Febbraio 2025

Curiosità storico-letterarie: Italo Svevo

A CURA DI ENGLISH LIFE, YES OR NOT? è la rubrica che ti porta dritto dritto nelle tradizioni e nella vita quotidiana inglese, tra pro e contro, elementi irrinunciabili e altri invece più nostalgici. Ci seguirai? Curiosità su Italo Svevo.   Magari non dirò nulla di nuovo, forse lo sapete o forse no, ma una rinfrescatina alla memoria fa sempre bene. Di recente mi sono imbattuta nella biografia di Bob Dylan, studioso e grande amante della lingua italiana, che con grande umiltà e devozione, descrive certi particolari della vita di Svevo da lui studiato per cultura personale.   Perché scelse proprio quello pseudonimo? Sapevate che le sue opere furono praticamente ignorate e che lui, deluso e sfiduciato, abbandonò per un bel pezzo il mondo della letteratura? E che pagò per pubblicare un’opera che poi nessuno calcolò?   Ebbene sì, anche il caro Italo, famoso oggi per opere come “Una vita”, “Senilità” e “La coscienza di Zeno” è stato, all’epoca, bistrattato dalla critica e, in generale, dai concittadini italiani. Il suo successo è arrivato prima all’estero e, solamente dopo l’intervento di un tal Eugenio Montale che scrisse un articolo sulle potenzialità di Svevo, l’Italia iniziò a interessarsi a lui.   Sembra assurdo, eppure è successo. Erano altri tempi, d’accordo, ma andiamo con ordine.   Italo Svevo nasce come Aron Hector (Ettore) Schmitz, nella Trieste facente parte dell’Impero austriaco. Frequenta le scuole elementari israelitiche, poi passa alla scuola privata commerciale e poi viene spedito, assieme ai fratelli, a studiare il tedesco in Baviera. Egli vive talmente in armonia la sua doppia culturalità, che decide di rendere omaggio alle sue origini italiane e tedesche scegliendo lo pseudonimo di Italo Svevo, con cui poi pubblicherà il primo romanzo e i successivi. Utilizza anche lo pseudonimo di Ettore Samigli, con cui firma i primi testi teatrali, e tutte le sue collaborazioni giornalistiche a L’Indipendente. Dopo la morte del padre pubblica, a spese sue, il primo romanzo “Una vita”, ma l’opera viene sostanzialmente ignorata dalla critica e dal pubblico. Il titolo iniziale avrebbe dovuto essere “Un inetto”, ma non risultava accattivante. Sei anni dopo, sempre a spese sue, pubblica il secondo romanzo “Senilità” e anche quest’opera passa sotto silenzio. Questo insuccesso letterario lo spinge quasi ad abbandonare del tutto la letteratura. Si dimette dalla banca presso cui lavorava ed entra nell’azienda del suocero accantonando la sua attività letteraria, che diventa marginale e segreta. Viaggiando molto per lavoro inizia a frequentare un corso di inglese, dove come insegnante si ritrova uno scrittore irlandese, un certo James Joyce, mica uno qualunque. Ed è proprio Joyce a incoraggiarlo a proseguire con la scrittura e la stesura di un nuovo romanzo. Pubblica, ancora una volta a spese sue, “La coscienza di Zeno” e, ancora una volta, senza successo finché Joyce, che credeva fortemente nelle sue capacità, lo diede in mano alla critica francese che dedicò all’autore un intero fascicolo su una famosa rivista. In Italia  Eugenio Montale pubblica un articolo dal titolo “Omaggio a Italo Svevo” in cui si impegna a tessere le lodi dello scrittore, data la sfortunata sorte che ebbero i suoi romanzi in Italia. Nel 1999 l’English Heritage, l’ente governativo che si occupa della tutela dei beni culturali, ha assegnato la ”Blue Plaque”, famoso riconoscimento che viene dato a cittadini britannici e stranieri ”meritevoli” nel campo delle arti, delle lettere e delle scienze, a Italo Svevo. La targa commemorativa è stata applicata al numero 67 di Charlton Church Lane a Londra, dove si trova appunto la casa di mattoni dove Svevo visse durante i suoi lunghi soggiorni nei primi decenni del Novecento. A questo punto mi sento in dovere di ringraziare James Joyce per aver incoraggiato Italo Svevo a proseguire. Libri di Oriana Turus Fai clic qui Scopri Land Magazine admin Febbraio 6, 2025 The Blood Countess: la storia della “vampira” Elisabetta Báthory presto al cinema Se pensavate che le creme antirughe fossero il massimo dell’ossessione per l’eterna giovinezza, preparatevi a un bagno – letteralmente – di sangue. 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Indiani d’America: genesi di un massacro

