Isabella Vinci

DanDaDan, grandi poteri cosmici ma a un prezzo salatissimo

A cura di Negli ultimi anni, il panorama del manga ha visto emergere diverse opere che hanno catturato l’attenzione di appassionati e lettori occasionali. Tra queste, Dandadan di Yukinobu Tatsu si sta rapidamente affermando come una delle serie più apprezzate e seguite. Un mix di azione, comedia, e elementi sovrannaturali, questa serie sta diventando un vero e proprio fenomeno, attirando l’interesse di un pubblico sempre più vasto. Dandadan è un manga giapponese scritto e illustrato da Yukinobu Tatsu. La serie è iniziata nel 2021 e ha rapidamente guadagnato popolarità grazie alla sua trama unica, ai personaggi carismatici e a un umorismo inconfondibile. Il manga unisce elementi tradizionali del genere shonen con un tocco di originalità che lo distingue dalle altre opere contemporanee. La trama di Dandadan ruota attorno a due protagonisti principali: Momo Ayase, una ragazza di liceo con un carattere forte e un po’ irriverente, e Ken Takakura, un ragazzo che ha una curiosa ossessione per i fenomeni paranormali. I due si incontrano in un contesto bizzarro e si trovano coinvolti in eventi sovrannaturali che stravolgeranno la loro vita quotidiana. Nello specifico c’è una fantastica miscela tra mostri tradizionali popolari giapponesi e gli alieni, che combattono tra loro. E gli umani? In mezzo a questa guerra, alcuni umani dotati di poteri spirituali per una serie di vicissitudini, possono difendersi. Il problema è il prezzo salatissimo che questi poteri richiedono, soprattutto a Okarun, il nomignolo che Momo affibbia a Ken, ovvero il suo “randello”. Gli elementi comici partono proprio da questo mix folle di tradizione e innovazione, oltre che dalla caratterizzazione dei personaggi, assolutamente un punto di forza di questo manga, nonché davvero originali in ogni sfaccettatura. Tra creature fantastiche, alieni, spiriti e battaglie epiche, la serie non manca mai di offrire colpi di scena e momenti esilaranti. Il mix di generi, i personaggi carismatici, lo stile artistico unico, le scene di azione e combattimento ben costruite ed entusiasmanti con un ritmo incalzante, i comic relief esilaranti sono elementi distintivi di Dandadan, che trascinano il lettore in un vortice di intrattenimento, ma anche di riflessioni su temi importanti, come amicizia, amore, lutto, found family, rispetto reciproco. Inoltre ci sono tantissimi riferimenti alla cultura popolare e a film e videogiochi. Dal Monsterverse giapponese e i suoi kaiju (Godzilla e i suoi successori), a i supereroi, i robot giganti, gli alieni e i fantasmi raccontati però con una ventata di freschezza e un’ottica tutta originale. L’opera ha anche attratto l’attenzione di molti creatori di contenuti e influencer nel mondo del fumetto e dell’animazione, diventando un argomento di discussione sui social e nelle community online. Questo ha contribuito a far crescere rapidamente la sua popolarità   Dandadan è una serie manga che ha tutte le carte in regola per diventare un cult. Con una trama intrigante, personaggi ben sviluppati, un mix di azione, umorismo e elementi sovrannaturali, è facile capire perché stia conquistando il cuore dei lettori. Se sei un appassionato di manga o semplicemente alla ricerca di una nuova serie da seguire, Dandadan potrebbe essere la scelta giusta per te. Non perderti questa avventura mozzafiato che sta rivoluzionando il mondo del manga: dai un’occhiata a Dandadan e preparati a vivere un’esperienza unica e indimenticabile. Io ti aspetto nei commenti: quale prezzo saresti disposto a pagare per ottenere dei poteri sovrannaturali? vai al libro

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Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba – Quando l’Animazione Supera il Manga

