 2004, il terribile evento che cambiò il nostro rapporto con la natura

Il 26 Dicembre 2004 sarebbe potuta essere una domenica qualsiasi. Anzi, lo sarebbe di sicuro stata,  almeno  in Italia, se nelle prime ore del pomeriggio non fosse giunto, all’attenzione dei telegiornali di tutto lo stivale, un evento drammatico accaduto dall’altra parte del mondo. Tutt’attorno all’oceano indiano, quel giorno, le persone comuni cominciavano a dedicarsi alle loro occupazioni quotidiane – chi pescando, chi lavorando negli alberghi, chi avendo a che fare con le migliaia di turisti della zona. Tutto sarebbe cambiato alle 7:58 (ora locale), quando un terremoto di magnitudo 9,3 causò un’onda gigantesca nell’Oceano Indiano. Un movimento improvviso che ha rilasciato una quantità di energia inimmaginabile, che gli studiosi stimano essere superiore circa 500 milioni di volte la bomba atomica sganciata su Hiroshima negli anni ‘40. Le persone più vicine all’epicentro hanno sentito il terremoto, ma nessuno avrebbe sospettato che la vera tragedia sarebbe accaduta circa 10 minuti dopo. Quel giorno passò alla storia come uno dei peggiori per l’intera umanità, perché il numero di vittime degli tsunami generati dal terremoto è tutt’ora sottostimato.  Ma cosa successe davvero? Quando, intorno alle 08:10, il mare si è ritirato dalla costa devastata del nord di Sumatra, quattro enormi onde si sono schiantate sulla riva, la più alta delle quali era di ben 24 metri di altezza, arrivando in alcune zone montuose a raggiungerne i 30.  Dopo Sumatra è stato il turno della Thailandia, che un’ora dopo fu travolta da una serie di onde che raggiunsero  l’entroterra, uccidendo 168.000 persone. E poi ancora le Maldive, dove 108 persone hanno perso la vita, per poi arrivare sino in India e nello Sri Lanka, a distanza di sole due ore dall’inizio di quel terribile incubo. Si tratta del terzo terremoto più potente dal 1900, e del più mortale mai registrato dalla storia dell’uomo. Quel 26 dicembre del 2004 tante cose sono cambiate, compreso il nostro rapporto con la natura, che ha risentito di questa tragedia facendo capire al mondo intero quanto possa essere crudele il mare e pericoloso il risvegliarsi della terra. Ma torniamo alle Maldive,  e al 26 Dicembre di quel terribile anno.  Lo facciamo perché il nuovo romanzo di Marcella Ricci, La promessa di un inverno, è sì una storia d’amore piena di trasporto e colpi di scena,  ma contiene in sé una particolarità non da poco.     Il libro, infatti, è ambientato proprio alle Maldive, durante quel drammatico 26 dicembre 2004,  e gli stessi protagonisti, Francesco – un pilota d’aereo cinico e distaccato –  e Aurora – biologa marina che si trova alle Maldive per studiare alcuni animali del luogo – si ritroveranno alle prese con la forza erculea della natura, dovendo compiere scelte drammatiche legate alla propria sopravvivenza… e a quella del loro amore. Un romance che ha tutte le caratteristiche dei più bei romanzi d’amore, e che al tempo stesso ripercorre uno dei momenti storici più drammatici degli anni 2000, riportandoci a quel tempo e a quel luogo, senza però mai dimenticare che il fulcro di tutto è lottare per salvaguardare gli altri.  La promessa di un inverno, cover e sinossi Clicca sull’immagine per ingrandire Un pilota deluso dall’amore Una giovane biologa marina che cerca un posto da chiamare casa Natale 2004 Per Francesco questa è una notte come un’altra. Pilota d’aereo con l’animo indurito dalle delusioni, sa che il giorno successivo sarà identico a quello precedente, costellato da un lavoro che risucchia tutte le sue energie, una donna a caso che gli scalderà il letto… e poi l’ennesimo hotel, identico a quello in cui si trova adesso, testimone solitario di una vita sempre più vuota. Non riesce a dormire, Francesco… e così, quando si affaccia alla finestra di quella stanza anonima, nota un airone volare verso l’orizzonte. Un’illuminazione arriva all’improvviso: là fuori c’è una donna che lo aspetta, qualcuno in grado di catturare il suo cuore per non lasciarlo andare mai più. Ma come farà a trovarla? ***Aurora è una biologa marina che vive alle Maldive, alla ricerca di una casa del cuore: un posto da considerare suo, dove rifugiarsi e sentirsi accettata. Gli animali sono tutto il suo mondo e così, quando trova un giovane airone con l’ala ferita, non può fare a meno di prenderlo con sé. Tutto ciò che vuole è donargli una seconda possibilità, senza sapere che quel salvataggio la condurrà dritta tra le braccia del destino, verso una promessa che cambierà la sua vita. E quella di Francesco. Presto disponibile online e in libreria