All’arrivo di Cristoforo Colombo nel nuovo continente, i Nativi Americani esistevano da circa 35.000 anni. I progenitori erano giunti dalla Siberia attraverso lo stretto di Bering, che, per l’abbassamento delle acque degli oceani, a quei tempi si presentava come una sorta di ponte fra continenti. La migrazione dall’Asia all’America proseguì fino a quando lo stretto non venne nuovamente ricoperto dall’acqua. Arrivati al termine dell’ultima glaciazione, i nuovi abitanti, nomadi di razza asiatica, dovettero confrontarsi nei millenni che seguirono con una serie di rivoluzioni ambientali, che diedero origine a società umane molto diverse fra loro, e a un numero sterminato di lingue e idiomi e a usi e costumi. Distribuiti fino alla Terra del fuoco, lungo le praterie, nei deserti, nelle foreste e sulle montagne, gli indigeni vissero di caccia, pesca e di piante selvatiche, impegnati in un lungo processo di convivenza sociale e di creazione di un universo religioso. All’origine si stima esistessero 15 milioni di indiani in America settentrionale prima dell’arrivo degli Europei. Diverse le culture nelle distinte regioni. Nei Grandi Laghi l’Old Copper Culture, che usò il rame per costruire armi, monili ed utensili. Nel New England la Red Paint People Culture, con elaborate necropoli per complessi cerimoniali. Nel Sud Ovest la Cultura del deserto, con gli Hohokam e i Mogollon, più a nord le culture dei Pueblos e degli Anazasi, agricoltori e pastori nonché grandi architetti di dimore in parte costruite sulle mesas ed in parte nei canyon, all’interno di cavità in dirupi scoscesi d’arenaria. Infine la Cultura dei templi dei Natchez, che si sviluppò nella valle del Mississippi. Con l’arrivo degli spagnoli, dei francesi e degli inglesi la cultura dei Nativi subì mutamenti talvolta distruttivi, a causa dei singoli interessi dei colonizzatori. In ogni area geografica d’America, i conflitti storici portarono ad un vero e proprio massacro, talvolta giustificato dai bianchi Americani con il concetto di “destino manifesto”, ritenendosi predestinati a impadronirsi e governare – dopo la Rivoluzione Americana – il continente. Si arrivò all’annientamento sistematico di intere tribù, oggi oramai scomparse o estinte, nonché alla sistematica privazione di terre per arrivare ad una politica federale basata sulla creazione di Riserve Indiane. Tutto cominciò con Cristoforo Colombo, che diede al popolo incontrato al suo sbarco nell’isola di San Salvador il nome di Indios. “Quella gente è così docile e pacifica” scrisse Colombo al re e alla regina di Spagna, “Essi amano i loro vicini come se stessi, e i loro discorsi sono sempre gentili e accompagnati dal sorriso, e sebbene sia vero che sono nudi, tuttavia le loro maniere sono decorose” Il popolo incontrato da Colombo si chiamava Taino. Questi indios erano pacifici e accolsero generosamente Colombo e i suoi uomini, offrendo loro doni e trattandoli con rispetto. Ciò fu interpretato come un segno di debolezza e remissione, sicché gli spagnoli ritennero di fare tutto quello che era necessario per far adottare ai nativi i costumi e le abitudini dell’uomo bianco. Gli indios non si opposero alla conversione tranne quando videro gli europei scorrazzare sulle proprie terre in cerca di oro e di pietre preziose. Gli spagnoli incendiarono i villaggi, rapirono centinaia