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Intervista a Ylenia, libraia di Libreria Difficile

A cura di Ho conosciuto Ylenia sui social, all’interno di un gruppo facebook per la precisione. Mi ha consigliato molti libri, azzeccandoci sempre. Allora l’ho voluta intervistare, per capire da dove nasce questo superpotere. Da dove nasce il nome della tua Libreria, DIFFICILE? E dove ti trova chi ti vuole cercare? Il nome non è casuale. Quando 15 e più anni fa provavo a tirar fuori questo desiderio, la risposta era “si ma è difficile”. E questo vale per tutto quello che voglio fare, c’è sempre un grado di difficoltà intenso. Che poi difficile non significa impossibile… Ylenia ha da poco traslocato e per un periodo ha fatto consulenze, libroterapie e pacchetti da casa – la trovate comunque sui social con il nome di Difficile Libreria. Cosa fai in libreria? In cosa consiste la Libroterapia? Cosa NON faccio (ndr. è un vulcano questa ragazza)! Si fa un po’ di tutto, nel senso che la Difficile è un po’ come lo studio di un sarto, con fettucce, scampoli, aghi e fili vari, quindi tutte le attività sono svolte per andare incontro alle esigenze dei lettori e non solo.  Perciò c’è il gruppo di lettura Parole di Lana, dove i lettori propongono il tema, io propongo dei testi e quello più votato diventa il libro del mese, che poi diventa un mese e mezzo, anche due mesi. Non diamo un tempo perchè la Difficile è qui per ri-educare alla lettura e mi rifiuto di dare scadenze come a scuola. Soprattutto la Difficile non è una libreria per soli lettori, perchè ogni storia viene proposta anche e soprattutto in chiave emotiva; parliamo dei temi che escono fuori dalla lettura e quindi se non si ha letto il libro, si può partecipare comunque.  Poi ci sono gli incontri – e non le presentazioni -, perchè a me di dare spazio solo a chi scrive non va. E allora affrontiamo i temi attraverso le storie scritte da altri, con chi le scrive ma anche con chi le legge e soprattutto con un terapeuta presente, perchè la figura di un professionista è doverosa. E poi ci sono i laboratori nelle scuole, poi c’è la libroterapia con gli albi illustrati per adulti e ora anche i percorsi di libroterapia. La libroterapia è uno strumento che prevede l’utilizzo di storie scritte da altri e che può aiutarti a trovare “le parole per dirlo”. A volte potremmo sentirci in un certo modo e non riuscire a dare una forma alla cosa; potremmo aver bisogno di “brindare” alla felicità provata in un periodo; potremmo semplicemente aver bisogno di una “spinta”. E allora le parole, le illustrazioni, il momento di raccoglimento creano un ponte. La libroterapia di cui mi occupo è quella umanistica, dove non mi è assolutamente concesso vedere la persona come paziente. Chi entra in libreria e chiede della libroterapia si siede, mi racconta perché é lì e non altrove. Suggerisco letture, capitoli – faccio letture pensate solo ed esclusivamente per quella persona. Con il gruppo, invece, affrontiamo i temi attraverso la lettura dell’albo illustrato, diamo spazio alle parole e ai gesti dei partecipanti, lavoriamo insieme per costruire nuove domande. Perchè la libroterapia fa esattamente questo, ti offre nuove finestre e se vuoi anche nuove domande, mai solo risposte. E’ un lavoro DIFFICILE, davvero, le dico, perché prevede che chi ti sta davanti e si racconta si affidi completamente a te, non per essere “guarito”, per essere ascoltato e capito. E’ una missione difficilissima quella che ti sei scelta ! Esattamente. Infatti questo è anche il motivo per cui la libreria non prevede che tu debba venire per forza a comprare libri. Sarebbe sicuramente cosa buona e giusta, quando mi tieni inchiodata magari per due ore e mezza. Ma c’è un’altra storia qui. Una persona che ha cominciato a frequentare la libreria e ogni volta che viene mi dice che legge tanto, ha tanti libri in casa, e io tutte le volte dico “magari devi fare pulizia”. Non compra mai libri, se non di un autore francese perchè gli avevo detto che lo avevo salvato come “aggiusta orologi” e gli avevo raccontato la storia che mi aveva fatto venire in mente