A cura di Se sei un appassionato di manga e anime, probabilmente hai già sentito parlare di Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba, uno dei titoli più popolari e discussi degli ultimi anni. Ma cosa rende questa serie così speciale? In questo articolo, esplorerò il motivo per cui Demon Slayer ha conquistato fan di tutte le età e ha superato le aspettative, in particolare nell’animazione. Recensioni Diverse e Approfondite su Demon Slayer Questa recensione non si limita a ripetere ciò che già si sa su Demon Slayer. Non è una panoramica sulla trama o sui personaggi, ma un’analisi più personale e appassionata di quello che rende unica questa serie. Mi prendo uno spazio per parlare con il cuore di un’autentica fangirl, cercando di trasmettere la passione che provo per questo fenomeno. L’Ascesa di Demon Slayer nella Pop Culture In passato, il termine “anime” poteva risultare oscuro per molti, e le generazioni precedenti erano spesso confuse su cosa fossero i manga. Ma oggi, grazie alle nuove generazioni, il linguaggio otaku è diventato più comprensibile, soprattutto tra i giovani che si ritrovano nelle fumetterie o durante fiere di cosplay e fumetti. È in questi ambienti che nasce una connessione profonda tra i fan, legata non solo ai disegni, ma anche alle storie che riescono a emozionare e unire. La Storia di Demon Slayer: Trama e Personaggi Demon Slayer segue le avventure di Tanjiro Kamado e sua sorella Nezuko, l’unica superstite di un attacco demoniaco. La storia ruota attorno al loro viaggio per vendicare la famiglia e cercare una cura per Nezuko, che rischia di trasformarsi completamente in demone. Tanjiro entra a far parte della squadra di Demon Slayer, iniziando un lungo percorso di allenamento, crescita e formazione di legami profondi, tipico degli shonen manga. La trama, seppur semplice, è caratterizzata da momenti di grande sofferenza e gioia, grazie alla crescita graduale e ben bilanciata dei personaggi. Ogni fan finisce per fare il tifo per Tanjiro e per i suoi compagni, ma anche per i villain, che sono dotati di storie di background commoventi e degne di attenzione. Un buon cattivo è essenziale in ogni grande storia, e Demon Slayer non delude in questo senso. L’Animazione di Demon Slayer: Un Capolavoro Visivo Tuttavia, quello che davvero distingue Demon Slayer è l’animazione. Definirla “magistrale” sarebbe un eufemismo. Mentre i manga tradizionali non sempre riescono a catturare il dinamismo e l’energia che cerchiamo in un’esperienza visiva, l’anime ha alzato il livello. Non si tratta solo di potenziamenti tipici degli shonen, ma di una cura nei dettagli delle sequenze e degli effetti visivi che creano un’esperienza immersiva davvero unica. In questo caso, l’anime supera decisamente il manga, un raro esempio in cui la trasposizione animata è migliore del materiale di partenza. Se il manga è piacevole, l’anime di Demon Slayer è un capolavoro che non può essere ignorato. Conclusione: Perché Guardare Demon Slayer? In sintesi, Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba è molto più di una semplice serie di combattimento tra demoni e cacciatori. È una storia che emoziona, unisce e affascina grazie a una trama coinvolgente, personaggi ben sviluppati e un’animazione che non ha pari. Se non l’hai ancora visto, ti consiglio di farlo subito. E tu, conosci Kimetsu no Yaiba? Qual è il tuo personaggio preferito? Per me è Nezuko, ovviamente. Scrivimi nei commenti e fammi sapere la tua opinione! vai al libro

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PopCulture. Piccolo glossario nerd da appassionati di cultura orientale: i manga.