di nativi e li imbarcarono alla volta dell’Europa per venderli come schiavi. Intere tribù furono distrutte e in meno di un decennio dal primo arrivo di Colombo migliaia di indios scomparvero, decimando la popolazione indigena. Lo stesso schema si ripeterà con l’arrivo degli inglesi in Virginia nel 1607: i Powhatan li accolsero con generosità, ottenendo in cambio saccheggi e distruzione, e in breve tempo gli ottomila Powhatan si ridussero a poco più di mille. Anche nel Massachusetts i nativi Pemaquid subirono lo stesso trattamento nel 1620, e così la tribù Mohican da parte degli olandesi nell’isola di Manhattan, e quella dei Pontiac dai francesi nella regione dei Grandi Laghi. Il contatto con gli europei produsse uno stravolgimento nell’ecosistema indigeno. Separati per migliaia di anni dal resto del mondo, gli indiani non possedevano quelle difese immunitarie che avrebbero consentito loro di affrontare e superare malattie semplici come raffreddore e influenza. I nativi non vivevano a lungo: malnutrizione, anemia, artrite, osteoporosi, carie dentali, tubercolosi erano la norma, per cui le malattie infettive portate nel nuovo continente dagli europei furono letali. Ancor più delle armi e dell’alcol, sconosciuto ai nativi, poterono vaiolo, orecchioni, pertosse, varicella, morbillo e scarlattina, e gli effetti di questa invasione invisibile risultarono devastanti. La prima epidemia di vaiolo si sviluppò in Canada nel 1633 nelle regioni dell’odierno Ontario, in concomitanza con l’inizio della predicazione gesuita fra gli Uroni. Ulteriori concause che portarono della decimazione delle tribù furono carestie e malnutrizione. Le continue concessioni di grano fatte all’uomo bianco, e il sistematico sterminio dei bisonti da parte dei cacciatori europei, ebbero conseguenze nefaste per i nativi, specialmente per le tribù delle pianure. Tra il 1871 e il 1883, i coloni alla ricerca di nuovi spazi per l’agricoltura, i reparti dell’esercito americano e i cacciatori di pellicce distrussero le mandrie di bisonti delle Grandi pianure, portandole sull’orlo dell’estinzione. Ma allo sterminio sistematico contribuì soprattutto la costruzione della ferrovia Union Pacific, da parte della compagnia Union Pacific Railroad, nata per collegare la costa atlantica con l’oceano Pacifico. Decine di migliaia di operai, in prevalenza cinesi e irlandesi, furono impiegati alla costruzione di questa mastodontica ferrovia transcontinentale, che attraversava i territori indiani. I bisonti rappresentavano un ostacolo al lavoro degli operai, spesso le mandrie distruggevano miglia di binari, sicché la Union Pacific non si fece scrupolo ad assoldare bande di cacciatori per ucciderli, privando i nativi del loro principale elemento di sostentamento alimentare. Dei circa trenta milioni di bisonti presenti all’inizio del secolo, nel 1899 ne erano rimasti circa un migliaio. Fra i primi decenni del ‘700 e la metà del secolo successivo, le tribù native dell’America del nord combatterono battaglie impari contro gli invasori armati prima di archibugi e poi di fucili, firmarono un trattato dopo l’altro cedendo porzioni sempre più estese di territorio fino a quando non restò più nulla da cedere. Nel 1830, Andrew Jackson, divenuto presidente degli Stati Uniti l’anno precedente, propose

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3 Romanzi d’amore ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale

L’amore in tempi di guerra assume un’intensità unica, fatta di attese strazianti, promesse sussurrate e ostacoli insormontabili. La Seconda Guerra Mondiale, con il suo carico di sofferenza e sacrifici, ha ispirato alcuni dei più emozionanti romanzi d’amore della letteratura contemporanea. Oggi vi proponiamo tre romanzi imperdibili, capaci di unire la passione della narrativa romantica alla profondità storica del periodo bellico: “Tutto quello che non si può dire” di Kelly Rimmer “Il Cavaliere d’Inverno” di Paullina Simons “Il libro dei nomi perduti” di Kristin Harmel Ognuno di questi libri racconta una storia d’amore intensa e struggente, ambientata in un mondo devastato dal conflitto, dove il cuore continua a battere nonostante il pericolo e la disperazione. “Tutto quello che non si può dire” – Kelly Rimmer Un amore proibito tra segreti e ricordi dolorosi Kelly Rimmer ci regala una storia profonda e commovente che intreccia passato e presente, portando alla luce i segreti di una famiglia divisa dalla guerra. La protagonista, Alice, si ritrova a dover scoprire il passato della nonna Hanna, una donna segnata da un amore impossibile vissuto nella Polonia occupata dai nazisti. Tra le pagine del diario di Hanna, Alice scoprirà una storia d’amore proibita e una verità sconvolgente che cambierà per sempre la sua vita. Perché leggerlo? Un romanzo che unisce amore, segreti di famiglia e la tragedia dell’Olocausto. Alternanza tra passato e presente, che rende la storia ancora più coinvolgente. Un’intensa riflessione su cosa significhi amare quando il mondo intorno sta crollando. “Il Cavaliere d’Inverno” – Paullina Simons Un amore epico sullo sfondo dell’assedio di Leningrado Questo romanzo è un classico del genere romance storico e una delle più celebri storie d’amore ambientate nella Seconda Guerra Mondiale. La protagonista, Tatiana, è una giovane russa che vive con la sua famiglia nella Leningrado assediata dai nazisti. Il suo destino cambia quando incontra Alexander, un ufficiale dell’Armata Rossa con un passato misterioso e un’anima tormentata. Tra loro nasce un amore potente e proibito, reso ancora più difficile dalla guerra e dagli ostacoli che li separano. Perché leggerlo? Una storia d’amore appassionante, piena di colpi di scena. Un’ambientazione storica dettagliata e realistica, che immerge il lettore nella brutalità della guerra. Personaggi indimenticabili e una narrazione intensa che tiene incollati alle pagine. Questo libro è solo il primo di una trilogia, che segue l’amore di Tatiana e Alexander attraverso le tempeste della storia e della loro stessa esistenza. Scopri Il filo segreto delle storie di Francesca Cani, un grande romance storico ambientato durante la Seconda guerra mondiale Vai al libro “Il libro dei nomi perduti” – Kristin Harmel Un amore nato nell’ombra della resistenza francese In questo emozionante romanzo, Kristin Harmel ci trasporta nella Francia occupata dai nazisti, dove la giovane Eva Traube Abrams, un’ebrea fuggitiva, si unisce alla Resistenza per salvare bambini destinati ai campi di concentramento. Il suo compito è falsificare documenti d’identità per permettere loro di sfuggire ai nazisti, e nel farlo, incontra Rémy, un coraggioso combattente della Resistenza. Tra loro nasce un amore forte e proibito, fatto di fughe, missioni segrete e momenti di profonda connessione. Perché leggerlo? Un intreccio avvincente tra storia, coraggio e amore. Una protagonista femminile forte e determinata, che sfida la paura per salvare vite innocenti. Una trama ispirata a fatti realmente accaduti, che rende la storia ancora più toccante. Tre romanzi, un unico messaggio: l’amore resiste anche alla guerra Questi tre romanzi ci ricordano che, anche nei momenti più oscuri della storia, l’amore può fiorire e diventare un’ancora di speranza. Che sia nelle terre devastate dalla guerra, nelle città assediate o nei rifugi segreti della Resistenza, il sentimento più profondo dell’essere umano continua a lottare, sfidando il destino e la paura. Scopri Land Magazine admin Febbraio 5, 2025 Le donne nelle radio partigiane clandestine: voci di resistenza e libertà Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Resistenza italiana si affidò a diversi strumenti