e lui si era letto quel libro. Da lì in poi lui continua a venire, ora non viene più così spesso, ma veniva una volta a settimana e si piazzava lì un paio di ore e mi raccontava tante cose e a volte era anche faticoso, però un giorno mi confida “io non so perchè sono in vita, non so perchè non mi sono ammazzato” e io penso che può venire quando vuole, non ho più pensato alle ore. E’ questo il posto, c’è gente che mi chiama e mi dice ho bisogno di parlare, posso venire? E io dico vieni e ci prendiamo un tè o un caffè e parliamo. In libreria sono nati un sacco di progetti , compresa la libroterapia con i ragazzi delle elementari. Le persone non vivono la libreria come il supermarket dei libri. E’ un lavoro difficile e che non tutti sono in grado di fare. Non lo dico perchè sono io superfiga ma ti faccio un esempio. Tempo fa io ero incinta, era proprio evidente che io fossi gravida, vado in una libreria di catena (non lo dico perchè la libreria di catena non sia buona, ma perchè è l’alternativa, per esempio, alla Difficile) e  chiedo una storia, per sapere la gente che sta lì dentro cosa legge. Quello che mi avevano suggerito non lo avevano disponibile – e li capisco, te lo posso assicurare – e così mi viene proposta una storia che si chiama “La cronologia dell’acqua” dicendomi che è una storia bellissima di una ex nuotatrice. Lo prendo, era nella mia wishlist da lettrice e anche da libraia (perchè io prima di mettere i libri sugli scaffali li leggo tutti, perchè se l’idea è quella di rieducare alla lettura non ti posso proporre una schifezza). Sto all’ospedale, prendo il libro e questa storia si apre con “il

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Intervista a Giorgio Borroni: sceneggiatore, scrittore e traduttore di importanti classici

Di Cristina Ferri Libri di Cristina Ferri Fai clic qui Ciao, Giorgio, e grazie per essere qui con noi di Land Magazine. Parlaci un po’ di te: quando hai iniziato a scrivere? Grazie a te, lieto di essere “atterrato” su Land Magazine! Sono della classe ’77, ho una laurea in Lettere e un master, più vari diplomi in Scrittura Creativa, Pittura Digitale, Comics e Zbrush. Per un po’ ho fatto il traduttore di classici, romanzi e fumetti, poi nel 2014 ho iniziato anche a produrre qualcosa di mio. Ho giornate piuttosto piene, perché ho molti interessi, fra cui la scherma a livello sportivo e ovviamente leggere libri (molti in audio in macchina, per ottimizzare) e fumetti. Oltre a essere uno scrittore apprezzato sei anche un esperto traduttore, tra i tuoi lavori si annoverano Frankenstein di Mary Shelley (Feltrinelli), Dracula di Bram Stoker (Barbera) e La lettera Scarlatta di Hawthorne (Liberamente). Adesso io voglio chiederti: quanto ha influito la traduzione di questi importanti classici nel tuo processo di scrittura? Cosa hai imparato dai maestri del passato? Sicuramente l’utilizzo di vari registri linguistici: se ti ritrovi a dover rendere il dialetto scozzese e passare subito dopo al parlare forbito di un conte, beh, alla fine torna comodo per caratterizzare un personaggio. Riguardo ai fumetti, credo che siano molto utili perché l’inglese è molto più “corto” dell’italiano, quindi devi tradurre, ma anche rendere al meglio in poco spazio ogni singola sfumatura: questo ti abitua alla brevità, al non metterti in trappola da te impantanandoti in periodi contorti e per una scrittura agile penso sia la base. Sulla struttura della trama e su come i tempi narrativi sono cambiati, beh, la traduzione di un classico credo sia un must, come credo che tradurre in genere ti porti a informarti, a imparare cose nuove su culture diverse e abitudini. Una volta mi sono dovuto documentare sul waterboarding e sono incappato in un manuale in pdf di tortura iracheno, forse a volte documentarsi troppo non conviene! Il blocco dello scrittore: ti è mai capitato? E cosa fai per superare l’ostacolo? Ho frequentato un corso di Scrittura Creativa proprio per questo motivo: avevo sempre cercato di scrivere, ma un blocco psicologico me lo impediva. Anche ora scrivere mi mette a disagio, ma la differenza è che ho imparato a