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Vita e misteri di Mary Stuart – Settimo capitolo

Di Cristina Ferri Libri di Cristina Ferri Fai clic qui LEGGI ANCHE società 08.01.23 Il ladro di libri inediti Filippo Bernardini arrestato a New York Lei, mia madre Rischia vent’anni di carcere il trentenne Filippo Bernardini, un italiano arrestato ieri a New York per il furto telematico di centinaia di Read More storia Shoah, Olocausto e genocidio: Le differenze e il significato di tre termini fondamentali 23.01.25 firstletter Vita e misteri di Mary Stuart – Secondo capitolo 23.01.25 storia La maledizione dell’anno zero di Abramo Lincoln: storia, mito e qualche risata 23.01.25 Cinema Miss Austen: la nuova miniserie della BBC che celebra il legame tra Jane Austen e sua sorella Cassandra 23.01.25 società Se i compiti a casa li fa ChatGPT 23.01.25 società Addio a Cioè: la fine di un’era per la storica rivista 22.01.25 scrittura creativa Scrivere un romanzo: la parola FINE è solo l’inizio della fine 22.01.25 libri Non si è quanti – e quali – libri si legge: ovvero cronaca di un lettore moderno 21.01.25 L’ascesa di Bothwell e la fine di Darnley Come poteva una regina delusa da un marito ubriacone e facilmente manipolabile come Darnley non innamorarsi del temerario James Hepburn, IV conte di Bothwell? «Un toro maschio e selvaggio» così viene descritto nella biografia di Zweig. «Gioie violente hanno violenta fine», recitava Shakespeare in Romeo e Giulietta, e tale tragico destino tocca a Mary Stuart. Questo amore improvviso la distrugge, la fa precipitare nel vuoto. Lei è una regina sposata, non può avere pretese su di lui; deve accontentarsi di averlo come amante. Anche Bothwell è sposato, per giunta con una donna che è stata lei stessa a scegliere. Che possibilità hanno i due di vivere insieme, se non uccidendo i rispettivi consorti? Ma se Bothwell considera Mary Stuart come un diversivo e non si lascia irretire da un bel viso e da una passione violenta, Mary è completamente presa da lui. Finisce con l’ammalarsi per quest’uomo temerario che non ha paura nemmeno della morte, è colta da febbri e da forti tumulti interiori. Per giorni resta nelle sue stanze, in preda ai singhiozzi, sull’orlo della follia. Ripete sempre: “Vorrei morire” si legge nella biografia di Zweig. Impotente dinanzi ai suoi stessi sentimenti sa che l’unico modo che ha per tenere Bothwell ancorato a sé è la promessa della corona. Ma come fare con suo marito ancora in vita? Presto viene ordito un piano: Bothwell ucciderà il re di Scozia, e in cambio riceverà la corona. La malattia di Darnley ostacola però l’intrigo: come può Bothwell uccidere il re se questi si trova presso la casa del padre? Sarà Mary Stuart stessa ad andare incontro al suo amato, correndo a Glasgow per riportare il marito a Edimburgo, nelle mani del suo impaziente assassino. Mary riesce a strappare l’ingenuo Darnley dalle cure paterne. Lo consola, lo convince a viaggiare, malato e debole, e lo sistema in una casa sperduta scelta proprio da Bothwell. Poco dopo la sistemazione di Darnley a Edimburgo, accidentalmente la casa va a fuoco e l’uomo viene ritrovato morto in giardino. L’accusa Qualsiasi individuo invischiato in una faccenda di omicidio avrebbe fatto due cose: confessare o negare. Mary Stuart non riesce a fare nessuna delle due. Non riesce a piangerlo come aveva fatto per il primo marito Francesco né riesce a mentire dinanzi alla corte. Non cerca di indagare, non fa finta di cercare l’assassino di suo marito, rendendosi di fatto complice di questo omicidio. Sarà questo suo comportamento ambiguo a tradirla. «Resta rigida e muta» scrive Zweig. Mary è sconvolta; forse non sarebbe arrivata a tanto, ma avrebbe fatto di tutto pur di non perdere la stima di Bothwell. Quando il nome del suo amante comincia a circolare come papabile assassino di suo marito, Mary Stuart si avvicina a lui anziché punirlo in pubblica piazza, facendo ricadere le accuse anche su se stessa. Fortunatamente, durante il processo, tutte le accuse su Bothwell cadono per mancanza di prove, e Mary Stuart è per ora salva.  

