Gennaio 2025

La maledizione dell’anno zero di Abramo Lincoln: storia, mito e qualche risata

Quando si parla di Abraham Lincoln, i più pensano subito al sedicesimo Presidente degli Stati Uniti, l’uomo che abolì la schiavitù e che indossava un cappello talmente alto che a momenti poteva toccare il cielo. Ma oggi non siamo qui per discutere delle sue gesta politiche. Oh no, oggi ci avventuriamo in un territorio molto più oscuro e intrigante: la maledizione dell’anno zero. Sì, hai letto bene. Pare che Lincoln non sia solo famoso per la sua abilità oratoria e la sua passione per i cappelli cilindrici, ma anche per essere vittima di una maledizione che avrebbe colpito non solo lui, ma anche altri presidenti americani. La maledizione dell’anno zero: un intrigo storico o una leggenda urbana?Immagina di essere presidente degli Stati Uniti e di vincere le elezioni in un anno che termina con lo zero. Fantastico, vero? Non proprio. Secondo questa oscura leggenda, se vieni eletto in un anno zero, preparati a fare i conti con la falce della morte prima della fine del tuo mandato. Lincoln, eletto nel 1860, è solo uno dei tanti che rientrano in questa sfortunata casistica. Altri sventurati? William Henry Harrison (1840), James A. Garfield (1880), e via dicendo. Sembra proprio che l’anno zero non perdoni. Cosa c’è dietro questa maledizione?Alcuni dicono che la maledizione abbia origini native americane, un modo per vendicarsi dell’usurpazione delle loro terre. Altri, meno superstiziosi, credono che sia solo una coincidenza, magari con un pizzico di sfortuna in più. Ma che si tratti di superstizione o di destino, l’idea di una maledizione che aleggia sopra la Casa Bianca ha sempre stuzzicato la curiosità popolare. Dopo tutto, chi non ama un po’ di mistero e una buona storia di fantasmi presidenziali? L’ironia della sorte: Lincoln e la sua connessione con l’occultoMa ecco il colpo di scena. Si narra che Lincoln stesso fosse un uomo affascinato dall’occulto. Frequentava medium e partecipava a sedute spiritiche, cercando di comunicare con il figlio Willie, morto prematuramente. Quindi la domanda sorge spontanea: possibile che Lincoln stesso abbia, in qualche modo, attirato su di sé questa maledizione? D’altronde, non si gioca impunemente con l’aldilà. Un mito che non smette di affascinareLa maledizione dell’anno zero è uno di quei miti che, pur non avendo una solida base storica, continuano a vivere nell’immaginario collettivo. Sarà per il fascino dell’occulto, per l’aura misteriosa che circonda le figure dei presidenti, o semplicemente perché, in fondo, ci piace pensare che anche i grandi uomini come Lincoln possano essere vittime di un destino avverso. Qualunque sia la verità, una cosa è certa: la maledizione dell’anno zero rimarrà un intrigante capitolo nella storia americana, condito con un pizzico di ironia e una spruzzata di mistero. 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Miss Austen: la nuova miniserie della BBC che celebra il legame tra Jane Austen e sua sorella Cassandra

Il prossimo 2 febbraio la BBC presenterà Miss Austen, un’appassionante miniserie in quattro episodi ispirata all’omonimo romanzo di Gill Hornby. Un adattamento che promette di trasportare il pubblico nell’Inghilterra del 1830, anni dopo la morte della celebre autrice di “Orgoglio e Pregiudizio”. Al centro della storia un mistero legato alle lettere di Jane Austen e un viaggio emozionante nei ricordi del suo rapporto con la sorella Cassandra. Una storia che mescola mistero e sentimento La trama segue Cassandra Austen (interpretata da Keeley Hawes), che si reca a casa di Isabella Fowle (Rose Leslie), nipote del fidanzato