essere professionale e se mi viene commissionato qualcosa non declino l’offerta come facevo un tempo. Ho imparato tecniche narrative anche per osmosi, leggendo molto, quindi dove non arriva l’illuminazione arrivano la disciplina e la necessità di tirare fuori qualcosa di decente entro la scadenza: semmai il mio problema è il “taglio del peso”, come nel pugilato, ovvero far rientrare il testo nel numero prestabilito di battute. In genere non credo nell’ispirazione, quella è per i grandi artisti: Dalì poteva pure permettersi di oziare per mesi, io invece sono un artigiano e devo far funzionare le cose costi quel che costi. Tre libri che ti fanno sentire a casa. L’uomo nella casa della carne, di George R.R. Martin, un romanzo breve contenuto nella raccolta Splatterpunk. Mi fa sentire a casa perché a sedici anni lo lessi e ne rimasi colpito, tanto che quando Martin venne al Lucca Comics e io non potei dirglielo di persona causa fila chilometrica di gente che voleva farsi firmare l’autografo, beh, glielo scrissi via mail, dandomi dell’idiota perché non credevo avrebbe risposto, e facendo la stupida scommessa che in caso contrario avrei scritto anche io. Non ci crederai, mi rispose! L’esorcista di William Peter Blatty: questo dovrebbe essere studiato in ogni corso di scrittura creativa, anche dai non amanti dell’horror. La caratterizzazione dei personaggi è così perfetta che la crisi spirituale di Padre Merryn colpisce anche gli atei e l’umanità che traspare da Padre Karras è dipinta in modo perfetto. Blackmoor di Edward Hogan. Quando lavoravo per una casa editrice valutando inediti in Italia mi imbattei in questo gioiello thrillerromanzo di formazione. Dissi che lo avrei tradotto anche gratis, ma non venne opzionato nonostante i pareri positivi… i misteri dell’editoria italiana! Parla della amicizia tra due dodicenni reietti: lui un ragazzo che cerca disperatamente di sapere come è morta la madre, considerata una strega perché albina, lei una ragazza figlia di un’egiziana e vittima quindi di pregiudizi. Non dico altro, a parte che se c’è qualche editore in giro che compra i diritti deve assolutamente farmi un fischio perché rilancio l’offerta della traduzione gratis! Quali sono, secondo te, gli errori di uno scrittore esordiente? Ce ne sono tanti che hanno a che vedere con la mancanza di tecnica e molti altri che hanno a che vedere con la mancanza di umiltà. Metto un po’ di idee così alla rinfusa… Essere letti è un privilegio, quindi bisogna ricambiare questa attenzione che ci viene dedicata con l’intrattenimento; se poi questo non viene capito, inutile frignare che ci sono gli haters cattivi. Il porta a porta è degradante e deleterio: meglio investire il proprio tempo per promuoversi creando contenuti costruttivi nella propria pagina e instaurando rapporti civili nei social – che poi si butti tutto in rissa al giorno d’oggi è un altro paio di maniche. Io preferisco più un approccio zen che il farsi notare indossando la maschera del cattivo o dell’arrogante: più Keanu Reeves, meno Conor McGregor, per un mondo migliore! Ognuno ha il suo scrittore preferito, ma se è uno scrittore pluripubblicato ha uno stile personale e soprattutto sa quanto tirare la corda: se ti piace Stephen King non ha senso usare il narratore onnisciente in modo smodato come lui fa in It, perché It è un’opera unica e a lui si perdona se ha tirato la corda… all’esordiente no. Stessa cosa potrei dire con Lovecraft e le sue descrizioni, Lansdale e le parolacce, ecc. ecc. Uno deve capire dove il professionista sta esagerando volutamente, perché la mancanza di maestria o la clonazione maldestra all’esordiente non viene perdonata. Le EAP credo siano state smascherate ovunque, pure le criptoeap: se ancora credi alla favoletta del pagare per pubblicare meriti l’anonimato. Il presenzialismo nei concorsi

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Il romanzo storico: Intervista a Antonietta Iannone

