Quando la regola scolastica è diseducativa

Scambiarsi una mela non è un crimine: riflessioni su un gesto di solidarietà vietato

In un mondo che ha sempre più bisogno di solidarietà e che anela semplici gesti di vicinanza, ci ritroviamo a vivere tempi assurdi in cui anche un piccolo gesto come quello di condividere una mela diventa motivo di rimprovero. È successo a una bambina delle scuole elementari, sgridata per aver offerto un pezzo della sua mela a una compagna. La regola, ormai comune in molte scuole, vieta rigorosamente lo scambio di cibo tra bambini per motivi legati all’igiene e alla sicurezza. Ma dietro una norma che può sembrare ragionevole si nasconde un problema più profondo, che merita una riflessione.

Il cibo come simbolo di condivisione e appartenenza

Sin dagli albori dell’umanità il cibo ha avuto un ruolo centrale nel costruire legami. Nelle culture di tutto il mondo l’atto di condividere un pasto, un pezzo di pane o di frutta è più di un semplice scambio di nutrienti: è un segno di vicinanza, di solidarietà, di fiducia. Per i bambini poi offrire il proprio cibo a un compagno è un gesto di gentilezza spontanea, una forma innocente di amicizia che va ben oltre la mera condivisione materiale.

Questi piccoli gesti – come dare una mela – aiutano i bambini a imparare il valore dell’empatia e della generosità, insegnano loro che possono prendersi cura degli altri anche con piccoli atti. Sgridare una bambina per un gesto del genere, per di più in un contesto educativo, significa trasmetterle un messaggio sbagliato: quello che la condivisione è pericolosa, che dare qualcosa agli altri può essere sanzionabile.

 

Ha senso rispettare regole che non hanno senso? Il valore (e i limiti) delle norme

Il rispetto delle regole è una delle prime lezioni che impariamo fin da piccoli. Ma cosa succede quando una regola, invece di migliorare la convivenza o proteggere il benessere collettivo, appare priva di significato o persino controproducente? Ci troviamo di fronte a una questione non banale e che tocca principi etici, sociali e soprattutto educativi: ha senso rispettare regole che non hanno senso?

 

Le scuole come luoghi di educazione (non di limitazione)

È comprensibile che le scuole vogliano garantire la sicurezza alimentare e prevenire allergie, intolleranze, contaminazioni, lamentele di genitori bizzosi. Ma ciò non dovrebbe trasformarsi in un divieto assoluto di scambio del cibo… un divieto che toglie ai bambini la possibilità di imparare lezioni fondamentali sulla vita e sulle relazioni sociali. Un ambiente educativo dovrebbe offrire ai bambini un modello di umanità e apertura, non di rigidità burocratica.

Invece di punire i bambini le scuole potrebbero cogliere l’occasione per spiegare perché alcune precauzioni alimentari sono importanti, senza demonizzare completamente il valore del gesto stesso. Le regole, quando applicate in modo cieco e inflessibile com’è questo il caso, rischiano di creare un contesto in cui i valori umani vengono messi in secondo piano rispetto alla rigidità delle norme.

 

Questi tempi assurdi: la solidarietà è ora una minaccia

Che ne sarà dei nostri figli se gesti semplici e naturali come lo scambio di un pezzo di mela vengono sanzionati? Non rischiamo forse di diventare  insensibili al valore della condivisione e del conforto? Se ogni gesto che può rappresentare una minima fonte di rischio diventa condannabile, vietato, sanzionato, rischiamo di perdere di vista il valore  valore simbolico di comportamenti umani come lo scambio di cibo. Il rischio è quello di crescere una generazione di bambini che vedrà nella vicinanza e nella condivisione un pericolo, anziché una risorsa e un qualcosa che caratterizza in profondità la natura umana. 

La questione non è solo vietare o permettere lo scambio di cibo, ma quale tipo di società educhiamo i nostri figli a immaginare e a costruire. Se li cresciamo insegnando loro che persino una mela può essere una minaccia, come possiamo aspettarci che diventino adulti generosi e pronti a prendersi cura degli altri?

 

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