Febbraio 2025

Recensione “Dieci ultime volte”, l’ultimo libro di Mia Another

A cura di Ci sono libri che ti chiamano, per mesi e mesi, un po’ come il canto di una sirena. Con Dieci ultime volte è stato così. All’inizio non riuscivo a identificare di preciso cosa fosse. Se il tono nostalgico, se la malinconia che sembrava trasparire da ogni parola degli estratti che leggevo avida qua e là  tra Instagram e Facebook. Che io sia una grande fan degli amori interrotti e che tornano a cercarti, poi, quello era solo un incentivo. Più il 4 Febbraio si avvicinava, più la sirena ha alzato la voce e il suono del canto si è fatto insistente, insostenibile. A occhi chiusi ho acquistato il libro, senza pensarci un secondo di più. L’ho letto tutto in un giorno, tenendo gli ultimi tre capitoli per la mattina dopo, perché a un certo punto mi sono maledetta: come faccio a separarmi da loro così in fretta? Mi sono chiesta sotto le coperte, quando ho contato le pagine che mancavano alla fine. Non ho neanche preparato la cena, perché sono arrivata al capitolo 30 – e Mia ci aveva avvertite, nel suo gruppo Telegram – proprio nel momento in cui mi sarei dovuta mettere ai fornelli. Questi sono quei libri che ti lasciano in sospeso, che non terminano con l’ultima pagina, ma a cui continui a pensare anche nei giorni successivi. Quei libri che puoi rileggere ancora e ancora, perchè nella foga della lettura hai sicuramente perso qualche passaggio e sarà bellissimo ritrovarlo al prossimo incontro con i personaggi. Ede e Dion sono due calamite, che la vita continua ad allontanare ma che, a distanza di anni, tornano inevitabilmente vicine, perché quello è il loro posto. Nove sono gli abbandoni da superare, gli autunni da affrontare, e tutti seguono a delle estati piene di amore. Ma cosa succede durante la decima estate? L’ultima, la definitiva. La scrittura di Mia è fluida, scorre pagina dopo pagina catturando l’attenzione al primo capitolo e facendo sì che sia difficile lasciare il libro fino alla fine. Alcuni degli argomenti trattati sono delicati, ma il modo in cui l’autrice ne scrive fa in modo che siano nonostante tutto una carezza. I protagonisti sono magnetici. Tra loro e per il lettore. Avevo già letto altri libri di questa autrice, ma trovo che questa nuova dimensione calzi come un vestito cucito addosso, perfetto per lei, in un misto di malinconia, nostalgia, romanticismo e passione. Adorato e vi consiglio di non perdervi questa lettura. Dieci ultime volte: trama Lei cerca la sua strada, ma il passato vive ancora nel suo cuore. Lui è tornato e custodisce emozioni mai dimenticate. Un incontro che potrebbe cambiarli per sempre… o spezzare di nuovo tutto. Ogni estate, Ede torna al bed and breakfast dei suoi genitori a Castelcorvo, un borgo arroccato sulle montagne. Sono passati sei anni dall’ultima volta che ha visto Dion, il ragazzo italo-canadese con cui ha trascorso quasi ogni estate fin da bambini, e che nel frattempo è diventato uno scrittore di successo. Ede ha passato gli autunni a pensare a lui, senza mai riuscire a dimenticarlo. È stato il suo primo amore, e quel ricordo è rimasto indelebile, come una traccia che il tempo non può cancellare. Adesso Dion torna a Castelcorvo ed entrambi si ritrovano a fare i conti con il passato, i ricordi, i sogni infranti e un sentimento che non è mai svanito. Ma stavolta le cose sembrano diverse: lui sta scrivendo un romanzo sulla loro storia e le emozioni che avevano sepolto riemergono con una forza inaspettata. Tra il desiderio di riavvicinarsi e il timore di soffrire di nuovo, Ede si trova di fronte a un bivio: proteggere il suo cuore o concedere a Dion una seconda possibilità, rischiando di farsi ferire ancora? Ma quando il destino sembra separarli per l’ennesima volta, Ede capirà che non tutto può essere lasciato al caso… e che l’amore ha bisogno di qualcosa di più di un finale perfetto. Scopri Land Magazine Antonella Benedetto Febbraio 