Di Cristina Ferri Libri di Cristina Ferri Fai clic qui Ciao, Antonietta, e grazie per essere qui con noi di Land Magazine. Parlaci un po’ di te, quando hai iniziato a scrivere? Come nasce la tua passione per la scrittura? Ciao a tutti voi, e grazie per l’invito. Innanzitutto mi presento: sono una trentaduenne appassionata di letteratura, cinema e serie tv; insomma sono una nerd a 360°. Ho iniziato a scrivere pochi anni fa e, come forse tutti gli autori, sono un’avida lettrice, sempre alla ricerca di nuove letture ed emozioni. Ecco come è nata la mia voglia di mettermi in gioco: dal desiderio di creare una storia completamente mia e, di conseguenza, sono nati i miei primi passi nel mondo della scrittura. La strada è ancora molta e ardua, ma cerco di rimanere in pista, seppur tra alti e bassi. Tre libri che hanno condizionato maggiormente la tua vita. 1.Cime tempestose; 2.Orgoglio e pregiudizio; 3.Tess dei d’Urberville. Nel testo Lord Disgrace descrivi due personaggi che appartengono a mondi apparentemente diversi. Lui, un uomo cocciuto e pieno di sé, non fa altro che rimarcare queste discrepanze, prendendosi gioco di lei fino a farle perdere la pazienza – e il tutto pur di non ammettere di essere completamente attratto da quella strega dagli occhi color caffè.  Quali sono le caratteristiche, secondo te, di un personaggio maschile ben riuscito e quali gli errori da evitare? Da quello che ho appreso negli anni, penso che il protagonista maschile debba avere un carattere molto forte, il solito maschio alfa funziona, per intenderci. Il problema è che i cliché mi irritano. Per carità, è giusto dare un’impronta imponente al personaggio maschile, anche l’aria tormentata e dannata non guasta, però poi bisognerebbe mantenere una coerenza, ossia non si può snaturare il carattere dopo cento pagine. Quello, da lettrice, mi darebbe molto fastidio e, ahimè, mi è capitato moltissime volte di leggerlo. Qual è la difficoltà maggiore che uno scrittore trova nella stesura di un romanzo storico? Penso che a volte dipenda dal periodo nel quale s’intende ambientare il romanzo. Esistono alcune epoche più vicine a noi che sono più facili da descrivere poiché, banalmente, abbiamo più informazioni. Mentre per quanto riguarda quelle più distanti (ad esempio il medioevo) le difficoltà si moltiplicano per via della mancanza di fonti precise e attendibili. Sei molto seguita e i tuoi libri riscuotono notevole successo, da dove nasce l’ispirazione per i tuoi testi? La mia ispirazione nasce dalla quotidianità, da tutto ciò che mi circonda. Lavoro, hobby e vita di coppia. Niente di speciale. Presto sarai in libreria con una nuova storia. Vuoi svelarci qualcosa in più? Dunque, ci sono due progetti imminenti. Uno dei due è uno storico ambientato nell’era Georgiana, uno spin off di un romanzo uscito tre anni fa dal titolo Oltre l’inganno. Narra le vicende di una borghese irlandese dalla lingua biforcuta e sagace che si scontra di continuo con il bel conte francese da cui è attratta. Succederà di tutto, ci saranno battute e battibecchi, avventura, nonché una buona dose di spicy che non guasta mai. Ti faccio un grande in bocca al lupo per la tua prossima opera! Ti ringrazio per l’opportunità e la gentilezza riservatemi. È stato un piacere. LEGGI ANCHE società 08.01.23 Il ladro di libri inediti Filippo Bernardini arrestato a New York Lei, mia madre Rischia vent’anni di carcere il trentenne Filippo Bernardini, un italiano arrestato ieri a New York per il furto telematico di centinaia di Read More interviste Sara Rattaro: «Racconto la ricerca di felicità della mia generazione» 07.04.24 scrittura creativa 3 episodi biblici pronti a diventare romanzi bestseller 06.04.24 Cinema Fabrizio Poggi, unico candidato italiano al Grammy Awards per il blues 06.04.24 tech 5 buoni motivi per creare un podcast 05.04.24 storia Quando il sole era la sveglia: la giornata tipo di un contadino del 1700 05.04.24 scrittura creativa L’Info Dumping, ovverosia: come non scrivere un romanzo 04.04.24 società J.K.Rowling e l’accusa di transfobia: una questione incantata o un calderone bollente? 04.04.24 storia Ateismo nel Medioevo: una ricerca quasi eroica tra fede e dubbio 03.04.24

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Sara Rattaro: «Racconto la ricerca di felicità della mia generazione»

