Nostalgia telefonica – Ma ke ne sanno i rgz d oggi?
Libri di Elisabetta Venturi VAI AL LIBRO Ma ke ne sanno i rgz d oggi? Tanto tempo fa – che in realtà era ieri l’altro – il nostro mondo viveva la preistoria della tecnologia. Gli albori della telefonia I nati negli anni ’80, come me, ricordano i tempi dei vecchi telefoni a disco, quelli in cui dovevi infilare il dito nel cerchietto del numero e girare tutto il disco verso destra, aspettare che tornasse indietro per poi fare la stessa cosa con gli altri numeri; ricordano le ore passate con l’orecchio incollato alla cornetta e una sedia improvvisata davanti alla postazione del telefono. Poi arrivò la svolta epocale, una cosa impensabile e meravigliosa: il cordless. Eh sì, quando il cellulare faceva ancora parte dei film di fantascienza, potersi chiudere in camera o vagare per casa con il telefono all’orecchio fu un passo avanti gigantesco… Come dimenticare anche le corse a perdifiato per tornare a casa perché non avevi credito nella scheda telefonica e non potevi avvisare i genitori per dire che eri vivo, nessuno ti aveva rapito e non eri ricoverato all’ospedale in fin di vita – e quando arrivavi sputando un polmone, erano guai. La nascita di una nuova lingua: il messaggese Per la gioia di tutti – ancora nessuno si aspettava che quella novità sarebbe diventata la nostra rovina – arrivò il primo cellulare: enorme, pesante, con l’antenna e poche righe di schermo – schermi verdi, scritte nere. Ma l’adolescente di quei tempi non poteva ancora riternersi salvo, perché il quel cellulare era di famiglia. Cominciava così l’epoca dei primi SMS, quelli che da ragazzini mandavamo al nostro spasimante con l’indicazione “non rispondere, è il telefono di mamma”, che in realtà recitava più o meno: “nn rsp,tel mam,tvb”. Aaah, il numero massimo di caratteri! Fu così che nacquero le parole cmq, ke, qlc1, xsona. Arrivare a far sparire anche le vocali fu un attimo. Ci credete se vi dico che sparirono anche gli spazi? Ebbene sì, perché a quei tempi potevate ricevere messaggi come “NNpssVNRalPARCOxkèMMMnnVUOLE”. Poi, in pochissimo tempo, i cellulari avevano cominciato a navigare – in altre mani, per internet ci vorrà ancora tempo – e avevano trovato porti giovani in cui attraccare. Ragazzi con dita aliene Dimenticate le tastiere qwerty: i cellulari non erano smartphone, e il tastierino era numerico. Per scrivere i messaggi si usavano nove tasti su cui erano riportate tre o quattro lettere! Io avevo un Alcatel, questo mostriciattolo con due righe di schermo che aveva una particolarità tutta sua: se arrivava una telefonata mentre si scriveva un messaggio, questo veniva cancellato e perso… Ebbene, a quei tempi aveva preso piede un’altra moda: lo squillino! Un modo, gratuito, per dire “ti sto pensando” e rispondere “anch’io” – cosa che a volte si protraeva per decine e decine di squillini; ma anche… “perché non mi rispondi?” e sollecitare la risposta a un SMS. Con un Alcatel, rispondere agli sms all’epoca degli squillini era un’impresa titanica, possibile solo per le dita più veloci del west. Agli occhi degli adulti diventammo così piccoli alieni dalle dita veloci come zampette di un ragno. Altroché completamento automatico! E potevamo tenere salvati solo 10 o 20 messaggi alla volta. Ogni nuovo messaggio importante, dovevamo scegliere cosa sacrificare… e riempivamo i quaderni di pagine e pagine di SMS ricopiati. Che ricordi che si andranno a perdere dalle generazioni successive…
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