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Mondo regency in pillole

Di Cristina Ferri Libri di Cristina Ferri Fai clic qui LEGGI ANCHE Mondo regency in pillole Passatempi in era regency Tra i passatempi in epoca regency abbiamo la lettura, la musica, il cucito, le passeggiate all’aria aperta (a piedi e in carrozza), i giochi da tavolo. Tra i più importanti giochi da tavolo si annoverano: whist, cribbage, bestia, quadriglio, sciarada. Un altro esempio di intrattenimento riguarda le rappresentazioni teatrali in casa che venivano fatte spostando mobilia e utilizzando travestimenti per interpretare una parte. Cibi e bevande In epoca regency la tavola da pranzo non veniva apparecchiata in modo elegante come si fa oggi. Doveva servire al suo scopo primario: mangiare. Tra i cibi comuni troviamo: ragù di vitella, focaccine dolci, minestre, budini, cotolette di maiale e pappa d’avena, mentre tra le bevande non possono mancare tè, tisane e punch. Abiti Tra gli elementi di un abito regency troviamo: mussola, popeline, lunghi vestiti gonfi, lino irlandese, cappello di paglia, guanti e cuffietta. L’abito doveva essere diverso a seconda dell’occasione: da giorno, da sera, da caccia, ecc… Guai a uscire per una passeggiata senza cappellino o cuffia! Accessori Scialle, cuffia, guanti, parasole, ventaglio… questi erano solo alcuni degli accessori che venivano utilizzati in epoca regency. Il cappello di paglia era ritenuto molto elegante. Inoltre, la scelta dei colori in questa epoca diventa essenziale. Sacrilegio abbinare un abito che non doni all’incarnato! Meglio optare per colori chiari o pastello. Abbigliamento intimo In epoca regency non si usavano le mutande, bensì la chemise (camicia) in cotone bianco che è decisamente più corta rispetto a un vestito. Abbigliamento maschile La moda interessava anche gli uomini, quindi sì a panciotti e cappotti con colli alti e camicie di lino, spesso abbinate a cravat alla moda. Il lutto Durante il lutto quelli che non potevano permettersi cappellini e cuffie si limitavano a un nastrino o a un tocco di nero. I più poveri erano costretti a tingersi gli abiti. Se ti è piaciuto questo articolo continua a seguirci su Land Magazine

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Grandi donne nella storia: Artemisia Gentileschi

Di Cristina Ferri Libri di Cristina Ferri Fai clic qui LEGGI ANCHE Artemisia Gentileschi: una grande pittrice italiana Un padre opprimente, l’abuso in casa, la derisione, un marito freddo e pieno di debiti, quattro figli meravigliosi, l’amore vivido e sincero verso la pittura I primi anni Artemisia nasce a Roma l’8 luglio 1593, primogenita di sei fratelli. Orfana di madre, si avvicina sin da subito alla pittura; suo padre, Orazio Lomi Gentileschi, è infatti un rinomato pittore. È lui a ispirarla, a guidarla e a influenzarla. Dai pittori del tardo Rinascimento a Caravaggio, Artemisia impara a maneggiare l’arte e la pittura. Studia essenzialmente in casa, dato che la pittura era considerata pratica maschile. Anni 1608-1609 Artemisia Gentileschi comincia a lavorare sulle tele del padre e nel 1610 produce l’iconica tela Susanna e i vecchioni. Nel 1612 Gentileschi è ormai un’esperta pittrice. In una missiva alla granduchessa di Toscana del 1612, Orazio loda le competenze della figlia dopo soli tre anni di apprendistato. Lo stupro Nel 1611 Orazio decide di mettere sua figlia sotto la guida del pittore Agostino Tassi. Quest’uomo, però, la violenta all’interno della sua abitazione e poi le promette il matrimonio. Quando Orazio scopre che l’uomo è già sposato, sporge denuncia contro di lui. Il 27 novembre 1612 Agostino Tassi viene condannato a cinque anni di reclusione o, in alternativa, all’esilio da Roma. Ma l’uomo non scontò mai la pena e la reputazione di Artemisia viene compromessa. Orazio organizza un matrimonio riparatore per garantire la rispettabilità della figlia e, il giorno successivo al processo, Artemisia Gentileschi sposa il pittore Pierantonio Stiattesi e lo segue a Firenze, dove viene introdotta nella corte di Cosimo II Lomi e nel circolo fiorentino da Michelangelo Buonarroti il giovane, che le procura commissioni. Nel luglio 1616 viene ammessa all’Accademia delle arti del disegno di Firenze. Nonostante i successi lavorativi, però, la sua vita privata è in declino. Suo marito, freddo e distante, ben presto si indebita, ma le regala comunque quattro figli. Da Roma a Napoli Artemisia pensa di trasferirsi di nuovo a Roma. Non solo a causa dei problemi economici del marito, ma anche per via dello lo scandalo secondo il quale Artemisia aveva una relazione clandestina con Francesco Maria Maringhi. Nel 1620 Artemisia torna dunque a Roma. Adesso non è più vista come la bambina inesperta che porta il nome del padre, ma è una pittrice ammirata. Per cercare migliori commesse, si stabilisce per tre anni a Venezia. Nel 1630 si reca a Napoli. Lì trova una seconda casa e, per la prima volta, si ritrova a dipingere tre tele per una chiesa, la cattedrale di Pozzuoli al Rione Terra: San Gennaro nell’anfiteatro di Pozzuoli, l’Adorazione dei Magi e i Santi Procolo e Nicea. Nel 1638 raggiunge Orazio a Londra e lì comincia una sua attività in autonomia che continua anche dopo la morte del padre avvenuta nel 1639. Gli ultimi anni Nel 1649 si trova nuovamente a Napoli. Muore probabilmente durante la peste del 1656.  