Di Francesca Redolfi Guarda su Amazon Partiamo dal presente: chi è Sara Rattaro oggi? Sono una scrittrice, la mia attività principale sono i romanzi. L’ultimo, il ventitreesimo, uscito agli inizi di marzo, è Io sono Marie Curie, la biografia romanzata della grande scienziata. Ho scritto anche romanzi per ragazzi, alcuni per bambini delle elementari: insomma, abbraccio un po’ tutte le fasce d’età. Come seconda attività mi occupo di insegnare nella mia scuola di scrittura La fabbrica delle storie, che ha sede a Milano ma tiene anche lezioni on line. Faccio anche la coach, ovvero aiuto le persone a trovare il modo giusto di raccontare la storia che hanno in testa, e svolgo attività di editing.  Inoltre insieme a mio marito ho una casa editrice, la Morellini editore, per la quale mi occupo della collana Femminile singolare, che pubblica romanzi sulle grandi donne della storia.   Com’è iniziata la sua carriera da scrittrice? Il primo romanzo l’ho pubblicato con Mauro Morellini. Il secondo, Un uso qualunque di te, è uscito nel 2012 con Giunti e ha avuto un successo inaspettato. Non avrei mai immaginato che potesse piacere così tanto, c’è stato un grandissimo passaparola di pubblico. Forse perché ha tirato fuori delle parti femminili che spesso noi donne siamo obbligate a tenere nascoste, o il senso di inadeguatezza che talvolta viviamo. Poi c’è stato Non volare via, la storia di un ragazzino sordo, anche quella importante per la mia carriera.   E poi è arrivato il Premio Bancarella… Con il Premio Bancarella, ottenuto nel 2015 per Niente è come te, c’è stato un riconoscimento da parte del pubblico e per me la consapevolezza che quello doveva diventare il mio mestiere. Io sono laureata in biologia, quindi non ero da sempre convinta di fare la scrittrice. Eppure quella laurea mi è servita molto: oggi posso raccontare di Marie Curie, parlare ai ragazzi di Albert Sabin, Ettore Majorana. In generale trovo utilissimo avere una cultura scientifica. Si pensa erroneamente che per scrivere si debba essere un letterato, almeno su carta, ma in realtà non è proprio così: io ad esempio sono sempre stata una fortissima lettrice, per cui molta della mia cultura letteraria è arrivata da lì.   Ha frequentato anche scuole di scrittura? No, perché quindici anni fa erano proprio poche, c’era solo la Holden, ma era a Torino, io lavoravo a tempo pieno e non mi era possibile frequentarla. Però ho preso lezioni privatamente, ho fatto uno studio “tecnico” sulla scrittura, che è quello che anche io oggi metto a disposizione degli aspiranti autori. Perché, al contrario di quanto si pensa, il mestiere di scrittore è altamente tecnico. Spesso si crede che bastino l’ispirazione e il talento, in realtà le storie devono funzionare, bisogna saperle costruire e avere gli strumenti per farlo. Ci sono tecniche narrative da imparare, come lo show don’t tell, il punto di vista, tanti escamotage… Poi ovviamente la scrittura è la tua, ma c’è tanto da studiare, più di quanto si immagini.   Tornando ai suoi romanzi, ha scritto anche dei libri per ragazzi. A un certo punto mi è stato chiesto di scrivere un romanzo per ragazzi, allora ho deciso di raccontare una storia che mi piaceva molto da piccola, me la raccontava sempre mio nonno. Così, nel 2017 è uscito per Mondadori Ragazzi Il cacciatore di sogni, la vicenda di Albert Sabin, l’inventore del vaccino contro la poliomielite, un vaccino che non ha brevettato e ha voluto fosse sempre di dominio pubblico perché lui era ebreo, aveva subito delle persecuzioni, odiava le discriminazioni. «Il nazismo ha sterminato una parte della mia famiglia – diceva – e io per punizione salverò i bambini di tutto il mondo».   Da quel libro, ha proseguito con romanzi per ragazzi e adulti. Sì, ho continuato a scrivere con un doppio binario. Per ragazzi ho sempre scritto storie di personaggi straordinari ma veri. Una parte del mio lavoro di scrittrice riguarda proprio la ricerca di queste persone e delle loro storie. Credo che per i ragazzi dell’età delle medie sia utile presentare un modello, persone che in una situazione molto difficile hanno fatto qualcosa di grande, e veicolare messaggi molto puliti. Mentre per gli adulti può funzionare anche il personaggio che è sceso a compromessi, con i romanzi per ragazzi ho quest’attenzione a mantenere valori positivi e personaggi privi di lati oscuri.   