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Perché si fa l’albero di Natale? La storia

L’albero  viene considerato da molti una tradizione dalle origini recenti.  Le prime apparizioni di questo tipo di decorazione sono riscontrabili In Germania nel 1500,  secolo in cui i protestanti cominciarono ad addobbare degli alberi con delle candele per illuminarli.  Tuttavia, non era tradizione allestire gli alberi all’interno delle case, anzi, era un addobbo riservato ai luoghi comuni e agli spazi pubblici, come ad esempio le piazze.  l’800: il secolo della svolta Solo nel 1800 divenne piuttosto popolare in Europa, specialmente in Francia dove, nel 1840, la duchessa d’Orleans creò il primo albero del Paese.  Nel 1882 New York City adotta questa tradizione inaugurando la stagione degli alberi di Natale elettricamente illuminati, mentre in Italia solo nel 1982 il Vaticano acconsente a erigere un albero di Natale, forse per appianare le distanze dal mondo cristiano protestante, che dell’albero aveva fatto un vero e proprio caposaldo di questa festa.  Tuttavia, sebbene i primi alberi di Natale In Europa siano stati allestiti nel tardo medioevo, è altrettanto vero che le sue origini sono molto più lontane di quanto crediamo.  Diversi studi storici hanno dimostrato che i romani, durante il solstizio d’inverno, ossia nel periodo che va dal 21 al 23 Dicembre, usavano intrecciare rami dipino decorandoli con frutti e candele fatte in casa. Questa tradizione era considerata di buon auspicio in quanto il pino, per i romani, era simbolo di prosperità e di un buon  raccolto.   La leggenda della quercia di Thor  C’è, in realtà, una leggenda famosa che viene considerata l’iniziatrice della tradizione dell’albero di Natale, ossia la leggenda della quercia di Thor.  Secondo la leggenda, collocata intorno all’Ottavo secolo d.C., il missionario inglese Bonifacio di Bagozza partì per portare la parola di Dio in Germania.  Fu proprio qui, nella cittadina di Geismar, che incontrò dei pagani intenti a commettere un sacrificio umano di fronte alla quercia di Thor. Ma non si trattava di un sacrificio umano qualsiasi: sarebbe stato un bambino, anzi, un neonato. Infuriato, Bonifacio tiro fuori un’ascia invocando Gesù e, con un solo salto, piombò giù dalla quercia,  stupendo i pagani al punto da indurli a convertirsi immediatamente. Dietro la quercia ormai distrutta  si trovava un piccolo albero di abete dalle foglie verdi e forti, a rappresentare la vita eterna di Dio, con la forma conica che aveva il compito di ricordare alle persone la divina Trinità.  Insomma, esistono molti miti ma anche numerose prove storiche che collocano l’albero di Natale ben inserito all’interno di diverse tradizioni, dagli antichi romani ai protestanti del Nord Europa. Probabilmente non sapremo mai chi ha dato davvero origine a questo caposaldo del Natale, ma, di fronte alla gioia di vedere i bambini decorare un grande pino verde, conta davvero saperlo?

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La scrittrice Arianna Ciancaleoni alla Fiera virtuale del romance

Comunicato stampa Fiera virtuale del romance, anche la scrittrice folignate Arianna Ciancaleoni tra le protagoniste della kermesse Il romance italiano è sempre più valorizzato all’interno del panorama letterario italiano, e a dimostrarlo è il nascere sempre più frequente di festival che lo celebrano invitando lettori e autori a condividere preziosi momenti di confronto su un genere tanto discusso quanto amato. Quest’anno, alla speciale Fiera virtuale del romance italiano organizzato dal Collettivo Scrittori Uniti, sarà presente anche la scrittrice Arianna Ciancaleoni, che con il romanzo Sui tuoi fianchi è giunta alla sua settima fatica letteraria. Pubblicato dalla casa editrice torinese Land Editore, Sui tuoi fianchi sarà presentato all’interno della kermesse letteraria che si svolgerà il 17 e il 18 Dicembre. Madrina dell’evento Lidia Ottelli, organizzatrice del Festival del romance italiano di Milano. Tanti saranno gli scrittori e le scrittrici che parteciperanno all’evento. Link al Festival cliccando qui Comunicato stampa presente anche su comunicati-stampa.net Pubblico dominio

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