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Vita e misteri di Mary Stuart – Capitolo sei

Di Cristina Ferri Libri di Cristina Ferri Fai clic qui LEGGI ANCHE società 08.01.23 Il ladro di libri inediti Filippo Bernardini arrestato a New York Lei, mia madre Rischia vent’anni di carcere il trentenne Filippo Bernardini, un italiano arrestato ieri a New York per il furto telematico di centinaia di Read More firstletter Vita e misteri di Mary Stuart – Capitolo sei 20.03.25 howto Cinque piante magiche che alleviano lo stress 20.03.25 libri Un libro per la primavera 19.03.25 storia Donne nella storia: Frida Kahlo 19.03.25 storia La notte in cui nel Reich bruciarono i libri: il rogo della cultura sotto il nazismo 19.03.25 Cinema Un film per la festa del papà: Tutta colpa di Freud 18.03.25 Eventi Auguri papà! Consigli librosi per la tua festa 18.03.25 News Un francobollo dedicato a Ernestina Paper 18.03.25 “Heart of wax”[1] Fine del secondo matrimonio Mary Stuart rimane incinta e, in aggiunta alla rottura che questo matrimonio ha portato con il fratellastro e la cugina Elisabetta, ben presto scopre di essere ancora più sola. L’uomo che ha sposato si rivela infatti malvagio, rozzo, e ben lontano da quei versi poetici tanto amati dalla sovrana. «Parla rozzamente e ad alta voce, si ubriaca coi suoi compagni e, una volta che la regina cerca di allontanarlo da tale indegna compagnia, la tratta in maniera così mortificante che essa scoppia a piangere per questa pubblica umiliazione.»[2] Adirata per essersi concessa a un uomo simile, Mary finisce per togliergli tutto e si avvicina sempre più a Davide Rizzio, un musicista che ben presto finisce per divenire importante nella sua corte, fino a raggiungere la posizione di suo segretario. Questa vicinanza non fa che aumentare il malcontento dei lord protestanti, timorosi della sconfitta della Riforma, e del marito stesso, che non si sente più messo al centro dell’attenzione. L’uccisione di Rizzio I pettegolezzi a corte corrono veloci, e quando alle orecchie del re ormai messo da parte arriva la voce che sua moglie potrebbe intrattenersi anche di notte con questo suo nuovo amico, impazzisce. Proprio come Otello, che cade nella trappola della gelosia e arriva a perdere il senno a seguito di un semplice dubbio esternatogli da Iago, un singolo fazzoletto diventato la prova tangente dell’infedeltà di Desdemona, così Mary Stuart passa dall’essere considerata una moglie devota a traditrice. «I sospetti sono per loro stessa natura come veleni» scriveva Shakespeare nel III atto. Ma la sete di vendetta di questo marito rozzo e geloso non si limita alla sola uccisione di Davide Rizzio; l’uomo ha infatti in mente un piano: sua moglie deve assistere alla morte dell’amante. La notte dell’assassinio di Rizzio, Mary Stuart rimane impotente dinanzi all’ira di Darnley. Non può fare nulla per salvare il suo amico dalla morte, ma nel suo cuore si instilla una certezza: non perdonerà mai suo marito per la sua assurda crudeltà. Per lei, quel 9 marzo, suo marito è morto assieme a Rizzio. Gli anni di rivalità con sua cugina Elisabetta l’hanno resa un’abile giocatrice; il modo in cui colpirà suo marito sarà mediante l’inganno. In seguito all’uccisione di Rizzio, segregata da Darnley, con l’astuzia riesce a vincere questa prima battaglia contro di lui. Finge di avere le doglie, e il marito, preoccupato, l’assiste. In quest’occasione Mary Stuart riserva al marito dolci parole ma nel suo intimo cova un odio e una rabbia mai provati prima. «Solo il pensiero della vendetta occupa ora la sua mente» scrive Zweig. Davide Rizzio sarà vendicato, e il re di Scozia, dopo aver perso ogni influenza sulla corte, verrà ucciso. La discesa di Darnley Dopo essersi fatta liberare con l’astuzia, Mary punisce il marito pubblicamente, e nel modo più meschino: mettendogli tutta la corte e i lord contro. Gli fa dichiarare apertamente di non aver messo in atto la morte di Rizzio, e una simile menzogna, dopo aver tanto complottato, si ripercuote contro di lui. Da quel momento Darnley sarà solo, e pagherà a caro prezzo l’uccisione di Rizzio. La nascita di Giacomo Mary lascia Holyrood e si reca a Edimburgo per partorire. Il 9 luglio nasce Giacomo, futuro unificatore del regno di Scozia e Inghilterra. Per paura che possano dichiarare suo figlio illegittimo, a causa degli stessi pettegolezzi che hanno portato all’assassinio di Rizzio, Mary Stuart afferma solennemente che Darnley è il padre del bambino. Dopo il parto, il re comincia a divenire sempre più insignificante a palazzo. Non ha voce in capitolo, non viene chiamato durante le riunioni e viene rifiutato dalla moglie in camera da letto. La sovrana vorrebbe tanto liberarsi di lui, ma deve resistere: presto Giacomo sarà battezzato, e lei non vuole che la legittimità di suo figlio venga compromessa. Si limita dunque a ignorare il marito, a trattarlo come una nullità. Sarà inevitabile, visti gli eventi, che il cuore di Mary Stuart inizi a pulsare per un altro uomo, un uomo che la dominerà completamente… Un uomo che ha già tutto, e che non si farebbe mai prendere in giro come Darnley [1] Dal testo di Stefan Zweig, Vita di Maria Stuarda: la rivale di Elisabetta I d’Inghilterra, Bompiani, 2013, si legge che questo è l’appellativo che Mary Stuart darà a suo marito Darnley [2] Stefan Zweig, Vita di Maria Stuarda: la rivale di Elisabetta I d’Inghilterra, Bompiani, 2013