9, 2025 Recensione “Dieci ultime volte”, l’ultimo libro di Mia Another A cura di Ci sono libri che ti chiamano, per mesi e mesi, un po’ come il canto di una sirena. Con Dieci ultime volte è stato così. All’inizio non Read More admin Febbraio 9, 2025 Dostoevskij in Siberia: gli anni di lavori forzati che segnarono il suo destino letterario Fëdor Dostoevskij è considerato uno dei più grandi scrittori della letteratura russa e mondiale, ma pochi sanno che una parte cruciale della sua formazione intellettuale e umana avvenne tra il Read More admin Febbraio 9, 2025 9 febbraio 1881: La morte di Dostoevskij e l’eredità di Delitto e castigo Il 9 febbraio 1881 si spegneva a San Pietroburgo uno dei più grandi scrittori della storia, Fëdor Michajlovič Dostoevskij. 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Dostoevskij in Siberia: gli anni di lavori forzati che segnarono il suo destino letterario

Fëdor Dostoevskij è considerato uno dei più grandi scrittori della letteratura russa e mondiale, ma pochi sanno che una parte cruciale della sua formazione intellettuale e umana avvenne tra il gelo e la sofferenza della Siberia. Arrestato nel 1849 per le sue idee politiche, trascorse quattro anni di lavori forzati in un campo di prigionia a Omsk, un’esperienza che avrebbe influenzato profondamente la sua produzione letteraria. L’arresto e la condanna: la svolta nella vita di Dostoevskij Nel 1849 Dostoevskij era un giovane scrittore emergente, noto per il suo romanzo Povera gente. Tuttavia le sue idee politiche lo portarono a frequentare il Circolo Petrasevskij, un gruppo intellettuale che discuteva idee progressiste e socialiste, considerate sovversive dallo zar Nicola I. L’11 aprile dello stesso anno, Dostoevskij fu arrestato e imprigionato nella Fortezza di Pietro e Paolo a San Pietroburgo. Dopo mesi di interrogatori, nel dicembre 1849 fu condannato a morte insieme ad altri membri del circolo. Ma nel momento in cui stava per essere giustiziato arrivò un ordine dello zar che commutava la pena in quattro anni di lavori forzati in Siberia, seguiti da ulteriori anni di servizio militare obbligatorio. Questo crudele stratagemma psicologico, una finta esecuzione seguita dalla grazia, lasciò un segno indelebile nella mente dello scrittore. I campi di prigionia in Siberia: un inferno di sofferenza e repressione I campi di prigionia in Siberia, noti anche come bagni penali, costituirono per secoli un elemento fondamentale del sistema repressivo russo. A partire dal XVIII secolo, sotto Pietro il Grande, la Siberia divenne la destinazione principale per i prigionieri politici e comuni, considerata un luogo di esilio ideale per il suo clima ostile e la sua distanza dalle grandi città. Durante il XIX secolo l’Impero russo inviava migliaia di detenuti nei campi di lavoro, costringendoli a vivere in condizioni disumane, con scarsa igiene, lavori massacranti e sorveglianza brutale. I prigionieri erano ammassati in baracche di legno prive di riscaldamento e subivano punizioni fisiche per ogni minima infrazione. La Siberia era un luogo di isolamento totale, dove molti non riuscivano a sopravvivere ai rigidi inverni o alle malattie. Questi campi non erano solo una forma di punizione, ma anche un mezzo per ridurre al silenzio oppositori politici e intellettuali. Oltre a Dostoevskij anche altre figure di spicco, come il rivoluzionario Vladimir Lenin e molti dissidenti del XX secolo, subirono l’esperienza dell’esilio siberiano.  