Ah, il Black Friday! Il giorno dell’anno in cui la gente si sveglia alle 4 del mattino non per meditare, non per fare yoga, ma per accaparrarsi un televisore a metà prezzo e, perché no, lottare corpo a corpo con il vicino di scaffale per un aspirapolvere. Ma come è nata questa tradizione che trasforma persone altrimenti civili in guerrieri da centro commerciale? Preparati, perché la storia del Black Friday è più intricata di uno scontrino a fine giornata.
Non c’entra niente il Venerdì Santo
Prima di tutto, chiariamo una cosa: il Black Friday non ha nulla di sacro. Il nome “Black” (nero) potrebbe far pensare a qualcosa di cupo o solenne, ma in realtà è nato per un motivo molto più prosaico: i commercianti. Negli anni ’60, i negozi americani iniziarono a usare l’espressione “Black Friday” per descrivere il giorno successivo al Thanksgiving, quando finalmente riuscivano a portare i conti “in nero” (cioè in attivo). Prima di allora, molti erano “in rosso” – o, detto con più poesia, sull’orlo del fallimento.
Insomma, il Black Friday è stato la cura al male dei conti aziendali, una festa commerciale travestita da tradizione, e un modo per convincere le persone che svegliarsi presto il venerdì mattina fosse una buona idea.
Ma perché “black”?
Se pensi che il nome sia nato tra sorrisi e gratitudine, ti sbagli di grosso. La prima volta che si sentì parlare di “Black Friday” fu nel 1869, quando due astuti speculatori di Wall Street, Jay Gould e James Fisk, tentarono di monopolizzare il mercato dell’oro. L’operazione andò malissimo, causando il crollo della borsa e lasciando molte persone in rovina.
Decenni dopo, negli anni ’50, il termine tornò in voga a Filadelfia, ma con un’accezione diversa. Lì, i poliziotti lo usavano per descrivere il caos totale che seguiva il Giorno del Ringraziamento: traffico impazzito, negozi affollati, e un esercito di acquirenti pronti a tutto. In altre parole, il Black Friday era una giornata infernale, e non perché c’era uno sconto del 50% sui tostapane.
L’ascesa del venerdì dello shopping
È stato solo negli anni ’80 che il Black Friday è passato da incubo logistico a evento commerciale di massa. I negozi, fiutando l’opportunità, iniziarono a promuovere sconti folli per attirare orde di clienti. Da quel momento, il Black Friday divenne sinonimo di “compra tutto quello che puoi prima che lo faccia qualcun altro”.
Con il passare del tempo, si è trasformato in un fenomeno globale. Non importa se in molti paesi il Thanksgiving non esiste: il Black Friday è arrivato ovunque, come un regalo della globalizzazione, dimostrando che l’amore per gli sconti è una lingua universale.
La battaglia per lo sconto perfetto
Dai centri commerciali presi d’assalto alle scene epiche di gente che si accapiglia per l’ultimo televisore da 60 pollici, il Black Friday è diventato sinonimo di caos. Negli Stati Uniti, è famoso per le code infinite e le storie di “battaglie” tra acquirenti. Altrove, è una giornata di shopping online (grazie Amazon!) in cui si può combattere comodamente dal divano.
E non dimentichiamo il “Blue Monday” che segue: quel giorno in cui controlli il saldo del conto e ti accorgi che il 70% di sconto sul robot da cucina non era poi così conveniente.
Cyber Monday e Black Week: quando un giorno non basta
Ovviamente, un solo venerdì non era sufficiente per placare la sete di sconti. Così è nato il Cyber Monday, il lunedì dedicato agli sconti online, per chi preferisce cliccare invece di spingere. E ora c’è persino la Black Week, perché, diciamolo, sette giorni di shopping compulsivo sono sempre meglio di uno solo.
Black Friday: amore e odio
C’è chi lo ama, chi lo odia e chi lo vede come un rito di passaggio verso il Natale. Ma una cosa è certa: il Black Friday è l’ennesima prova che l’essere umano farà di tutto per un affare, anche sfidare il traffico, il freddo e le proprie finanze.
Quindi, la prossima volta che ti svegli alle 5 del mattino per fare la fila fuori dal centro commerciale, ricordati: sei parte di una lunga, gloriosa e un po’ folle tradizione.
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