A cura di Poiché la cultura orientale è una mia grande passione e nei miei prossimi articoli troverete spesso alcuni termini, sicuramente conosciuti dai più, ma per altri oscuri, ho deciso di scrivere un minuscolo glossario nerd per appassionati di cultura orientale. Cosa sono i Manga?  Questo termine si riferisce ai fumetti giapponesi o storie illustrate in formato sequenziale, ed è utilizzato per descrivere un genere di narrazione visiva in tavole ben strutturate da un punto di vista illustrato. Tra le caratteristiche principali dei manga c’è il formato e lo stile di lettura, ovvero si leggono da destra a sinistra; inoltre i generi, che potrebbe definire tropes a tutti gli effetti, sono moltissimi. Andiamo dagli shojo, ovvero destinati a un pubblico di giovani ragazzi, a gli shonen, destinati invece di più ai giovani ragazzi.  Di base questa distinzione riguarda non tanto il target di lettori, ormai, ma più le tematiche trattate. Gli shojo raccontano relazioni young adult e interessi romantici, spesso a scuola; mentre gli shonen sono avventure e combattimenti per salvare il mondo o crescere di livello come guerriero. Ci sono anche altri generi, più maturi: i seinen, i josei, che sarebbero gli occidentali new adult, oppure slice of life, che sarebbero i cozy, per andare al fantasy, al mistery, al crime e allo smut (ovvero gli spicy). I manga sono noti per la loro espressività visiva e l’attenzione ai dettagli. I disegni spesso enfatizzano le emozioni dei personaggi, tramite tecniche come linee cinetiche per il movimento, espressioni facciali molto accentuate e l’uso di toni drammatici o allegri nelle scene. La narrazione è sequenziale, con ogni tavola che contribuisce a raccontare la storia, spesso con ritmi molto dinamici. Appassionarsi di manga significa esercitare una grande pazienza e una memoria da elefante, perché in Giappone vengono rilasciati a cadenza settimanale o mensile in singoli capitoli sulle delle riviste apposite, per poi venire raccolti in tankobon, i volumi che vengono poi tradotti ed esportati.  Avete mai letto manga? Quali sono i vostri preferiti? vai al libro

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Lo storytelling fatto bene: Arcane, League of Legends

A cura di   Questa non è una recensione, bensì un coro da stadio, scritto su carta (elettronica). Da autrice e scrittrice molto appassionata di storie e storytelling, scoprire nuove trame e modi di raccontare è una di quelle cose che mi rilassa e mi diverte di più. O almeno così dovrebbe essere, perché in realtà il potere delle grandi storie è proprio quello di trascinarti via, in un mondo e universo di emozioni che vivi come se ci fossi immerso. Purtroppo non ho mai sviluppato la bravura ai videogiochi di molti compagni di classe e coetanei, ma adoro la grafica e il concept, così come il game design. Dopo questo preambolo posso dire senza alcun dubbio che Arcane, League of Legends, è una di quelle storie immortali. Se siete profani sappiate che League of Legends è un gioco online della Riot Games in cui puoi scegliere un personaggio e affrontare una storia nel mondo creato apposta, in una squadra con altri giocatori. Arcane invece è la serie su Netflix ispirata da quel videogioco. Nel tempo ho dato diverse occasioni a serie ispirate al mondo videoludico e devo dire che alcune sono andate bene, altre molto meno. Arcane si colloca su un altro livello. Un livello che difficilmente altri raggiungeranno, almeno per ora. Dalla scelta delle colonne sonore, alla creazione del mondo, alla pura arte e alla grafica, alla costruzione dei personaggi, Arcane non lascia niente di intentato. Potrebbero sicuramente esserci dei buchi di trama o di altro, ma per quanto mi riguarda mi ha trascinata nei temi, nel ritmo e nelle scelte stilistiche al punto che ho dimenticato. Ho dimenticato stavo guardando un serie tv d’animazione. Ho dimenticato e ho semplicemente vissuto. E credo che non ci sia nulla di più potente di un simile storytelling. Perché Arcane funziona? Oltre a tutte le motivazioni che ho già detto, sappiate che le sottotrame e le tematiche sono portentose. Abbiamo la found family, il seguire i propri sogni, la scoperta dei propri limiti e di se stessi, la filosofia della perfezione che porta annichilimento, abbiamo il bisogno di essere migliori, la guerra non glorificata che porta solo distruzione e dolore. Abbiamo la fame per il potere, le scelte sbagliate, l’allieva che diventa mentore e la storia d’amore tra due persone talmente diverse che si pensa non abbiano nulla in comune. Ed è questo tema del diverso che non divide bensì unisce, per creare una magia più forte di ogni altra arcana potenza. In Arcane la crescita dei personaggi e il loro arco narrativo ha un tocco leggero e pesante al contempo. Trattieni il respiro a ogni colpo, a ogni caduta e ci sono passaggi che se fossero stati resi meno delicati non sarebbero stati altrettanto potenti. Come i disegni ad acquerello quando si parla di memoria e ricordi, in tinte pastello più sfumate.    Abbiamo eroi e anti eroi che cambiano ruoli, perché se vivi grandi dolori poi il tuo cuore diventa oscuro. Eppure puoi ancora essere salvato. Puoi essere sempre salvato, dall’amore di un bambino, dalla sua curiosità, dalla sua voglia di giocare e conoscere. E non c’è forse un messaggio più bello? Non è questo che dovrebbe fare una grande storia, dare speranza? I combattimenti, il tradimento, l’amore sono temi ricorrenti, ma è la speranza e la forza d’animo ciò che porta avanti la serie. E di certo la scenografia, i tempi, insomma praticamente tutto è calibrato talmente bene che non mi resta che chiedervi: perché siete qua a leggermi invece di vedervela?   Andate e fatemi sapere la vostra opinione.  vai al libro