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Un francobollo dedicato a Ernestina Paper

Di Cristina Ferri Libri di Cristina Ferri Fai clic qui LEGGI ANCHE società 08.01.23 Il ladro di libri inediti Filippo Bernardini arrestato a New York Lei, mia madre Rischia vent’anni di carcere il trentenne Filippo Bernardini, un italiano arrestato ieri a New York per il furto telematico di centinaia di Read More News Un francobollo dedicato a Ernestina Paper 18.03.25 howto Pietre positive da tenere in casa o in ufficio 14.03.25 howto Come allontanare i vampiri: tra leggenda e verità 13.03.25 howto Il malocchio: antica stregoneria, rito religioso o semplice credenza popolare? 12.03.25 recensioni Recensione de Il Cavaliere d’Inverno di Paullina Simons: una storia d’amore indimenticabile 12.03.25 storia La caccia alle streghe non è un’invenzione del medioevo, ma dell’età moderna 12.03.25 Music Rubrica Opere Liriche in Poche Parole – Puntata 8: Don Giovanni 12.03.25 lavoro Vuoi fare l’illustratore? I 4 consigli di Matteo Della Libera per evitare il baratro (e vivere felice) 12.03.25 Un francobollo dedicato a Ernestina Paper. Grazie alla scrittrice Lisa Romanò, che ha contattato personalmente il Ministero delle Infrastrutture, da oggi sarà possibile. Vediamo insieme chi era Ernestina Paper Ernestina Puritz-Manassé, la prima donna medico in Italia dopo la nascita dello stato unitario. Nata a Odessa nel 1846 da una famiglia agiata di origine russa, adotta il cognome del marito: Giacomo Paper. Dopo gli studi a Odessa si iscrive all’Università di Zurigo, la prima ad aprire le porte alle donne. L’impero zarista riteneva infatti che lo studio per le donne potesse essere inutile o addirittura dannoso. Nel 1872 si trasferisce in Italia e si iscrive all’Università di Pisa, dove frequenta la facoltà di medicina. Nel 1875 si trasferisce a Firenze per la specializzazione e, una volta laureata, incomincia a esercitare. Si dedica alle malattie per donne e per bambini e spesso lavora privatamente e in maniera gratuita. Le donne, discriminate nel pubblico, erano infatti costrette a esercitare privatamente. “Quando ho scoperto la sua storia, ho sentito subito il bisogno di farla conoscere” scrive Lisa Romanò, in arte Andelon Curse. E ancora: “I francobolli, infatti, non sono solo pezzi di carta: sono storie che viaggiano.”      

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