defunto di Cassandra e figlia di una cara amica di famiglia. Isabella è sull’orlo di perdere la sua casa a causa di difficoltà economiche, e Cassandra sembra volerla aiutare. Ma il vero obiettivo della visita è recuperare alcune lettere private di Jane Austen, corrispondenze che, se trovate da mani sbagliate, potrebbero mettere a rischio la reputazione dell’amata scrittrice. Durante la ricerca di queste lettere Cassandra si ritrova immersa nei ricordi del passato. La miniserie si rivela una celebrazione toccante dell’amore e della complicità che univa le due sorelle Austen, mostrando come il loro legame abbia influenzato la vita e l’opera di Jane. Un cast stellare per una storia unica Miss Austen può vantare un cast ricco di talento. Oltre a Keeley Hawes e Rose Leslie, troveremo: Synnøve Karlsen nel ruolo della giovane Cassandra; Patsy Ferran nei panni di Jane Austen; Phyllis Logan, Max Irons, Alfred Enoch, e molti altri, che daranno vita a una serie di personaggi indimenticabili.   Perché Miss Austen è una serie da non perdere Questa miniserie è un viaggio nella vita e nelle relazioni di una delle autrici più amate di sempre: attraverso i ricordi di Cassandra, Miss Austen esplora temi universali come l’amore, il lutto e l’importanza della famiglia. Un’opera che promette di toccare il cuore degli spettatori e di offrire una nuova prospettiva sulla figura di Jane Austen. Arriverà in Italia? Al momento non è ancora chiaro se e quando la miniserie verrà distribuita in Italia. Tuttavia, considerando il crescente interesse per le opere legate a zia Jane, c’è speranza che possa arrivare, magari in occasione del 250° anniversario della nascita della scrittrice. 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Se i compiti a casa li fa ChatGPT

C’è qualcosa che stiamo ignorando. C’è un impatto, enorme, sul mondo della scuola che si sta consumando nel silenzio pressoché totale di insegnanti, dirigenti, burocrati e, non da ultimo, dei genitori. Questo impatto si chiama ChatGPT. ChatGPT è un chat bot basato su intelligenza artificiale e apprendimento automatico. Si tratta di un software che simula il ragionamento umano, che è in grado di dialogare con noi e di rispondere alle nostre richieste.  Può scrivere un testo, e può farlo secondo l’esatto stile che chiediamo, fosse anche quello di un ragazzo di terza media. Può stilare un articolo, una poesia, un saggio. Perfino, se gli dessimo indicazioni man mano (ma nemmeno troppe), una intera tesi di laurea. Può eseguire, in sostanza, molti dei compiti che facciamo noi adesso, attraverso il nostro lavoro. E può imparare. Fagocita una enorme quantità di dati e testi, in una sorta di snowball effect. Ovvero, ChatGPT si nutre dei dati personali e dei meccanismi di feedback degli utenti rafforzando ulteriormente l’algoritmo. ChatGPT ha modo di capire dai suoi errori e migliorare. Utilizza l’apprendimento supervisionato su una vasta mole di testi per generare contenuti che risultano significativi e coerenti, come se si trattasse di un testo scritto da una persona. A differenza della maggior parte dei chat bot, inoltre, ChatGPT ha la capacità di ricordare le interazioni precedenti avvenute all’interno di una stessa conversazione. Questa tecnologia, messa a disposizione del grande pubblico nel novembre del 2022, è ancora in gran parte da esplorare e da comprendere fino in fondo, e i quesiti sorti nel frattempo sono molti. Diventerà sempre più intelligente? Che tipo di addestramento viene praticato inizialmente e da chi? C’è il rischio che qualcuno educhi queste piattaforme in modo distorto, producendo un rischio per l’utente finale e l’opinione pubblica? E poi la sfida, non ultima in senso di importanza, è capire come l’AI possa lavorare al nostro servizio e non al nostro posto. Una sfida che riguarda sempre di più la scuola.   