Vita e misteri di Mary Stuart – capitolo decimo

Di Cristina Ferri

Condanna a morte e
decapitazione

Il complotto Babington

Ordinato da Cecil e Walsingham, il complotto Babington è un piano studiato a tavolino per attentare alla vita della regina Elisabetta e fare in modo che Mary Stuart vi resti invischiata, macchiandosi di alto tradimento.

Mary Stuart non è più la giovane impulsiva disposta a perdere se stessa tra le braccia di Bothwell; è adesso una quarantenne stanca, per la precisione «una donna spenta e malata» scrive Zweig, che inizia ad accusare i primi acciacchi, che soffre di reumatismi e che non lotta più per il regno d’Inghilterra, ma solo per la propria salvezza.

Per tanti anni la sovrana scozzese ha complottato segretamente per la propria liberazione; lo ha fatto scrivendo lettere di nascosto, invocando l’aiuto di lord e fedeli cattolici; ha perfino chiesto l’intervento di suo figlio Giacomo VI.

Ma Giacomo è un ragazzo corrotto, cresciuto alla corte di Elisabetta; «un bambino strano, che non parla molto» ci dice Zweig. Il futuro sovrano di Scozia e Inghilterra sa che sua madre Mary Stuart si è macchiata di omicidio assieme al suo amante; non è interessato ad aiutarla. La rendita che gli dona Elisabetta è per lui sufficiente.

Mary Stuart è adesso sola, e questo piano è stato architettato dai suoi nemici protestanti, gli amici intimi della corona inglese, per segnare la sua fine.

Anthony Babington, giovane cattolico convinto e appassionato sostenitore di Mary Stuart, cade egli stesso nel tranello. La sua unica intenzione è liberare e mettere in salvo la regina cattolica, ponendosi come l’eroe di quest’impresa, ma quando gli giunge voce che è in atto un complotto per assassinare Elisabetta, compie un passo falso: chiede a Mary una prova scritta della sua complicità.

La sovrana scozzese ingenuamente la concede, e la corte inglese adesso non ha più dubbi: Mary Stuart va condannata a morte per attentato alla vita della regina di Inghilterra. Solo una cosa potrebbe scagionarla ora: la grazia di Elisabetta stessa.

Quest’ultima è devastata da questa decisione: un conto è far cadere sua cugina in trappola e trattenerla come prigioniera nei suoi castelli, un altro è condannarla a morte. Mary Stuart è una regina consacrata da Dio, e lei non può non tenerne conto. Le scrive un’ultima lettera nella quale chiede una reale ammissione del suo peccato, ma Mary non cede; non vuole essere assolta, e viene di fatto condannata alla decapitazione per alto tradimento.

Decapitazione e ultimi istanti di vita

Mary Stuart vede la morte come la fine di tutte le ingiustizie subite. Ascolta il verdetto serena. «I suoi lineamenti hanno un’espressione così serena e quasi allegra» si legge nella biografia di Stefan Zweig. Anche in questo caso la corte inglese non si mostra permissiva nei confronti della regina cattolica, e le nega perfino l’estrema unzione papista.

La notte prima della sua decapitazione, Mary Stuart prepara ogni cosa con precisione. Scrive lettere e si veste con cura, scegliendo un abito nero e «un velo da vedova bianco che ondeggia dalla fronte fino a terra» ci dice Zweig, senza dimenticare di indossare la croce. Va incontro al suo destino con dignità.

Lo storico e biografo francese Brantôme ha detto di lei: «Quelli che vorranno scrivere su questa illustre regina di Scozia avranno due grandissimi argomenti: uno, la sua vita, l’altro, la sua morte.»[1]

Tutto è ora finito, e la lotta tra le due regine è giunta al termine. Sarà il figlio di Mary, Giacomo VI, a porre fine a questa diatriba, unificando i due regni.

[1] Alexandre Dumas, Maria Stuarda, Sellerio Editore, 2012

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