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Genitorialità consapevole, ovvero riconoscere i propri confini.

A cura di Rubrica ApertaMente. Chiedi alla Psicologa. Mi presento, sono Isabella Vinci e sono una psicologa perinatale e del neurosviluppo, oltre a essere una TNPEE (sigla per indicare un lavoro dal nome impronunciabile, ossia Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva). Mi occupo di bambini da più di vent’anni e di genitori da oltre un decennio, perché il mondo dell’infanzia è un universo in espansione, in cui è davvero molto facile perdersi. Motivo per il quale nasce questa rubrica interattiva, in cui ho raccolto alcune domande proposte dai genitori. Per genitorialità consapevole si intende spesso un modo di educare i propri figli basato sugli ultimi studi di pedagogia e psicologia. Sorge spontaneo chiedersi quando i genitori dovrebbero ricavare il tempo anche per informarsi e formarsi su questi argomenti. Vi sono molti corsi online tenuti dagli esperti del settore, così come delle interessanti conferenze e riunioni in presenza promosse dai servizi del consultorio, ma spesso sono gli stessi genitori a non conoscere tali opportunità e soprattutto a non avere il tempo di parteciparvi. Perché? Sono tante le motivazioni, che sia per una scarsa promozione dei suddetti servizi, che sia per mancanza di tempo in una quotidianità caotica, talvolta proprio per disinteresse. Ma cosa è allora questa consapevolezza della genitorialità? E non sarebbe più semplice se fosse solo una cosa da mangiare, mandare giù in boccone ed essere così pieni in modo quasi istantaneo di saggezza antica e nuova su come si crescono i figli? Perché la consapevolezza dell’essere genitori è importante? Fornire gli strumenti giusti e le informazioni utili permetterebbe di non impazzire, tra scatti di crescita, tappe di sviluppo, carenza di sonno e altre incredibili vicissitudini della prima (e seconda e terza, quarta eccetera) infanzia. L’ideale, secondo gli addetti ai lavori, sarebbe addirittura di saperle prima della nascita di una nuova vita. Tra mondo ideale e mondo reale c’è un abisso, fatto di doppi turni a lavoro per mantenere la famiglia, di disinformazione su ciò che sia davvero il post parto, di congedi di pochi giorni e pochi mesi e rientri in servizio quando ancora non si è realizzato di avere tra le mani una nuova vita che pretende ascolto a suon di pianti e urli, o magari con uno sguardo che incatena a terra una madre e un padre, che non vorrebbero altro che passare tempo a nutrire il nuovo equilibrio familiare. Sempre più genitori sentono l’esigenza di cambiare approccio alla vita: dove prima il lavoro era la priorità e il benessere familiare veniva al secondo posto, adesso è diverso. Si sceglie di allargare la famiglia, di espandere il tempo al di fuori del lavoro, per crescere i figli in modo presente. C’è un approccio diverso rispetto alla precedente generazione, per cui i figli potevano anche crescere in autonomia. Ora invece bisogna integrare quell’autonomia nei progetti didattici, ricordando che un bambino di due anni è in grado di apparecchiare la tavola con stoviglie di vetro e ceramica, se lo aiuteremo ad imparare e ci fideremo delle sue capacità, senza