L’inferno di Omsk: la dura realtà della prigionia di Dostoevskij Dostoevskij trascorse quattro anni in un campo di prigionia a Omsk, in Siberia, in condizioni disumane. La vita nel bagno penale era scandita da un rigido regime di lavoro forzato, punizioni brutali e convivenza con criminali comuni, tra assassini e ladri. Le condizioni igieniche erano spaventose: i prigionieri dormivano su tavole di legno, ammassati l’uno sull’altro, tormentati dal freddo e dai parassiti. L’acqua era scarsa e il cibo consisteva principalmente in pane nero e brodaglia. Nonostante tutto, Dostoevskij trovò il modo di osservare e studiare la psicologia umana nei suoi compagni di prigionia, accumulando materiali ed esperienze che avrebbero poi influenzato profondamente la sua narrativa. Durante la detenzione, non gli era permesso scrivere, ma riuscì comunque a imprimere nella memoria ogni dettaglio di quell’esperienza infernale. Fu qui che maturò una visione più profonda della condizione umana e della fede, elementi centrali nei suoi futuri romanzi. La rinascita: Dostoevskij dopo la Siberia Nel 1854, Dostoevskij fu rilasciato dal campo di prigionia, ma la sua pena non era finita: fu costretto a prestare servizio militare in Kazakistan. Qui incontrò la sua prima moglie, Marija Dmitrievna, e iniziò una nuova fase della sua vita, segnata da una maggiore introspezione e da un rinnovato fervore religioso. Dopo essere tornato alla scrittura, nel 1861 pubblicò Memorie dalla casa dei morti, un romanzo ispirato direttamente alla sua esperienza in Siberia. L’opera suscitò grande interesse nella società russa, offrendo una testimonianza cruda e realistica della vita nei bagni penali. Questo libro segnò l’inizio della maturità artistica dello scrittore, che nei decenni successivi avrebbe dato vita a capolavori come Delitto e castigo, I demoni e I fratelli Karamazov. La prigionia come fonte di ispirazione Gli anni trascorsi in Siberia non spezzarono Dostoevskij, ma al contrario lo trasformarono in uno degli scrittori più profondi e influenti della storia. La sua esperienza nel campo di prigionia gli permise di sviluppare una comprensione unica della sofferenza, della redenzione e della complessità della natura umana, elementi che sarebbero diventati il fulcro della sua narrativa. La sua storia è una testimonianza di come anche le esperienze più dure possano diventare fonte di ispirazione e cambiamento, rendendo Dostoevskij non solo un gigante della letteratura, ma anche un esempio di resilienza e profondità umana. Scopri Land Magazine admin Febbraio 9, 2025 Dostoevskij in Siberia: gli anni di lavori forzati che segnarono il suo destino letterario Read More admin Febbraio 9, 2025 9 febbraio 1881: La morte di Dostoevskij e l’eredità di Delitto e castigo Il 9 febbraio 1881 si spegneva a San Pietroburgo uno dei più grandi scrittori della storia, Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Autore di capolavori intramontabili, Dostoevskij ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura Read More admin Febbraio 8, 2025 8 Febbraio 1976: Taxi Driver arriva sul grande schermo e cambia la storia del cinema (e dei tassisti) 8 febbraio 1976:  una data che ogni cinefilo dovrebbe cerchiare in rosso sul calendario. È il giorno in cui esce nelle sale Taxi Driver, il film che ha consacrato Martin Read More admin Febbraio 8, 2025 L’8 Febbraio 1587 Maria Stuarda veniva giustiziata L’8 febbraio 1587 è una di quelle date che Maria Stuarda, regina di Scozia, non avrebbe mai voluto segnare sul calendario. 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9 febbraio 1881: La morte di Dostoevskij e l’eredità di Delitto e castigo

Il 9 febbraio 1881 si spegneva a San Pietroburgo uno dei più grandi scrittori della storia, Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Autore di capolavori intramontabili, Dostoevskij ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura mondiale ed esplorato con profondità psicologica e filosofica i dilemmi dell’animo umano. La sua Opera, sempre ricca di tensione morale, riflessioni esistenziali e indagini sulla natura del bene e del male, continua ancora oggi a essere studiata, letta e amata in tutto il mondo. Nato nel 1821, lo scrittore visse un’esistenza travagliata, segnata da difficoltà economiche, problemi di salute e un’esperienza traumatica in Siberia, dove scontò quattro anni di lavori forzati. Questo periodo segnò