per combattere l’oppressione nazifascista. Tra questi, un ruolo cruciale fu giocato dalle radio partigiane clandestine, strumenti essenziali Read More admin Febbraio 5, 2025 Il filo segreto delle storie di Francesca Cani: un romanzo di resistenza, amore e coraggio femminile nella Seconda Guerra Mondiale COMUNICATO STAMPAUn romanzo che intreccia la grande storia con la potenza dei sentimenti. “Il filo segreto delle storie”, il nuovo romanzo di Francesca Cani, in uscita il 6 febbraio 2024 Read More admin Febbraio 4, 2025 Animal Hoarding: quando il gatto prende il comando C’è chi colleziona francobolli, chi tazze di Starbucks di ogni città visitata e poi c’è chi… accumula animali come se fossero carte Pokémon: Gotta catch ‘em all!. 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Belcanto: quando l’Opera diventa una Soap Opera (e Vittoria Puccini canta la tragedia)

Se pensavi che l’Opera fosse solo roba da teatro polveroso e signore ingioiellate, preparati a cambiare idea (o a rispolverare il libretto della Traviata). Arriva su Rai 1 “Belcanto”, la nuova serie TV che trasforma le arie melodrammatiche in un drama d’epoca degno di un Oscar… o almeno di un Nastro d’Argento. E no, non è l’ennesima fiction sulla bisnonna di tua zia che cantava al mercato. Questa volta c’è Vittoria Puccini, e lei non scherza mica. Trama: quando la musica salva la vita (e altri cliché che funzionano sempre) Siamo nel 1847, a Napoli, e Maria Cuoio (interpretata da Vittoria Puccini) ha un marito che si chiama Iginio. Sì, hai letto bene: Iginio. E come ogni uomo con un nome così rétro, è pure un violento di prim’ordine. La povera Maria e le sue due figlie, Antonia e Carolina, tirano avanti come possono, tra piccole truffe e sogni di gloria. Quando finalmente Antonia ha l’opportunità di cantare nei grandi teatri di Milano, il caro Iginio rovina tutto (perché da un tipo così cosa ti aspetti?). A questo punto Carolina, la figlia minore, decide di risolvere la situazione con un gesto talmente estremo che nemmeno in “Beautiful” avrebbero osato tanto. Le tre donne fuggono a Milano, dove scopriranno che nel mondo dell’Opera non basta cantare bene: bisogna anche saper sopravvivere a bugie, intrighi e amori proibiti. Altro che Maria De Filippi, qui si fa sul serio. Cast Oltre a Vittoria Puccini troviamo: Caterina Ferioli nei panni di Antonia, la figlia con la voce d’oro e il tempismo da tragedia greca. Adriana Savarese è Carolina, che oltre a saper cantare sa anche come scappare da un passato ingombrante. Carmine Recano, l’oste dal cuore d’oro che non finisce male solo perché siamo in una fiction Rai. Giacomo Giorgio nei panni di Enrico De Marchi, che probabilmente avrà uno sguardo intenso e un passato oscuro (sennò che drama è?). Andrea Bosca come Giacomo Lotti, tenore famoso con qualche scheletro nell’armadio (spoiler: non sono abiti di scena). E tanti altri volti che imparerai a conoscere mentre li odi per almeno tre puntate. Dietro le quinte: se non c’è un regista di successo, non vale Diretto da Carmine Elia (lo stesso di “Mare Fuori”, quindi aspettati drammi e colpi di scena a ogni puntata), “Belcanto” è una coproduzione tra Rai Fiction e Lucky Red, con l’aiuto di Umedia e Newen Connect (insomma, non è roba fatta in casa). Le riprese si sono svolte tra Napoli, Milano e altre location storiche per darti l’impressione di essere davvero nell’Ottocento. Anche se poi guarderai tutto sul divano in tuta e ciabatte. Quando e dove guardarla (perché non puoi perdertela, davvero) La serie è debuttata su Rai 1 il 24 febbraio 2025 e proseguirà ogni lunedì fino al 17 marzo. Gli episodi saranno anche su RaiPlay, così potrai recuperare se ti sei perso qualcosa perché, ammettiamolo, Netflix stava chiamando con l’ultima stagione di chissà cosa. Musica: quando anche l’orecchio vuole la sua parte La