Chat GPT e la scuola E qui viene il nodo del problema: gli studenti, dalle scuole medie in su, per i compiti a casa stanno usando ChatGPT. Potenzialmente per fare tutto. Traduzioni dall’inglese. Compiti di italiano. Ricerche su ogni genere di argomento. Problemi di matematica. È facile. Si inserisce il comando a Chat, e Chat esegue. Chat, poi, non ha i limiti di Google, che fornisce risultati uguali e preconfezionati per tutti. Le risposte che dà, parlando di ambito creativo, sono ogni volta originali, diverse. E pertanto non riconoscibili come fornite da una macchina.  Sembrano, cioè, formulate da un essere umano. Vediamo un esempio concreto. Un tempo l’insegnante chiedeva per compito agli alunni una cosa come: fate una ricerca su una donna importante per la storia. Un certo numero di studenti avrebbe cercato on line e magari su qualche libro a disposizione. Avrebbero poi rielaborato con parole loro. Un altro gruppo si sarebbe limitato a fare un copia-incolla da qualche sito senza starci a pensare troppo. In questo caso, il professore che avrebbe voluto scoprire l’inganno avrebbe avuto vita facile. Basta infatti prendere una frase, inserirla pari pari su Google per trovare la fonte e il gioco è fatto. Cosa impossibile con ChatGPT.   Fino a qualche tempo fa, spiega in un articolo Marco Andreoli, docente in Scritture per lo Spettacolo dal Vivo alla Sapienza di Roma, «bastava inserire una o più frasi del compito sospetto, per verificarne l’eventuale originalità. Ora però anche gli studenti adolescenti hanno imparato a utilizzare strumenti come ChatGPT, ciascuno di loro può chiedere all’Intelligenza Artificiale di elaborare una relazione sul mito di Orfeo (esempio che ha citato in precedenza nell’articolo, ndr), ricevendo, nel giro di qualche secondo, testi originali di cui sarà pressoché impossibile riconoscere la provenienza».  Il vantaggio in termini di tempo è schiacciante: se un ragazzo ci mette ore e fatica per fare una propria ricerca personale, ChatGPT impiega solo pochi istanti. Il problema forse più grave è che tutto ciò sta avvenendo sotto il silenzio di (quasi) tutti. Tranne pochi docenti che si stanno accorgendo della cosa e cercano di porre rimedi più improvvisati che strutturali, l’impressione è di avere di fronte una rete di omertà che, in effetti, si fatica a spiegarsi.  Forse siamo ancora attoniti, cerchiamo di dare poca importanza alla cosa come fosse una moda passeggera, forse nascondiamo la testa sotto la sabbia, forse non la capiamo bene. Forse le cose prima di essere comprese vanno elaborate, pensate, ci vuole tempo. E forse tutto ciò comporta fatica, e allora si preferisce intanto fare finta di nulla. Ma le conseguenze sono serie, e ne va di mezzo l’apprendimento degli studenti. «I professori dovranno ripensare ai compiti a casa – ha dichiarato Paolo Ferri, professore ordinario di Tecnologie della formazione all’Università Milano-Bicocca – puntando proprio sulle esperienze dei ragazzi. E poi i momenti di verifica dovranno essere necessariamente fatti in classe, meglio ancora se oralmente». Tentativi che in qualche modo cercano di rattoppare una falla che pare sempre più grande. Una snowball divenuta valanga. La sensazione è che manchi un intervento più organico e coordinato, “dall’alto”. Segno che la giurisprudenza e le istituzioni spesso faticano a stare al passo con i tempi della tecnologia. Ma intanto iniziare a parlarne potrebbe essere il primo passo per aprire un serio dialogo sul tema.