temere troppo cocci e pulizia qualora ci fosse un intoppo. Attenzione tuttavia a non confondere l’autonomia con la solitudine. Si pretende da un esserino appena nato sia in grado di autoregolarsi nel sonno, nella fame, nella veglia, quando invece ogni studio degli ultimi decenni sottolinea quanto il contatto ravvicinato con la madre e il padre sia fondamentale nell’apprendere davvero questa autoregolazione. La famosa frase “Lascialo piangere” è assurda, infondata e dannosa per diversi motivi: il pianto dei bambini attiva nel cervello materno (ma anche paterno) una risposta attacco/fuga, la stessa alla base di ogni forma di sopravvivenza. Ovvero, il pianto dei neonati è un sistema perfetto che garantisce al bambino di comunicare un bisogno impellente e necessario alla sua vita. E sì, tra questi bisogni quello del contatto fisico è considerato primario, al pari del mangiare e del dormire. Fornisce quell’autoregolazione di cui parlavamo, tramite i segnali biochimici e fisiologici che vengono percepiti dal contatto pelle a pelle.  Lasciar piangere un bambino per imporre una volontà da adulti, neanche del tutto propria ma di una società giudicante, ha l’unico effetto di accumulare l’ormone dello stress (il cortisolo) nelle sinapsi dei genitori, rendendo quindi il cervello meno capace di apprendere dall’ambiente e abituandolo a reagire come se fosse perennemente terrorizzato. Non è davvero una situazione auspicabile, perché come il riposo è fondamentale per diminuire queste quantità di cortisolo, lo è anche per ridurre l’ansia che diventa forma di anticipazione costante per ogni esigenza del bambino. In questo circolo vizioso, nemmeno si è più capaci di riposare, dunque il rischio diventa una risposta diretta, non voluta né pensata, che potrebbe portare a un’escalation qualora ci sia una fragilità di base. Per fragilità di base possiamo intendere diverse cose: se l’educazione ricevuta da bambini è stata rigidissima, si adatterà un modello rigido verso i propri figli. O anche, una madre o un padre che soffrono di ansia generalizzata e avranno pertanto un sistema di iperallerta già attivo e pronto a scattare al minimo sentore di disagio. La carenza di sonno, per esempio, è un altro meccanismo che tende ad abbassare le difese, che siano queste quelle immunitarie, che quelle cognitive. Lo stesso urlare o scuotere il bambino molto piccolo sono conseguenze di questo circolo negativo. Non che urlare per scaricare la frustrazione e la rabbia nel sentirsi impotenti e incapaci sia qualcosa da demonizzare. Capita a tutti di perdere la pazienza, ciò che conta è che non sia una risposta costante e che sia modulabile, ed ecco che entra in gioco la consapevolezza in primis di se stessi come esseri umani adulti, poi come genitori. La genitorialità consapevole non è dunque solo conoscere e applicare il metodo Montessori, perché non è detto che tutte le case possano essere adattate a quelle linee guida, bensì conoscere i propri limiti, o meglio confini. Bisogna capire quale sono le battaglie giuste da combattere, perché non si hanno le energie per vincerle tutte. Metà dell’opera è comprendere come adattare se stessi e i proprio figli

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