colonna sonora è stata composta da Stefano Lentini, con rielaborazioni di arie classiche che ti faranno venire voglia di imparare l’italiano dell’Ottocento solo per cantarle sotto la doccia. Se sei uno di quelli che ascolta Verdi per rilassarsi, preparati a fare spazio nella playlist. Scopri Land Magazine admin Febbraio 25, 2025 Belcanto: quando l’Opera diventa una Soap Opera (e Vittoria Puccini canta la tragedia) Read More admin Febbraio 25, 2025 Come scegliere i nomi dei personaggi maschili con saggezza (e senza uccidere qualsiasi possibilità di vendita del tuo romanzo) Ah, il dilemma esistenziale di ogni scrittore: come chiamare il tizio che deve salvare il mondo, conquistare il cuore della protagonista o semplicemente pagare le bollette senza finire sul lastrico? Read More Silvia Dal cin Febbraio 23, 2025 GUARDA COSA MANGI! oggi prepariamo … il sugo al pomodoro de “Il Padrino” Il Padrino è un film noir e drammatico del 1972. 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Ambientata in un Giappone da sogno Read More Cristina Ferri Febbraio 20, 2025 Vita e misteri di Mary Stuart – Quarto capitolo Di Cristina Ferri Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut elit tellus, luctus nec ullamcorper mattis, pulvinar dapibus leo. Libri di Cristina Ferri Fai clic qui LEGGI ANCHE Read More admin Febbraio 19, 2025 Conferenza Land Academy: Genocidio e Sfruttamento dei Nativi Americani (1492-1789) in 10 Tragici Punti La storia della colonizzazione delle Americhe è una delle pagine più oscure della storia moderna. Dal 1492, con l’arrivo di Cristoforo Colombo, e fino ai giorni nostri, milioni di nativi Read More admin Febbraio 19, 2025 Le donne nel movimento partigiano: eroine della Resistenza italiana La Resistenza italiana contro il nazifascismo non fu solo una lotta armata condotta dagli uomini, ma vide la partecipazione attiva di migliaia di donne che, con coraggio e determinazione, svolsero Read More admin Febbraio 18, 2025 18 Febbraio 1546: La Morte di Martin Lutero – L’Uomo che Sfidò la Chiesa di Roma Il 18 febbraio 1546 si spegneva Martin Lutero, il teologo tedesco che cambiò per sempre il volto del cristianesimo con la sua Riforma Protestante. La sua morte segna la

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Come scegliere i nomi dei personaggi maschili con saggezza (e senza uccidere qualsiasi possibilità di vendita del tuo romanzo)

Ah, il dilemma esistenziale di ogni scrittore: come chiamare il tizio che deve salvare il mondo, conquistare il cuore della protagonista o semplicemente pagare le bollette senza finire sul lastrico? Scegliere il nome di un protagonista maschile non è un semplice esercizio di fantasia, è un’arte. E come ogni forma d’arte richiede metodo, ispirazione e una buona dose di ironia. Perché sì, se lo chiami Ugo, il massimo dell’eroismo che potrà raggiungere sarà trovare un parcheggio il sabato sera. La scelta sbagliata dei nomi influisce anche sul successo e sulle vendite del romanzo Ebbene sì, scegliere il nome sbagliato può condannare il tuo libro all’oblio prima ancora che raggiunga gli scaffali (o le liste di Amazon, per i più moderni). Un protagonista di nome “Pancrazio” difficilmente diventerà un bestseller internazionale (a meno che tu non stia puntando tutto sullo humor surreale) perché semplicemente la gente si rifiuterà persino di leggere la prima pagina. I lettori vogliono personaggi che possano immaginare, con cui possano relazionarsi o che suonino abbastanza epici da far sognare. Se il nome suona ridicolo, banale o fuori luogo, rischi di far perdere immediatamente interesse a chi legge. Insomma, c’è un motivo se non troverai mai un “Gino” in un romanzo fantasy di successo. La scelta del nome è marketing narrativo: un nome azzeccato rimane impresso, crea empatia e aiuta a vendere il libro. E se vuoi che il tuo protagonista diventi un fenomeno da fan art su Instagram, assicurati che abbia un nome che i lettori non si vergognino a pronunciare ad alta voce.   