Di Francesca Redolfi Guarda su Amazon Cronache dal Punto Nemo Storie di vita da genitori, riflessioni e tentativi di approdo Il Punto Nemo si trova nell’oceano Pacifico ed è considerato il luogo più remoto della terra. È quello che siamo noi, quando come genitori a volte ci sentiamo un po’ persi. Ma è anche il tentativo costante di chi cerca sempre di ritrovare la rotta. Come ti accade di pensare, in un’afosa sera d’estate, nel bel mezzo del Tirreno, a santa Lucia? Più o meno succede così. Mia figlia più grande, oggi quasi tredici anni, in un giorno tranquillo di qualche anno fa mentre stava giocando a casa se ne esce con la questione. Mamma, chi è santa Lucia? Il fatto è che da noi i doni di Natale non arrivano il 25 dicembre. Qui nella bergamasca arrivano il 13 mattina, e a portarli non è Babbo Natale ma una donna, una santa, cieca, con un asinello. Tutti i bambini credono perdutamente a santa Lucia, più che a Babbo Natale e alle renne. Fino a un giorno qualsiasi, mentre stanno giocando in casa. Mamma, chi è santa Lucia? Mille risposte che sfilavano di colpo davanti agli occhi, neanche una giusta. “Lo sai chi è, è una santa che bla bla…”. “Siamo a settembre, perché dovremmo pensarci ora? Su su, torna a giocare”. Tentativi vani, stavolta le frasi sembravano tutte sbagliate. Forse perché avvertivo come un qualcosa di diverso in quella domanda, una maturità in più, un dubbio che ormai si era insinuato, una ricerca di sapere che se non fosse arrivata tra le pareti di casa, sarebbe giunta certamente presto da altre parti. E quindi provai a informarmi. A quanto pare quella era l’età giusta. Quando iniziano a chiederti chi è santa Lucia o Babbo Natale, o la Befana, è perché hanno dei dubbi. Perché magari qualche compagno più navigato ha detto loro qualcosa. Hanno subodorato. Iniziano ad avere sospetti. La razionalità pian piano sta bussando alla porta di castelli e fiabe, di fate e unicorni, e loro si chiedono come faccia una santa con un asinello a portare doni in tutto il mondo in una sola notte quando noi ci impantaniamo nel traffico in cinque minuti di tragitto da casa a scuola. È accaduto più o meno l’istante successivo, quando nei loro occhi ho visto, lentamente, scivolare via l’infanzia. Non tutta, certo, sarebbe rimasta ancora e a lungo, nei giochi con le bambole, nelle case di Barbie, nei disegni, negli abbracci, nei “mamma, vieni qui”. Ma quel pezzetto d’infanzia lì, quello legato alla magia, di colpo era sparito per sempre. Me ne sono accorta di più tempo dopo, una sera afosa d’estate, su un traghetto per andare in Sardegna. Mia figlia accanto a me sul ponte più alto. Entrambe, lei e la sorella, hanno sempre adorato fare la traversata di notte, addormentarsi nella cabina con il rollio delle onde, sbirciare la danza dei delfini, tra i flutti immaginare dorsi bianchi di balene. «Ho paura» mi ha detto invece su quel ponte. Top libri nella categoria Kindle Di cosa?, mi sono chiesta. Di cadere in acqua, dell’altezza, del buio che sta scendendo, di partire, di cosa? «Ho paura che questa magia qui non la proverò più». Sono stata in silenzio per un po’. Stava parlando della magia di passare la notte sul mare. Di svegliarsi la mattina dopo in un posto che sembra un altro mondo. Ma stava parlando anche di tutte le magie bambine che esistono al mondo. Ed ecco che lì, in mezzo al Tirreno, una sera di luglio, ho pensato a santa Lucia, al freddo, a un carretto carico di giochi, a degli occhi bambini che credevano in tutto quello semplicemente perché eravamo stati noi a dirgli che esisteva. Ci credevano perché eravamo noi a crederci. «Non accadrà» le ho risposto. «Come fai a saperlo?». Ho guardato verso il mare, e poi la balaustra corrosa dal sale, e poi lei. «Perché io quella magia la provo ancora». Da allora ho capito che è sempre quello che cerchiamo di fare. Siamo sommersi ogni giorno di notizie negative, titoli e orrori. Ma in tutto questo, nonostante e per questo, possiamo farlo. Cercarla altrove, la magia che un po’ abbiamo perso. Forse dobbiamo, se è vero che occuparsi del proprio pezzo di mondo può migliorare le cose. La sorpresa di tornare a casa e trovare tutto addobbato per Natale. Quella volta che dici sì a un’eccezione. E poi trovarla sul ponte di una nave, duemila metri di blu sotto i piedi, diretti verso un’isola misteriosa. In una baita sperduta tra i monti, dove non riusciamo a contare le stelle e d’estate serve la coperta per stare fuori a cercarle. E non sappiamo mai i nomi delle costellazioni, ma li possiamo immaginare, perché abbiamo la fantasia, e quella è un grande, grandissimo dono. O magari dentro un vecchio cinema un pomeriggio qualsiasi, con il sole fuori, quando al cinema non ci va nessuno. Cercando delle penne colorate in una curiosa cartoleria colma di oggetti. Un giorno poi quella magia la vedranno negli occhi di qualcuno. Ma non glielo dico. Semplicemente accadrà, e se ne accorgeranno da sole. Cercare la magia altrove può accadere ancora anche il 12 dicembre, sera di santa Lucia. Perpetuiamo un rito da sempre, prepariamo carote, pane, latte per l’asinello. Loro mi guardano un po’ scettiche adesso, ma io lo faccio lo stesso, con convinzione. Domattina il pane sarà sparito, la tazza di latte vuota, la carota sgranocchiata. È un “sì, lo sappiamo, ma lo facciamo lo stesso”. Sappiamo che la magia, dove riusciamo, va mantenuta, e coltivata. Anche se si cresce. E sappiamo che ci sono magie che non spariscono mai. Perché a volte siamo noi adulti che ne abbiamo ancora tanto bisogno. E sappiamo che per un pezzetto ci crediamo ancora, e che la magia in fondo è proprio non smettere di farlo. LEGGI ANCHE società 08.01.23 Il ladro di libri inediti Filippo Bernardini arrestato a New York