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Addio a Cioè: la fine di un’era per la storica rivista

Con un mix di nostalgia e un pizzico di ironia è il momento di dire addio a Cioè, la rivista che ha accompagnato generazioni di adolescenti italiani. Dopo decenni di gossip, test psicologici e poster indimenticabili, la storica pubblicazione ha annunciato la chiusura, lasciando un vuoto nel cuore di chi è cresciuto negli anni ‘90 e 2000. Una notizia che segna la fine di un’epoca, ma che merita di essere ricordata con il sorriso. Un viaggio nei ricordi: il mondo di Cioè Fondato nel 1980, Cioè si è subito affermato come il punto di riferimento per milioni di teenager in cerca di consigli su amore, amicizia e moda. Le sue pagine colorate e ricche di contenuti hanno segnato l’adolescenza di molti di noi, fino a diventare un vero e proprio fenomeno di costume. Chi non ricorda i test come “Quanto sei innamorata da 1 a 10?” o i poster dei grandi idoli dell’epoca, da Leonardo DiCaprio a Britney Spears? Ogni settimana i lettori potevano immergersi in articoli leggeri ma mai banali, che spaziavano dai segreti per affrontare il primo appuntamento fino ai consigli per gestire le amicizie complicate. Ma Cioè non era solo intrattenimento: è stato anche una guida preziosa per affrontare i piccoli e grandi problemi dell’adolescenza. Tra una rubrica di moda e un articolo sul make-up, la rivista non ha mai mancato di affrontare temi importanti come il bullismo, la sessualità e la consapevolezza di sé. Il declino e la fine di un’era Con l’avvento di Internet e dei social media, la fruizione dei contenuti si è trasformata radicalmente. Le nuove generazioni hanno preferito YouTube, Instagram e TikTok, lasciando poco spazio ai media tradizionali come le riviste cartacee. Cioè ha provato a resistere, reinventandosi nel formato e nei contenuti, ma la competizione è diventata sempre più difficile. Dopo oltre 40 anni di storia, la decisione di chiudere la rivista è stata inevitabile. Una chiusura che lascia un senso di malinconia, ma anche il ricordo di un’epoca spensierata in cui bastava sfogliare qualche pagina per sentirsi meno soli. 10 motivi (ironici) per cui abbiamo amato Cioè I poster giganteschi: Leonardo DiCaprio ci guardava mentre facevamo i compiti. I test improbabili: per scoprire se eri pronta per un fidanzato bastavano 5 domande. I consigli di moda: perché abbinare un boa di piume a una minigonna era considerato chic. Le lettere alla redazione: per confidare segreti imbarazzanti (che forse inventavamo). I gadget allegati: braccialetti di plastica, lucidalabbra o tatuaggi temporanei che duravano due giorni. Le frasi cult: come dimenticare le citazioni romantiche che usavamo per fare colpo? Nostalgia del Cioè? Leggi 7. I gossip delle star: scoprire che la tua cantante preferita aveva un fidanzato segreto era una notizia bomba. 8. Le pagine da ritagliare: con i segnalibri e i bigliettini per le amiche. 9. La rubrica degli oroscopi: un must per decidere se era il giorno giusto per dichiararsi. 10: La sensazione di appartenenza: con Cioè ti sentivi parte di un club esclusivo. L’eredità di Cioè Nonostante la sua chiusura l’impatto di Cioè resta indelebile. Ha rappresentato un vero e proprio simbolo della cultura pop italiana, un’isola felice dove ogni ragazzo e ragazza poteva trovare un pezzetto di sé. E anche se le sue pagine non torneranno più in edicola, resterà nei cuori di chi lo ha amato e sfogliato. Quindi, mentre ci lasciamo alle spalle questo capitolo, possiamo sorridere pensando alle risate, ai sogni e agli amori che Cioè ha contribuito a costruire. 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Scrivere un romanzo: la parola FINE è solo l’inizio della fine

