Le guerre nell’immaginario: lo scrittore Alessandro Ricci spiega il ruolo dei conflitti nei libri fantasy

A cura di

FANTASY E GENITORI : DUE MONDI INCOMPATIBILI?

Il sole sta tramontando, fuori fa freddo. Una tazza di tè e un telefono, eccomi pronta per una chiacchierata con Alessandro Ricci, autore di libri per bambini e ragazzi.

Sorriso timido e sguardo vivace, Alessandro ha proprio la faccia del bravo ragazzo. Classe 1981, ha all’attivo già cinque pubblicazioni.

Parliamo un po’ del tuo ultimo libro La leggenda degli unici edito Solferino. Nel tuo libro diciamo che in generale gli adulti non fanno una gran bella figura. Perché?

Ti dirò, spesso nella letteratura per ragazzi gli adulti ricoprono proprio questo ruolo. Nella preadolescenza e adolescenza effettivamente cominciamo a vedere gli adulti e i genitori non più come i detentori del sapere, del modo giusto di fare le cose o di comportarsi e cominciano quindi a nascere i primi dubbi e nascono i primi contrasti. Capiamo che anche i genitori sono fallaci.

Volendo rappresentare dei ragazzi in crisi, soprattutto con il mondo degli adulti che li etichetta, gli avversari in questa storia (soprattutto nel mondo reale) sono diventati i genitori e i professori, che rappresentano proprio la fonte del malessere dei ragazzi, perché il loro modo di vedere il mondo è completamente diverso da quello dei ragazzini e questo porta a scontrarsi.

Il libro è comunque raccontato dal punto di vista dei ragazzi, quindi non è detto che i genitori siano proprio così tremendi, così limitanti e in difficoltà, è la visione dell’adolescente che li vede così durante quel momento particolare della sua crescita.

Come mai nei libri per ragazzi, soprattutto nel genere fantasy, spesso i genitori non ci sono? Orfani, semi orfani – ragazzi con genitori assenti…

Credo sia dovuto al fatto che i protagonisti delle storie devono avere una mancanza, che spesso si traduce nella voglia di intraprendere l’avventura, di cambiare qualcosa nella loro vita.

Un genitore che non interpreta bene il proprio ruolo o addirittura è mancante (perché lontano, disattento o addirittura morto) rappresenta proprio il conflitto maggiore che può avere un protagonista di quell’età, nella quale le figure genitoriali sono così importanti.

Credo che questa grossa sfortuna legata ai genitori dei protagonisti del fantasy, ma non solo, di gran parte della letteratura per ragazzi, sia dovuta proprio alla volontà di creare proprio questo conflitto.

Nel tuo libro ci sono quattro personaggi principali, tre ragazzini ed una ragazzina, Davide, Roberto, Marco e Amelia. Nel mondo reale hanno quattro famiglie molto diverse ma ugualmente problematiche. Come mai hai scelto di rappresentare queste famiglie?

Mi risponde sorridendo, con uno degli incipit più belli e riusciti della storia della letteratura, Anna Karenina, che recita “le famiglie felici sono tutte uguali, le famiglie infelici sono ognuna infelice a modo suo” .

Poi continua:

È questo il mood che volevo creare. In una famiglia perfetta e felice, irreale peraltro, non c’è conflitto. Se non c’è conflitto, non c’è storia. Le mie quattro sono famiglie leggermente disfunzionali, neanche troppo a dir la verità, perché appunto mi serviva un conflitto di partenza, che rendesse i ragazzi dei protagonisti.

Perché quindi, se l’immagine di famiglia è così sgangherata e piena di problemi, far leggere i fantasy ai bambini e ai ragazzini? Ha senso fare, come propongono alcuni genitori, una pre-censura, una cernita preventiva?

Sicuramente sul fatto di fare una cernita su ciò che leggono i bambini e ragazzi… ecco, i genitori dovrebbero informarsi su ciò che piace ai propri figli, ma non credo che il fatto che possano leggere racconti in cui ci sono famiglie disfunzionali (ad esempio un padre assente, oppure che non ricopre il suo ruolo con attenzione) possa creare problemi di nessun tipo a un giovane lettore. Non credo che a quell’età non sappiano che esistono situazioni simili o che tutte le famiglie non siano come quelle del Mulino Bianco. Sanno che tutte le famiglie hanno dei problemi ed è giusto che possano anche leggerne ed empatizzare.

Certo, è un’età delicata, in cui tutte le sensazioni sono assolute (l’amore, il senso di ingiustizia, l’incomunicabilità, il sentirsi soli e incompresi dal mondo adulto) e questo rende i genitori e gli adulti degli avversari – o almeno, questa è la visione filtrata dagli occhi dell’adolescente. Senza contare che le famiglie non canoniche, non perfette esistono e solo la maggioranza.