profondamente il suo pensiero, portandolo a sviluppare tematiche centrali nelle sue opere, come la redenzione attraverso la sofferenza e il conflitto tra razionalismo e fede. La sua produzione letteraria comprende romanzi come Delitto e castigo, I fratelli Karamazov, L’idiota e I demoni, opere che analizzano con straordinaria acutezza l’animo umano, dando voce a personaggi complessi e tormentati. Acquista il libro Delitto e castigo, un viaggio nella coscienza umana Tra i romanzi più celebri di Dostoevskij, Delitto e castigo (1866) rappresenta un vertice della letteratura russa e mondiale. Il libro segue la vicenda di Rodion Raskol’nikov, uno studente povero di San Pietroburgo che, convinto di essere un “uomo straordinario”, decide di uccidere un’usuraia per dimostrare la propria superiorità morale e intellettuale. Ma il suo atto non gli porta il senso di liberazione sperato, ma lo precipita in un vortice di angoscia e tormento interiore. Dostoevskij costruisce un ritratto psicologico straordinariamente dettagliato di Raskol’nikov, mostrandone le oscillazioni tra razionalizzazione del delitto e rimorso. Il romanzo diventa così un’indagine sulla colpa, sul castigo non imposto dalla società ma dalla coscienza stessa del protagonista. Il personaggio di Sonja Marmeladova, simbolo di purezza e sacrificio, rappresenta l’opposto di Raskol’nikov e incarna la possibilità della redenzione attraverso l’amore e la fede. Lo stile narrativo di Dostoevskij è intenso e incalzante, caratterizzato da dialoghi carichi di tensione emotiva e da monologhi interiori che scavano nel profondo dell’anima del protagonista. L’ambientazione cupa e opprimente di San Pietroburgo contribuisce a creare un’atmosfera claustrofobica che amplifica l’angoscia del protagonista. Delitto e castigo è un’opera filosofica che esplora le contraddizioni dell’essere umano, il rapporto tra morale e razionalità, e la ricerca della redenzione. La grandezza del romanzo risiede nella sua capacità di mettere in discussione le certezze del lettore, costringendolo a confrontarsi con le profondità dell’animo umano. Dostoevskij ha lasciato un’eredità inestimabile che ha influenzato non solo la letteratura, ma anche la filosofia, la psicologia e il pensiero moderno. La sua opera continua a interrogare e affascinare, dimostrando che le domande fondamentali sull’uomo e sulla sua esistenza restano universali e senza tempo. Scopri Land Magazine admin Febbraio 9, 2025 9 febbraio 1881: La morte di Dostoevskij e l’eredità di Delitto e castigo Read More admin Febbraio 8, 2025 8 Febbraio 1976: Taxi Driver arriva sul grande schermo e cambia la storia del cinema (e dei tassisti) 8 febbraio 1976:  una data che ogni cinefilo dovrebbe cerchiare in rosso sul calendario. È il giorno in cui esce nelle sale Taxi Driver, il film che ha consacrato Martin Read More admin Febbraio 8, 2025 L’8 Febbraio 1587 Maria Stuarda veniva giustiziata L’8 febbraio 1587 è una di quelle date che Maria Stuarda, regina di Scozia, non avrebbe mai voluto segnare sul calendario. 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8 Febbraio 1976: Taxi Driver arriva sul grande schermo e cambia la storia del cinema (e dei tassisti)

8 febbraio 1976:  una data che ogni cinefilo dovrebbe cerchiare in rosso sul calendario. È il giorno in cui esce nelle sale Taxi Driver, il film che ha consacrato Martin Scorsese come uno dei registi più influenti di sempre e trasformato Robert De Niro in un’icona del cinema. Una pellicola cupa, violenta, ipnotica e intrisa di paranoia, che ha portato sul grande schermo uno dei personaggi più disturbati e affascinanti della storia del cinema: Travis Bickle, un tassista insonne con un conto in sospeso con la società. “You talkin’ to me?”: quando una battuta diventa leggenda Se esiste una frase che tutti, almeno una volta nella vita, hanno ripetuto davanti allo specchio, è sicuramente “You talkin’ to me?”