Ecco le istruzioni per l’uso, passo dopo passo, per non far sembrare il tuo protagonista un personaggio di un fumetto degli anni ‘50 (a meno che non sia esattamente quello che vuoi). Evita i nomi da supereroe anonimo Se stai pensando a “Max Steel”, “Jack Thunder” o “Alex Blade”… fermati subito. Non stai scrivendo un B-movie degli anni ‘80. Cerca qualcosa che suoni epico senza sembrare generato da un algoritmo per giocattoli d’azione. Se proprio vuoi un nome che trasudi testosterone, bilancialo con un cognome realistico. “Max Stewart” suona molto più credibile di “Max Power” (a meno che tu non stia scrivendo una parodia, in tal caso, vai pure con Max Power e fallo volare su un unicorno arcobaleno). Considera l’epoca e il luogo Stai scrivendo un romanzo ambientato nella Firenze rinascimentale? Magari evita di chiamare il protagonista Kevin. Se invece la storia si svolge in un futuro distopico dove l’umanità vive su Marte… beh, Kevin potrebbe anche funzionare. Ricorda: un nome anacronistico può distruggere l’atmosfera in un attimo. Tipo chiamare un cavaliere medievale “Dylan” – a meno che non sia un esperimento di narrativa postmoderna, in tal caso, bravo tu. Non rendere la vita dura ai lettori Se il tuo protagonista si chiama “Xanthoril the Third of His Name, Lord of the Thousand Suns”… sappi che chi legge probabilmente lo abbrevierà in “Xan” dopo la terza riga. E potrebbe anche iniziare a odiarti un po’. A meno che tu non stia scrivendo alta fantasy in stile Tolkien, opta per nomi facili da leggere e da ricordare. La prova del biglietto da visita Immagina il nome del tuo personaggio su un biglietto da visita. Funziona? “Thorvald il Distruttore di Mondi” farebbe un po’ fatica a trovare lavoro come commercialista. Se il nome suona ridicolo o improbabile nella vita reale, potrebbe suonare altrettanto assurdo nella tua storia (e no, non sempre è un bene). Prova a dirlo ad alta voce Sì, leggi il nome a voce alta. Se ti suona come un attacco di starnuti o come qualcosa che potresti urlare quando sbatti il mignolo contro lo spigolo del letto, forse è meglio cambiare. Non complicarti la vita (e quella dei lettori) Se hai già dieci personaggi con nomi che iniziano per “M” (Marco, Matteo, Mauro, Massimo…), forse è il caso di variare. A meno che tu non stia scrivendo la saga dei fratelli M, la confusione è dietro l’angolo. E nessuno vuole dover fare un diagramma di flusso per capire chi ha detto cosa. Scegliere con saggezza è la chiave Il nome di un personaggio può fare la differenza tra un eroe indimenticabile e un tizio qualsiasi. E ricordati, se proprio non riesci a decidere, c’è sempre il caro vecchio metodo: aprire la rubrica del telefono e scegliere il primo nome che ti capita sotto gli occhi. Se funziona per gli scrittori di soap opera, funzionerà anche per te.   Scopri Land Magazine admin Febbraio 25, 2025 Come scegliere i nomi dei personaggi maschili con saggezza (e senza uccidere qualsiasi possibilità di vendita del tuo romanzo) Read More Silvia Dal cin Febbraio 23, 2025 GUARDA COSA MANGI! oggi prepariamo … il sugo al pomodoro de “Il Padrino” Il Padrino è un film noir e drammatico del 1972. Racconta la vita di Don Vito Corleone, immigrato proveniente dalla Sicilia, uno dei più potenti capimafia italo-americani della New York Read More admin Febbraio 21, 2025 Perché gli USA hanno uno stretto rapporto con la censura dei libri Risale a poche ore la notizia che il Pentagono, durante l’amministrazione Trump, ha cominciato a censurare diversi libri nelle scuole militari statunitensi, giudicandoli legati a “ideologie gender” o all’”equità discriminatoria”. 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