Lei è anche docente… Per sei anni sono stata docente di scrittura alla facoltà di Scienze della Comunicazione a Genova. Poi ho fondato La Fabbrica delle storie a Milano. Teniamo un corso annuale, ci si incontra una volta al mese, e si arriva alla pubblicazione di racconti. C’è un unico tema su cui stare, quest’anno è “la follia”. Il corso aiuta le persone a capire com’è questo mestiere, dall’editing alle presentazioni, che sono un passaggio fondamentale. I libri oggi non si vendono da soli, bisogna essere bravi promotori di sé stessi.   A questo proposito, com’è stato il suo percorso? La mia fortuna è stata che non mi aspettavo niente. Mi sembrava già una grandissima cosa aver pubblicato un romanzo e che qualcuno che non conoscevo l’avesse letto e apprezzato. Poi ho iniziato a fare quello che tutti dovrebbero fare, ossia farsi conoscere. All’epoca c’era solo Facebook come social, quindi ho sfruttato quel canale, e poi sono andata in giro a fare presentazioni, chiedendo ai librai di darmi spazio, agli amici di portare gente… ovviamente più ti allontani da casa e meno persone conosci e vengono. Ho fatto presentazioni in cui non c’era nessuno. Serve anche questo, sono state ottime scuole di vita. Certo, è un meccanismo che va compreso e che non ti si deve rivolgere contro, ovvero non devi sentirti un fallimento, è normale che sia così: nessuno va alla presentazione di un autore che non conosce. Bisogna incontrare i librai, iniziando da quelli della propria zona, e ampliare sempre un po’ di più…   È un consiglio valido ancora oggi? Oggi le cose sono un po’ cambiate, c’è più possibilità di farsi pubblicità

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Il dopo FRI raccontato da Lidia Ottelli

A cura di vai al libro Nel vivace panorama letterario italiano, il Festival del Romance si è distinto come un faro per gli appassionati del genere, una celebrazione dell’amore in tutte le sue sfumature narrate. Al centro di questo evento straordinario, che ha incantato lettori e autori da ogni angolo del paese, troviamo una figura chiave: Lidia Ottelli. Fondatrice e anima del festival, Lidia ha saputo intrecciare le storie d’amore con la realtà, creando un appuntamento imperdibile per chi crede nel potere evocativo del romance. Dopo l’ultima edizione, che ha visto un’adesione e un entusiasmo senza precedenti, abbiamo avuto l’opportunità di sederci virtualmente con Lidia per riflettere su ciò che succede quando cala il sipario su un festival tanto importante. Lidia, con la sua visione illuminata e la passione che da anni alimenta questo evento, ci ha offerto un punto di vista privilegiato su ciò che significa vivere in prima persona un dopo festival così importante.  E lo ha fatto in un’intervista lampo condotta da Isabella Vinci per Land Magazine.    14 domande botta e risposta con Lidia Ottelli, fondatrice del FRI – Festival romance italiano Quali sono le prime tre cose che hai fatto appena le porte del Forum si sono chiuse alle tue spalle? Le cose che fanno tutti. Tornata a casa. Dormito per giorni e iniziato a organizzare Roma. Qual è il feedback più lusinghiero e quale quello più critico? Lusinghiero, che ho aiutato molti autori. Critico, un insulto bruttissimo che non vorrei ripetere. Come pensi che il festival abbia contribuito alla cultura e alla percezione del genere del romanzo rosa? Spero tanto, ma non credo sia merito nostro se il romance è arrivato in vetta, ma forse un pezzetto è anche grazie a noi. Abbiamo sempre cercato di parlare di rosa e di sostenere il rosa anche quando nessuno voleva farlo. Siamo stati il primo evento in Italia di questo genere sul romance italiano. Ci sono stati momenti o eventi che vorresti migliorare o cambiare per le future edizioni? Bisogna sempre migliorare. Le cose possono essere sempre migliori. Ci sono stati e ci saranno ancora. Immaginavi