Libri di Elisabetta Venturi VAI AL LIBRO La FINE è solo l’inizio della fine Benvenuto nella faticosa vita di uno scrittore. Hai faticato per giorni, mesi, anni e finalmente arrivi a scrivere la parolina magica in fondo a tutte quelle pagine. FINE. Una parola che ti lascia dentro tanto ma… è davvero la fine? Assolutamente no! È solo l’inizio della fine: comincia una nuova fase in cui si migliora, si affina e si prepara il romanzo per il suo grande viaggio verso la pubblicazione.  Durante la scrittura, possiamo distinguere gli scrittori in due tipologie: quelli che seguono il flusso emozionale delle parole senza preoccuparsi della forma quelli che scelgono fin da subito ogni singola parola (e hanno già fatto un lavorone prima della loro parola “fine”) Per i primi il lavoro è ancora lungo: faranno una quasi riscrittura di tutto il testo o, se è qualcosa che fanno di volta in volta durante la stesura – e io sono tra questi –, dovranno farlo per la parte finale. Questa si chiama “revisione a caldo”, perché viene fatta quando le emozioni sono ancora calde nella penna e nel cuore dello scrittore.  Lo scrittore può anche essere uno degli architetti migliori del mondo, ma a questo punto è necessario sistemare le incoerenze: è il momento di controllare cosa non torna e tappare i buchi, verificare caratteristiche dei personaggi (colore degli occhi di Tizio, modello della macchina di Caio, se Sempronio aveva già detto una certa cosa) e di non aver dimenticato pezzi per strada (se Pippo fuma nei primi due capitoli, sarà meglio che fumi anche nel resto della storia) e altre questioni della struttura narrativa che non sto qui a elencare (questo mondo è immenso!).  In questa fase del romanzo, qualcuno ha già dei lettori fidati: gli Alfa Reader seguono la storia durante la stesura i Beta Reader la leggono nella fase finale, prima della consegna a editor e editori Vuoi non valutare le loro reazioni e i loro consigli da lettori più o meno competenti?  Poi arriva finalmente la revisione a freddo: l’ideale sarebbe lasciar riposare il manoscritto chiuso in un cassetto per qualche mese – proprio come una torta dopo la cottura – in modo da prendere la giusta distanza emotiva dalla storia e diventare editor critici del proprio lavoro.  È in questo momento che si sistemano: tic linguistici (io uso ripetere troppo i nomi dei personaggi, questo/quello, c’è chi usa avverbi in “mente” e gerundi come il sale… la lista è lunghissima!);  si riducono cliché e frasi fatte; si taglia tutto il superfluo – grande trauma per molti scrittori;  si controlla la suddivisione in capitoli  … e tanto altro.  Bene, il testo ora è bello, pulito, ordinato. È finita? No! 😱 È buona norma affidare il manoscritto a un editor professionista.  Sfatiamo un paio di miti: “Ma tanto l’editing lo fa la casa editrice” -> certo, ma prima devi essere selezionato, e un testo che si presenta bene dà anche un’idea della serietà e professionalità dello scrittore; “Ma ho studiato, so tutto della mia storia, è perfetta” -> anche gli editor hanno editor per i loro scritti: quando hai letto il tuo manoscritto fino allo sfinimento non vedi più gli errori, serve un occhio esterno; “Tanto uso l’intelligenza artificiale” -> … no comment.  E poi? Ci sono due possibilità:  Pubblicazione in SELF (senza casa editrice): serve commissionare la copertina a un professionista, impaginare, fare prove di stampa, scegliere le giuste parole chiave… Cercare una casa editrice a cui dovrai mandare sinossi, mail di presentazione personalizzata, biografia, aspettare, aspettare, aspettare, aspettare (sì, mesi, tanti!) e poi c’è la firma del contratto – da studiare bene –, l’editing con loro… Tutto ciò non toglie il grande lavoro di promozione e utilizzo dei social:  studio del budget da investire in pubblicità, oggettistica, eventi capire quante copie autore acquistare creare sponsorizzate e promozioni organizzare presentazioni e firmacopie (e pubblicizzarle) fare interviste, cercare blogger crearsi un seguito sui social, magari con lo studio di personal branding e social media marketing mentre i social continuano a cambiarti tipi di contenuti e formati sotto il sedere…  Altro? Non farmici pensare, che qualcos’altro mi viene in mente di sicuro!  Però ora la parola FINE a questo articolo la metto. 😉 Scopri Land magazine admin Gennaio 19, 2025 La macchia solare AR 3964: un gigante sul Sole che guarda verso la Terra Negli ultimi giorni, una nuova protagonista ha catturato l’attenzione degli scienziati e degli osservatori solari: la macchia AR 3964. 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