. Questa battuta, pronunciata da De Niro nella celebre scena dell’allenamento davanti allo specchio, non era nemmeno nel copione. Fu un’improvvisazione dell’attore, ispirata a un’espressione che aveva sentito da Bruce Springsteen durante un concerto. Risultato? Un momento di cinema immortale. Una New York sporca, violenta e senza speranza Taxi Driver è un viaggio nella mente di un uomo solo, alienato, che guida di notte tra le strade degradate della New York degli anni ‘70. Una città cupa, dominata da criminalità, sporcizia e degrado, in cui Travis Bickle cerca disperatamente un senso alla propria esistenza. Scritta da Paul Schrader, la sceneggiatura si ispira a esperienze personali dello sceneggiatore, che all’epoca viveva in auto, isolato dal mondo, e sprofondato nella depressione. Il risultato? Un film che riflette perfettamente la solitudine e il disagio dell’America post-Vietnam. Un cast da Oscar (ma niente Oscar per Taxi Driver) Oltre a De Niro, il film vanta un cast stellare: Jodie Foster, che all’epoca aveva solo 14 anni, nel controverso ruolo della prostituta Iris, una performance che la rese una stella del cinema. Harvey Keitel, che interpreta il viscido protettore Sport. Cybill Shepherd, nei panni della bellissima (e irraggiungibile) Betsy, il sogno impossibile di Travis. Albert Brooks, l’impacciato collega di Betsy. Peter Boyle, il collega tassista che cerca di dare qualche consiglio a Travis (con scarso successo). Il film fu candidato a quattro Oscar (miglior film, miglior attore per De Niro, miglior attrice non protagonista per Jodie Foster e miglior colonna sonora per Bernard Herrmann), ma non vinse nulla. Tuttavia, ottenne la Palma d’Oro al Festival di Cannes, consacrando Scorsese come uno dei registi più talentuosi della sua generazione. La colonna sonora di Bernard Herrmann: l’ultimo capolavoro Taxi Driver vanta una delle colonne sonore più iconiche della storia del cinema, composta dal leggendario Bernard Herrmann, noto per il suo lavoro con Alfred Hitchcock (Psycho, Vertigo). Il compositore consegnò le musiche il giorno prima di morire, rendendo la colonna sonora un’eredità postuma straordinaria. L’eredità di Taxi Driver A quasi 50 anni dall’uscita, Taxi Driver è ancora considerato uno dei migliori film di sempre. Il ritratto di Travis Bickle continua a ispirare registi, attori e sceneggiatori. Da Joker (2019) di Todd Phillips a Drive (2011) di Nicolas Winding Refn, l’influenza del film è ovunque nel cinema moderno. E così, l’8 febbraio 1976 è diventata una data che ha segnato la storia del cinema, lasciando un’impronta indelebile nella cultura pop. Scopri Land Magazine admin Febbraio 8, 2025 8 Febbraio 1976: Taxi Driver arriva sul grande schermo e cambia la storia del cinema (e dei tassisti) Read More admin Febbraio 8, 2025 L’8 Febbraio 1587 Maria Stuarda veniva giustiziata L’8 febbraio 1587 è una di quelle date che Maria Stuarda, regina di Scozia, non avrebbe mai voluto segnare sul calendario. 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8 Febbraio 1976: Taxi Driver arriva sul grande schermo e cambia la storia del cinema (e dei tassisti) Leggi tutto »

L’8 Febbraio 1587 Maria Stuarda veniva giustiziata

L’8 febbraio 1587 è una di quelle date che Maria Stuarda, regina di Scozia, non avrebbe mai voluto segnare sul calendario. In effetti, dopo quel giorno, di calendari da sfogliare ne avrebbe visti ben pochi. Perché? Semplice: è il giorno in cui perse la testa. Letteralmente. Fu proprio in questo giorno che si chiuse uno dei capitoli più drammatici della storia britannica con l’esecuzione di Maria Stuarda, regina di Scozia, nel castello di Fotheringhay. La sua vita, segnata da intrighi, matrimoni turbolenti e un lungo esilio, culminò in un processo per tradimento che la condannò alla decapitazione per ordine della regina Elisabetta I d’Inghilterra. Un’infanzia tra troni e pericoli Maria nacque nel 1542 e divenne regina di Scozia a soli sei giorni di vita, dopo la morte