Il Disability Pride Month, celebrato a luglio, rappresenta un momento importante per riflettere e sensibilizzare sull’importanza dell’inclusione e del riconoscimento delle persone con disabilità. Oggi intervistiamo Monica Pasero, che attraverso le sue parole ci offre l’opportunità di esplorare il significato della disabilità, le sfide quotidiane e le gioie vissute dalle famiglie coinvolte.
In un dialogo sincero e appassionato, scopriamo una visione alternativa della disabilità: non come un limite, ma come un modo di vivere che arricchisce con prospettive diverse e traguardi quotidiani significativi.
L'intervista a Monica Pasero, scrittrice, mamma caregiver
Luglio è il disability pride month. Cos’è la disabilità per te?
La disabilità è un modo di vivere alternativo da quello standard… Vedere la vita con occhi diversi, prendersi tempi diversi, godere di gioie diverse. Essere bambini sempre, crearsi un percorso fatto di tanti piccoli traguardi. Ogni giorno un disabile sfida sé stesso e il mondo, con grandi traguardi personali, rendendo la sua esistenza Grandiosa. La disabilità è un grande ostacolo, ma non per chi ne è affetto ma più che altro per chi non comprende che è una condizione umana possibile; e come tale va accolta e integrata.
Perché è necessario un mese dedicato al pride, all’orgoglio legato alla disabilità?
Non è necessario! Non credo sinceramente che creando un mese dedicato alla disabilità e utilizzando una terminologia inglese (perché appare che l’italiano non faccia più tendenza) miglioreremo la sensibilizzazione su questa realtà umana, da sempre esistita, e anche in questo caso trattata come qualcosa a cui vada dedicato un mese all’ anno. Un protagonismo forzato che sinceramente trovo ridicolo. Ho due figli felicemente disabili. Sì felicemente perché nel loro disagio non vedono la differenza tra loro e i normodotati. “La disabilità sta nell’incapacità di vedere l’abilità.” Dice Vikas Khanna …e credo che qui il mese andrebbe dedicato a quelle persone con maggiori funzionalità motorie e psichiche che non arrivano a comprendere che i disabili sono solamente altri esseri umani con abilita differenti dalle loro.
Cos’è un caregiver e cosa significa per te esserlo?
Ho cercato sul web il significato di questo termine; e per chi come me, non fosse informato riporto ciò che dice il dizionario: “la figura del caregiver familiare (letteralmente “prestatore di cura”) individua la persona responsabile di un altro soggetto dipendente, anche disabile, di cui si prende cura in un ambito domestico”. Dunque, pure io potrei definirmi “Careviger” ma preferisco vedermi come una mamma che, come tante altre, ha avuto dal cielo figli, detti qui sulla Terra, Disabili.
Difficili a volte da gestire; e molte volte mi sono chiesta perché a me? Ci sono stati attimi che avrei voluto fuggire, attimi che mi mancava il mio quotidiano, uscire con le amiche, prendersi un caffè, andare a fare una vacanza, andare la Cinema ecc. Ed ero arrabbiata. La mia vita era stata in qualche modo presa ostaggio da una situazione molto più grande di me! Ero incapace di gestire le crisi di mio figlio, le urla, le notti in bianco e altre situazioni che fanno parte del mondo dei disabili psichici. Farmaci, visite, terapie, agende colme di date, scalette da seguire, nulla era più come prima; ma poi andando avanti negli anni, avevo solo 23 abbi quando sono diventata mamma, per cui crescendo insieme a loro ho compreso che molto spesso la disabilità peggiore era in me: nel non accettare pienamente la loro condizione e insistere per volerli integrare alla società; renderli il più possibili uguale agli altri… A scuola i primi paragoni… le mamme che si lamentavano per il brutto voto preso dal loro bambino; e io che del voto non me ne poteva fregar di meno, pensavo se mai mio figlio avrebbe tolto il pannolone (lo ha tolto a 28 anni, merita dirlo). Punti di vista… Punti di Vita.
Mi va di unire le parole di Povia di una sua vecchia canzone: “Con i fil di lana non so più fare una collana…” ecco accudire figli disabili è vedere la magia delle piccole cose, ogni giorno, saperle apprezzare anche in un giorno faticoso; e con quel fil di lana realizzarne un filo di perle.
Durante questo mese di luglio, che si sta concludendo, quali sono state le iniziative che hai trovato lodevoli?
Non ho seguito, ho altre cose da fare tipo lavorare, sistemare la casa, accudire i miei figli, cantare con loro e ricordarmi, ogni giorno, di stare bene perché loro hanno bisogno di me!
Quali iniziative o sostegni andrebbero incentivate, migliorate o create?
L’ inclusione in ogni settore da quello scolastico a quello sociale. Questi ragazzi non hanno bisogno di un mese l’anno che ricordi che esistono. Hanno bisogno di amici, di luoghi di inclusione, di una società fatta anche per loro che li accolga e includi le loro abilità. Perché solo accettando completamente la diversità di qualsiasi genere essa sia, si potrà realizzare un mondo per tutti!
Un pensiero finale sul disability pride month
Che seppur l’iniziativa ha un fine lodevole, mi ripeto, non occorre un mese per ricordare al mondo che esistono di DISABILI. E fino a che si dovrà sensibilizzare l’argomento non vi sarà inclusione.
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