che dalla tua idea originale il Festival sarebbe diventato un evento di questa portata? No. Sinceramente non avrei mai pensato di andare oltre la prima edizione. Questo è molto gratificante e mi fa sperare per un futuro. Quando siamo partiti eravamo solo dei pazzi che vedevano cose che non c’erano. Ora, siamo ancora pazzi, ma vediamo cose che si possono realizzare. Durante il festival, cosa c’era di vitale nella borsa dell’organizzatrice del festival del romance? Geffer… scherzo, non tanto. Guarda, io tengo sempre con me la mia agenda e una penna, perché scrivo quello che poi sicuramente mi dimenticherei. Una cosa non materiale invece, tanta pazienza. Qual è la lettrice tipo dei romance?  Sognatrice. Romantica. Estroversa. C’è stato un libro o un autore che ha sorpreso te e il pubblico per il suo successo o per la sua ricezione durante il festival? Moltissime, non potrei fare un solo nome. Alcune sono del mondo self e questo fa sperare per il futuro. Ho visto autrici arrivare con sei scatole e andarsene a mani vuote. Se il FRI fosse un romanzo rosa, quale sarebbe il titolo e la trama principale? Un pazzo giorno di marzo. Trama: una giornata in una community pazza per lo stesso genere. Aggiungo che sono pessima per i titoli e le trame. Qual è stata la moda o l’accessorio più inaspettato che hai visto indossare al FRI?  Ho visto indossare di tutto e mi hanno fatto indossare di tutto. Bracciali colorati, cerchietti con stelline, cerchietti con corna, parrucche, occhiali. Vestiti rossi luccicanti. Hostess bellissime. È stato tutto molto colorato e bello. Se potessi scegliere un personaggio di romanzo rosa per presiedere il prossimo festival, chi sarebbe e perché? Oddio. Moltissimi. Dopo l’ultimo FRI un personaggio come guardia del corpo non sarebbe male. Nessuno di psicopatico, un personaggio simpatico che mi faccia ridere e che urli al posto mio!  Se potessi inventare un premio insolito da assegnare in base a quest’anno, quale sarebbe e a chi andrebbe? Io assegnerei a tutti un premio perché gli stand quest’anno erano tutti bellissimi, originali, colorati e divertenti. Premierei la originalità di tutte. Se potessi creare un cocktail ispirato al festival, quali ingredienti avrebbe e che nome gli daresti? Io vado a spritz (sono bresciana). Noi i cocktail super lavorati li evitiamo :D. A parte gli scherzi, qualcosa di dolce e amaro allo stesso tempo, molto ghiaccio, molto alcolico ed esotico. Lo chiamerei: FRI Se dovessi assegnare un superpotere a questo festival, quale sarebbe e come lo userebbe per combattere il crimine (o la monotonia)? La pazienza è un potere? Perché quest’anno credo che sia stato il nostro super potere. L’abbiamo usata contro molte persone. Quale meme descriverebbe meglio l’esperienza di quest’anno? L’urlo di Munch. Sì, proprio quello Scopri Land Magazine admin Marzo 31, 2024 Esercizio gratis di scrittura creativa: La città sommersa Eccoci con l’appuntamento domenicale in cui forniremo agli scrittori o aspiranti tali che seguono Land magazine un esercizio gratis di scrittura creativa. Gli obiettivi di questo esercizio, dal titolo La città Read More admin Marzo 31, 2024 Cosa si mangiava a Pasqua nel medioevo? Immergersi nelle tradizioni pasquali del Medioevo è un viaggio affascinante attraverso usanze, credenze e, soprattutto, sapori che sembrano ormai lontani secoli da noi. Il periodo medievale, con la sua straordinaria Read More Cristina Ferri Marzo 31, 2024 Arte: il meraviglioso mondo di Bella e Chagall Di Cristina Ferri Libri di Cristina Ferri Fai clic qui Voglio raccontarvi di un amore immenso, onirico, fiabesco, ovvero quello tra Bella Rosenfeld e il pittore bielorusso Chagall. Nelle maggiori Read More admin Marzo 30, 2024 Festeggia la Pasqua in verde: guida per una celebrazione eco-sostenibile La Pasqua è alle porte, e mentre ci prepariamo a celebrare con gioia, perché non dare un tocco eco-friendly a questa festa così speciale? Immaginate una Pasqua dove, oltre a Read More admin Marzo 30, 2024 Ricetta libresca: la burrobirra La burrobirra, la leggendaria bevanda

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