Conveniamo infatti entrambi che proibire o censurare delle letture non serve a granché, semmai è più utile spiegare e contestualizzare, qualora il lettore ne avesse bisogno.

Hai figli? E so che non si chiede a un genitore di scegliere, ma tra i tuoi figli letterari, i quattro ragazzini protagonisti di questo libro, Davide, Roberto, Marco e Amelia, quale ti somiglia di più? Ti sei ispirato a ragazzini reali, figli di amici, ecc.?

Al momento non ho figli, anche se mi sono sempre immaginato padre nella mia vita. Spesso nella vita mi sento più vicino ai ragazzi perché non ho di carattere un ruolo oppositivo. Anche ora che ho un’età avanzata (ndr: rido perché ha poco più di quarant’anni!) continuo ad avere come in passato un gran feeling con bambini e ragazzi ma penso che forse non sarei un gran padre, perché tendo sempre a schierarmi dalla parte dei ragazzi, anche quando le azioni sono sconsiderate… non mi ci vedo a porre limiti e dare divieti, come un buon genitore deve saper fare, quindi vivo questo pensiero della genitorialità in modo un po’ ambiguo, almeno per ora. Vorrei tanto avere un figlio, ma spesso mi chiedo se sarei un buon genitore.

Sorride e continua: “Nei miei figli letterari ci sono, come sa ogni autore, scampoli di realtà, sia persone che incontriamo e conosciamo, sia a livello autobiografico. Sicuramente Davide mi rappresenta tantissimo per il mio lato più insicuro, introverso, timido che avevo molto sviluppato in preadolescenza e adolescenza, a livelli che mi impedivano proprio di avere relazioni sociali. Roberto rappresenta il mio lato astrattivo, quella incapacità di concentrazione, la mia propensione al pensiero fantastico, che invece ho ancora, non ho superato crescendo. Amelia è simile ad alcuni tipi di ragazze che ho incontrato e conosciuto.

Marco mi serviva nella narrazione, era necessario ed è il personaggio che ho più immaginato e meno conosciuto, perché ho avuto esperienza di ragazzi aggressivi ma mai dei sentimenti che poteva provare lui.

Ho cercato di creare delle “categorie contenitore”, chiamiamoli stereotipi, però adattandoli e cercando di non renderli troppo cliché. Volevo che il libro parlasse di categorie in cui gli adulti infilano tutti noi, perché la semplificazione è più facile che l’approfondimento. Il focus del romanzo è cercare la propria personalità al di là delle etichette che ci vengono affibbiate, quindi ho cercato di far uscire i personaggi, lungo la storia, dai loro limiti e confini.

Confermo, ho letto il libro, che consiglio! Credo che ognuno di noi possa rivedersi in uno o più dei ragazzi, ritrovarsi adolescente in una delle loro situazioni o riconoscersi, perché no, in uno dei genitori. Oltre al mondo reale poi c’è tutto il mondo fantastico, Elmoni, che è pieno zeppo di personaggi fantasiosi, di poteri magici e capacità da acquisire, di sfide da compiere al di là e al di qua del tendone del giostraio, che funziona un po’ da adescatore e un po’ da mentore. Una storia che contiene molte storie, le prime delle quali sono proprio quelle di questi quattro ragazzi.

Ps. sì, se ve lo state chiedendo, io mi sono rivista moltissimo in Amelia!

Tu che tipo di figlio eri e sei, che tipo di genitore vorresti essere?

Io sono sempre stato un ragazzo molto sensibile, molto pigro, credo di aver dato qualche delusione ai miei genitori in ambito scolastico ma non preoccupazioni, sono sempre stato molto calmo; sono molto legato alla mia famiglia, i vincoli parentali per me sono molto importanti, verso i miei genitori e le mie sorelle. Credo, in fondo, anche se non li ho riempiti di orgoglio nei miei anni da studente, di essere stato un buon figlio. Sono sempre stato rispettoso, anche durante gli scontri più accesi, durante la guerra adolescenziale.

Come padre mi vedo forse un po’ troppo permissivo, incapace di mettere dei limiti; vedremo quando sarà, magari è solo una visione che ho ora, poi le responsabilità potrebbero cambiare questo mio modo di essere e potrei stupirmi.

 

Concludo l’intervista augurando ad Alessandro e alla sua Stefania (scoprite la romanticissima dedica sul libro) il meglio!

Ps. Trovate “La leggenda degli unici” in tutte le librerie.

Iscriviti a Land Magazine

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER E OGNI DOMENICA RICEVERAI LE MIGLIORI NOTIZIE DEL NOSTRO MAG NELLA TUA CASELLA EMAIL.

Ed è gratis!

Non inviamo spam! Leggi la nostra Informativa sulla privacy per avere maggiori informazioni.

Consenso ai cookie con Real Cookie Banner