del padre, Giacomo V. A causa delle instabili relazioni tra Scozia e Inghilterra fu inviata in Francia, dove crebbe alla corte di Enrico II e sposò il delfino Francesco, diventando regina consorte di Francia nel 1559. Tuttavia il regno durò poco: Francesco morì l’anno seguente, lasciando Maria vedova a soli 18 anni. Nel 1561 tornò in Scozia per regnare su un paese diviso tra cattolici e protestanti, con il riformatore John Knox tra i suoi principali oppositori. Il suo matrimonio con Henry Stuart, Lord Darnley, nel 1565, si rivelò un disastro. Darnley era ambizioso e pretenzioso, e quando Maria diede alla luce il loro figlio Giacomo VI, i rapporti tra i due divennero sempre più tesi. Nel 1567, Darnley fu assassinato in circostanze misteriose, probabilmente su ordine del conte di Bothwell, che poco dopo sposò Maria. Questo evento compromise definitivamente la sua reputazione, portando alla sua deposizione e prigionia. Il lungo esilio e il processo per tradimento Fuggita in Inghilterra nel 1568 Maria si affidò alla protezione di Elisabetta I, sua cugina e rivale. Ma Elisabetta, temendo che Maria potesse rivendicare il trono inglese grazie al suo diritto dinastico, la fece imprigionare per 19 anni. Durante questo lungo periodo, Maria divenne il fulcro di diversi complotti per rovesciare Elisabetta, il più celebre dei quali fu la Congiura di Babington (1586). Questa congiura, orchestrata dal giovane Anthony Babington, prevedeva l’assassinio di Elisabetta e la salita al trono di Maria. Ma il piano venne scoperto dal segretario di stato di Elisabetta, Francis Walsingham, che intercettò e decifrò le lettere di Maria. Questo fornì la prova definitiva per la sua condanna. Processata nell’ottobre del 1586, Maria venne dichiarata colpevole di alto tradimento e condannata a morte. Elisabetta esitò a firmare la sentenza, temendo ripercussioni politiche, ma alla fine cedette alla pressione del suo consiglio. L’Ultimo giorno di Maria L’8 febbraio 1587, Maria si presentò con grande dignità sul patibolo allestito nella grande sala del castello di Fotheringhay. Indossava un abito scuro, ma sotto la veste celava un vestito di velluto rosso, simbolo del martirio cattolico. Salì con compostezza sul palco, perdonò il boia e dichiarò la propria innocenza. L’esecuzione fu tutt’altro che rapida: il boia impiegò tre colpi di scure per recidere completamente la testa della regina. Un evento raccapricciante che scosse la corte e suscitò indignazione tra i cattolici europei. Dopo la sua morte il figlio Giacomo VI di Scozia, pur non intervenendo per salvarla, ereditò il trono d’Inghilterra alla morte di Elisabetta nel 1603, realizzando così l’unione delle corone inglese e scozzese. L’eredità di Maria Stuarda Maria Stuarda è rimasta una figura emblematica della storia britannica. Per alcuni fu una vittima innocente della politica spietata dell’epoca; per altri un’ingenua regnante che commise troppi errori. La sua corrispondenza e il suo testamento la dipingono come una donna convinta della propria missione regale e religiosa, fino all’ultimo respiro. La sua vicenda è stata raccontata in numerose opere letterarie, teatrali e cinematografiche, alimentando il fascino attorno a una delle regine più tragiche della storia. Coming soon Scopri Land Magazine admin Febbraio 8, 2025 L’8 Febbraio 1587 Maria Stuarda veniva giustiziata Read More Oriana Turus Febbraio 8, 2025 I Goonies: il film che tutti dovrebbero guardare A CURA DI ENGLISH LIFE, YES OR NOT? è la rubrica che ti porta dritto dritto nelle tradizioni e nella vita quotidiana inglese, tra pro e contro, elementi irrinunciabili e Read More Cristina Ferri Febbraio 7, 2025 Ann Radcliffe: la pioniera del romanzo gotico che ispirò Jane Austen Di Cristina Ferri Lorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipiscing elit. Ut elit tellus, luctus nec ullamcorper mattis, pulvinar dapibus leo. 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